La rassegna stampa internazionale dell’UNINT
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Cambiamenti climatici, riscaldamento globale, eventi atmosferici estremi: i numerosi incendi negli Stati Uniti sono un altro campanello di allarme?
Il Canada e gli Stati Uniti sono stati colpiti da conflagrazioni, in particolare quella scoppiata i primi di luglio nello stato dell’Oregon. A Parigi giunge l’avvisagliadegli scienziati che parlano di indebolimento dei segni vitali della Terra sotto i colpi dell’economia mondiale. In Germania le inondazioni hanno ucciso 150 persone. Il Perù è uno tra i tre paesi più vulnerabili difronte gli effetti del surriscaldamento globale. La Russia va verso la giusta direzione con alcuni progetti per il clima. Il Presidente cinese Xi Jinping ha dichiarato di voler ridurre le emissioni di gas serra entro il 2060.
EUROPA
Da Parigi giunge l’avvisaglia degli scienziati che parlano di indebolimento dei segni vitali della Terra sotto i colpi dell’economia mondiale. Quelli in questione sono i ricercatori che, insieme ad un gruppo di 140.000 scienziati, hanno lanciato l’allarme dell’emergenza climatica globale. Si pensa che i responsabili di tutto ciò siano stati anche i Governi incapaci di affrontare tale situazione, complice l’eccessivo sfruttamento delle risorse della Terra. Da analisi recenti si è constatato l’aumento senza precedenti di catastrofi quali le inondazioni, le ondate di caldo, i cicloni o gli incendi. I segni vitali della Terra sarebbero 31, di cui ben 18 hanno raggiunto dei valori record. LeJournaldeMontréal riporta l’articolo in cui si evidenza che, nonostante l’abbassamento delle emissioni di gas serra dovuto alla pandemia, le concentrazioni di CO2 sono molto elevate. Tra le cause di questo aumento c’è la deforestazione amazzonica che ha raggiunto livelli record contribuendo notevolmente al suo aumento. Tim Lenton, dell’università d’Exeter, ha incitato i cittadini del mondo a non arrendersi di fronte a questo scenario poco promettente ma, ad agire consapevolmente adottando delle misure precise volte a ripristinare la natura che ormai è quasi giunta al punto di rottura. Esistono già delle situazioni di non ritorno come lo scioglimento delle calotte glaciali della Groenlandia e dell’Antartide, ormai irreversibile, e le barriere coralline minacciate dal riscaldamento, di cui sono responsabili milioni di persone. Si chiede di: optare per le diete a base di vegetali, eliminare le energie fossili, ridurre l’inquinamento e allontanarsi dall’attuale modello di crescita mondiale.Si tratta di prendere coscienza del fatto che quello climatico non è un problema indipendente ma uno dei tanti che attanagliano la Terra. Il vero modo per riuscire a salvare il salvabile è rieducare gli esseri umani, principali colpevoli di tutto.
M.P.
AMERICA
Il mese di luglio è stato lungo e difficile, segnato da eventi catastrofici che hanno colpito duramente il nostro pianeta a causa dell’impatto del cambiamento climatico. Si possono citare alcuni esempi come le inondazioni in Germania che hanno ucciso 150 persone, violente piogge nella provincia cinese dell’Henan, incendi boschivi in Siberia a causa del clima caldo e secco. Anche il Canada e gli Stati Uniti sono stati colpiti da conflagrazioni, in particolare quella scoppiata i primi di luglio nello stato dell’Oregon. Il “Bootleg Fire”, infatti, è stato il più grande tra i più di 80 incendi attivi negli Stati Uniti dall’inizio di luglio secondo il National Interagency Fire Center, avendo distrutto più di 400.000 acri di terreno. L’incendio ha rallentato la sua espansione alla fine di questa settimana, in parte anche a causa dell’umidità e dei venti meno forti, e secondo la CNN venerdì 23 luglio le fiamme risultavano contenute al 40%. I vari incendi che si sono verificati in queste settimane negli Stati Uniti hanno devastato 1,36 milioni di acri di terreno e quasi 22.000 vigili del fuoco hanno provato in tutti i modi a domare le fiamme. Altre centinaia di incendi sono divampate nella provincia canadese della Columbia Britannica, in cui questo settimana è stato dichiarato lo stato di emergenza. La crisi climatica ha reso gli incendi più letali e più distruttivi e il governatore dell’Oregon, Kate Brown, ha portato esempi recenti