La prima impressione che si ha quando si mette piede in questa città è quella di essere in una città completamente sommersa dall’acqua tanto è vivo il blu delle pareti degli edifici.
La città venne fondata intorno alla metà del Quattrocento da esiliati andalusi e perseguitati religiosi che decisero di stabilirsi ai piedi del monte Rif, nella parte settentrionale del Marocco. Fino agli anni Cinquanta del secolo scorso veniva considerato come luogo sacro, tanto da essere interdetto agli stranieri. È per questo motivo una città che si è fatta apprezzare e conoscere soltanto negli ultimi anni.
Molte sono le teorie riguardo al perché del tipico colore blu delle pareti: alcuni sostengono che siano state dipinte di blu dagli ebrei in fuga dall’Inquisizione Spagnola nel XV secolo; secondo altri vennero dipinte di blu per tenere lontane le zanzare o semplicemente per tenere fresche le case durante i mesi estivi.
Ben lontana dal turismo di massa di Marrakesh o Casablanca, Chefchaouen è una cittadina piuttosto tranquilla che ha saputo mantenere la propria identità nel corso del tempo. Passeggiare per le strade della sua Medina significa entrare nelle case degli abitanti locali direttamente dalle finestre che danno sulle strade. Significa seguire la scia di spezie e odori tipici che solo questa fantastica terra sa regalare. Significa abbracciare la cultura marocchina in tutte le sue sfaccettature. Piccole stradine, vasi di coccio, muri addobbati con fiori e piante, gatti che sonnecchiano sui muretti (la città ne è piena infatti) bambini che giocano e anziane che si incontrano sull’uscio di casa. Tutto sembra essersi fermato in un’altra epoca, lontano dal caos cui l’immaginario collettivo è abituato pensando al Marocco.
Il cuore pulsante è piazza Outa-el-Hammam con la Moschea Tarik-Ben-Ziad, la quale nasconde un minareto molto simile alla Torre dell’Oro di Siviglia, chiaro riferimento ai fondatori della città.