Firmamento
Gemetti a calde lacrime. In silenzio e in modo sommesso, per non lasciare che Nora si voltasse indietro. Non avrei sopportato un ulteriore giudizio da parte sua. Procedeva energica. L’andatura era sostenuta dal ritmo incalzante: presto o tardi si sarebbe trasformata in slancio verso l’infinito. Giusto prima di mostrarmi che di fatto Mercuria non era che un gigantesco ologramma. Fu l’origine di quel fiume in piena, mosso da mille altre cause di cui seppi ogni sfumatura.
Piansi tutto ciò che avevo in corpo. Persino l’ultima goccia sferzò il viso. Il correre fendeva la materia liquida, disintegrandola. Smisi di capire se fossero ormai vuoti i polmoni o il cuore traboccante di gonfiore. Capire non è mai stato essenziale, come pensare, d’altronde. Un dolore alla milza mi arrestò e potei scongiurare il malore.
– Aron, non manca molto! Resisti!
Ancora un angolo, svoltammo e afferrai la maniglia. Appena dentro ci tuffammo a terra, ci rannicchiamo su noi stessi per proteggerci. Fumo ovunque. Bruciammo qualsiasi possibilità alle fiammelle intorno di appiccare l’incendio. L’esplosione era già avvenuta. I due scienziati? Zero assoluto. Fu l’unica volta che Nora mi abbracciò. Entrambi ne traemmo una forza tale da non permetterci di crollare. Un rapido scambio che stabilì la simbiosi perfetta. Tra colpi di tosse e fatica, riuscimmo a trovare una scappatoia. Rompemmo la grata sul soffitto di quel laboratorio che non dimenticai per il resto della vita. E finché campo tramanderò la vicenda, lo prometto, e dovrà raggiungere i quattro angoli…dell’universo.
L’umanità era al sicuro. Ci stava osservando proprio come Nora ebbe la possibilità di fare con me quando ero ancora in fase di Apprendimento. Eravamo monitorati da una sorta di Big Brother. Immediatamente capii di trovarmi all’interno di una scatola cinese. Lo percepì attraverso l’emotività che da sempre mi apparteneva. E in risposta il sistema nervoso diede brividi su brividi, fulmini per l’epidermide. Io, Nora e l’umanità, i tre attori del macabro esperimento di una scienza comportamentista ridotta ai meri interessi personali, col puro scopo di alimentare la competitività tra i suoi vari indirizzi. Tre poli attorno ai quali ruotava il tentativo di riscattare una scienza pressoché inesatta, basata su meccanismi di stimolo-risposta, nella speranza di suscitare quante più reazioni comportamentali possibili a catena. Tre poli = tre cavie.
Scoprii solo successivamente che la memoria era intatta. E che i nostri nomi sono rispettivamente Nick e Anne. Stordito dai farmaci, i cui effetti collaterali avevano un impatto fortissimo sull’organismo, ero convinto di non ricordare nulla. I farmaci venivano somministrati nella prospettiva di registrare risultati sempre più performanti. La logica? Meglio non esprimersi poiché le ragioni mi sembravano già sufficientemente contradditorie al tempo.
Nora, ovvero Anne ed io, ci promettemmo a vicenda di uscire a patto che li avessimo trovati, chissà dopo quanto. Li ritrovammo sì, a scontare la pena nel mare di sangue rubino che i loro stessi cadaveri avevano generato sul pavimento. La grata ci aprì sui cunicoli del sottosuolo e infine emergemmo dal tombino di una avenue newyorkese. E quindi uscimmo a riveder le stelle, direbbe il Sommo poeta. Ma per noi fu la prima volta che rivedemmo la luna, gli astri, le galassie, per davvero. E contemplammo il firmamento, pieni di gratitudine.
Aurora Molisso