di eventi estremi come incendi, tempeste di ghiaccio, caldo da record e siccità come la prova dell’impatto del cambiamento climatico nello stato e non solo. La situazione non potrà far altro che peggiorare se l’uomo non rispetta la natura e il pianeta. Un articolo del The Guardian spiega come ogni anno vengono prodotte tonnellate di anidride carbonica da industrie e veicoli e rilasciate nell’atmosfera. Queste intrappolano le radiazioni solari che contribuiscono all’innalzamento delle temperature. Risulta impossibile espellere in poco tempo queste sostanze dannose per l’ambiente e per questo occorre agire in tempi rapidi per contenere i danni. Infatti, la data fissata dai leader mondiali è il 2050, anno in cui verranno azzerate le emissioni di gas serra. Ma i successivi trent’anni faranno da sfondo ad innumerevoli fenomeni come incendi, l’avanzare dei deserti, riduzione delle calotte polari, innalzamento del livello del mare, inondazioni. Questo ci aspetta e dovremo abituarci. Gli scienziati affermano che per bloccare il susseguirsi degli eventi catastrofici citati è necessario limitare l’aumento delle temperature a 1,5°C rispetto ai tempi preindustriali. Tuttavia, questo obiettivo è impossibile da raggiungere e infatti si stima che le temperature aumenteranno di 2°C. Le conseguenze di ciò sono varie e pericolose: siccità estrema, scioglimento dei ghiacciai che comporta cambiamenti delle correnti marine e rilascio di altri gas serra, eradicazione delle foreste pluviali. Questa prospettiva inquietante deriva dal fatto che i politici e i leader dell’economia non sono riusciti, per diversi decenni, a valutare i rischi che comporta un’interferenza così massiccia con l’atmosfera e a mettere in atto misure per limitarne i danni. Di conseguenza, il mondo sta affrontando una catastrofe climatica avendo ben poco tempo a disposizione per contrastarla. A novembre si terrà a Glasgow la 26° Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, nota anche come COP26, occasione in cui verrà data ai leader mondiali un’ultima possibilità di negoziare per limitare gli effetti del cambiamento climatico. La riunione del G20 di venerdì 23 luglio a Napoli è stata una tappa fondamentale per la realizzazione della COP26, ma le difficoltà nel trovare dei punti in comune sul tema in questione evidenziano quanto sarà complesso arrivare ad un accordo a Glasgow. La prossima occasione per provare ad invertire la rotta sarà ad ottobre, quando i leader delle nazioni del G20 si incontreranno a Roma e, si spera, assicureranno che la COP26 porti a un accordo. In caso contrario, le prospettive di successo del vertice saranno preoccupanti.
A.D.S. E.R.
AMERICA DEL SUD
Secondo il Tyndall Center d’Inghilterra, il Perù è uno tra i tre paesi più vulnerabili difronte gli effetti del surriscaldamento globale. Come riporta l’Università di ingegneria e tecnologia di Lima (UTEC), secondo gli specialisti stiamo vivendo una nuova tappa, una nuova era geologica dovuta al forte impatto che sta avendo l’essere umano sull’ambiente a causa di attività come la miniera, l’industria e l’uso eccessivo di materiali. Impatto pari alla caduta di un meteorite, affermazione forte che forse susciterà una reazione negli animi delle persone affinché si possa iniziare una virata verso ola salvezza del pianeta. L’aumento delle temperature intensifica gli incendi forestali e l’espansione delle spiagge che provocano danni alle coltivazioni con la perdita della “canasta familiar básica” ovvero i beni di prima necessità (in questo caso coltivazioni di mais, patata e riso). Indicativo l’aumento dei periodi di siccità, tanto che, in Perù ed in altri paesi del latino America, è stata coniata l’espressione “Fenomeno del Niño”. Questo indica un fenomeno che avviene in media ogni cinque anni in cui la temperatura superficiale dell’acqua si innalza e provoca forti piogge che intervallano i lunghi periodi di secca. Ogni anno circa 100 mila persone muoiono a causa delle ondate di calore relazionate ai cambiamenti climatici. La maggior parte di questi decessi avvengono proprio in Perù come riporta elcomercio.pe. Di fatto di anno in anno aumentano gli studi riguardo gli effetti dei cambiamenti climatici, ma sono pochi quelli che riguardano la salute delle persone.
Il Perù è inoltre uno dei paesi più colpiti dalla perdita dei ghiacciai. Il 70% dei ghiacciai tropicali del mondo si trova proprio nel territorio nazionale peruviano ma una gran parte di questi si è sciolto a causa dell’aumento delle temperature. Un esempio concreto è la catena montuosa della Cordillera Blanca. Una conseguenza molto preoccupante dovuta ai cambiamenti climatici è quella della carenza d’acqua. Realtà non solo cittadina ma anche delle zone rurali. C’è un alto tasso di possibilità che i fiumi si andranno a prosciugare tra una decina di anni se si proseguirà con le abitudini attuali. Si stima per il futuro un 40% in meno di acqua rispetto al presente.
Secondo la UTEC c’è bisogno di professionisti specializzati in grado di proporre soluzioni efficienti in tutti i settori economici e produttivi del Paese. Per questo nella loro università si preparano gli studenti a realizzare studi, disegni e modelli in grado di prevedere il comportamento dell’ambiente.
Y.C.V.G
I cambiamenti climatici sono senza dubbio una delle maggiori sfide della società odierna. Gli impatti dei cambiamenti climatici sono significativi e influiscono sulla vita quotidiana di ognuno di noi: dalla nostra salute alla produzione alimentare. In Brasile, gli impatti dei cambiamenti climatici non hanno tardato a verificarsi. Per fare un esempio concreto, l’attività umana e i cambiamenti climatici hanno portato al degrado della foresta Amazzonica, la foresta pluviale più grande del mondo. Un recente studio condotto da un team internazionale di ricercatori ha constatato che nell’ultimo decennio il bacino amazzonico del Brasile ha emesso 16,6 miliardi di tonnellate di CO2, assorbendone solo 13,9. Inoltre, il prosciugamento delle zone umide e la compattazione del suolo a causa della deforestazione, aumentano le emissioni dell’ossido di azoto. Oltre a ciò, la siccità record che ha caratterizzato il Brasile nell’ultimo periodo rappresenta un vero e proprio allarme ambientale. Se negli anni precedenti il Brasile è stato pervaso da un’ondata di calore da record, l’estate 2021 porta con sé un’ondata di freddo estremo. L’ondata di freddo estremo che ha colpito il sud e il sud-est del Brasile è infatti strettamente connessa con la problematica dei cambiamenti climatici in corso. Negli ultimi decenni, la combustione di combustibili fossili (come petrolio e carbone) e la deforestazione hanno aumentato la quantità di gas che generano l’effetto serra nell’atmosfera. Questi gas rendono difficile la dispersione del calore dei raggi solari che raggiungono il pianeta, che tende ad aumentare la temperatura del globo nel suo insieme. A loro volta, le temperature più elevate accelerano l’evaporazione dell’acqua, che facilita il verificarsi di tempeste. Secondo il geografo e climatologo della BBC News Brasil Francisco Eliseu Aquino, dall’inizio dell’era industriale la temperatura della Terra è già aumentata di circa 1,2°C e continuerà ad aumentare se i governi di tutto il mondo non prendono provvedimenti per ridurre le emissioni. Eventi metereologici così estremi evidenziano che non si può più sottovalutare il problema bensì che occorre agire quanto prima per salvaguardare il pianeta ed evitare danni gravi.
S.F.
RUSSIA
Nonostante lo sviluppo economico mondiale sia a un bivio, la Russia va verso la giusta direzione con alcuni progetti per il clima, scrive Pravda. Secondo l’esperto americano sul clima Colm Sweeney (NOAA), l’attività umana è il principale motore del cambiamento climatico e le emissioni derivanti dalla combustione di combustibili fossili dovrebbero essere ridotte quasi a zero per evitare il peggio. Tuttavia, l’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE) prevede che le emissioni globali di gas serra aumenteranno del 5 % quest’anno rispetto al 2020 (fino a 33 miliardi di tonnellate), vale a dire il più grande aumento in blocco nell’ultimo decennio. La combustione di gas, petrolio e carbone per la produzione di energia resta una delle cause maggiori di emissioni di gas serra da attività umane, ma il passaggio alle energie rinnovabili richiede enormi investimenti finanziari, oltre ad essere complicato dalle attuali tensioni sanitarie e geopolitiche. Ci si chiede, quindi, come sostenere la crescita economica mondiale riducendo le emissioni dei combustibili fossili. Mentre i sostenitori della lotta al cambiamento climatico vorrebbero il blocco immediato degli investimenti nei combustibili fossili, si ritiene che sarebbe più prudente un approccio più bilanciato, tenendo conto delle economie e delle capacità energetiche dei diversi paesi.
“Condividiamo pienamente l’ambizione di raggiungere la neutralità del carbonio entro il 2050 in termini di controllo delle emissioni”, ha detto Vagit Alekperov, il presidente dell’azienda petrolifera russa Lukoil, “ma al momento non ci sono abbastanza strumenti efficaci per realizzare questo obiettivo, quindi continueremo ad impegnarci sulla questione e parteciperemo alla creazione dei requisiti necessari”. Come ha affermato il viceministro dell’Energia Pavel Sorokin, la Russia sta sviluppando un programma di transizione energetica verso fonti di energia pulita, pur tenendo presente il quadro economico, in modo da non danneggiare l’economia. In previsione di un passaggio dai combustibili fossili ai sistemi ibridi, si deve riconoscere che gran parte della crescente domanda di energia viene soddisfatta dagli idrocarburi. Dmitry Marinchenko, direttore del gruppo per le risorse e materie prime della Fitch, crede che il ruolo del petrolio nel mix energetico globale diminuirà, ma il gas, in cui le aziende leader stanno investendo, col tempo sarà più competitivo di fronte alle energie rinnovabili. I progetti nel settore delle energie rinnovabili sono ancora poco redditizi, perciò le aziende stanno cercando di migliorare i margini di profitto grazie ad economie di scala, riducendo i costi e aumentando l’efficienza attraverso lo sviluppo di nuove tecnologie e attirando finanziamenti per i progetti. A lungo termine, gli investimenti nelle energie rinnovabili dovrebbero renderle più sostenibili, secondo l’esperto. “La transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio è una realtà inevitabile”, dice Marinchenko. “Gli investitori internazionali si stanno ritirando dalle attività ad alta emissione di carbonio”, dice Alexei Shadrin, direttore esecutivo della Russian Carbon Foundation, “e le aziende russe ne stanno già risentendo”. Anche i piani dell’UE riguardo la tassa sul carbonio non sono di buon auspicio per gli importatori. Secondo Shadrin, le aziende leader hanno valutato da tempo la loro impronta di carbonio e sono pronte a fare il passo successivo, vale a dire mettersi in pari con l’accordo di Parigi e il Green Deal europeo, in modo da ridurre i rischi per le loro forniture. Gli esperti considerano che il futuro sia nelle soluzioni smart per il monitoraggio dei processi legati alle emissioni di CO2.
Anatoly Chubais, il portavoce speciale del presidente russo per le relazioni con le organizzazioni internazionali per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile, ha affermato che la Russia potrebbe perdere il 10% del suo PIL a causa del rifiuto dell’economia mondiale di utilizzare idrocarburi. “Le conseguenze della transizione energetica per le esportazioni russe saranno colossali”, ha detto Chubais in un articolo su Lenta. Già a giugno Chubais aveva annunciato che la Russia sarebbe riuscita a mantenere il suo status di grande potenza energetica se avesse sostituito l’esportazione di idrocarburi con l’idrogeno, e che lo sviluppo di questo mercato potrebbe aprire molte opportunità per il paese e che, quindi, è necessario agire il prima possibile.
Allo stesso tempo, Chubais ha sottolineato che le perdite del PIL non sarebbero legate all’introduzione della tassa sul carbonio voluta dall’Unione Europea, ma si tratta del risultato della trasformazione delle principali economie mondiali.
O. P. E. R.
CINA
Nonostante anche il 2021 sia stato l’anno in cui il covid ha occupato un posto importante nel mondo, diventandone l’argomento principale, non è stata attribuita un’importanza minore ai cambiamenti climatici. La Cina, il Paese con il tasso di inquinamento più alto al mondo, è parsa piuttosto positiva, specialmente nel campo dell’azione climatica. Il Presidente cinese, Xi Jinping all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a settembre del 2020 ha giurato solennemente che la Cina raggiungerà il picco di emissioni di anidride carbonica entro il 2030 e da lì in avanti ridurrà le emissioni di gas serra per raggiungere la neutralità di carbonio entro il 2060 facendo rimanere tutto il mondo sbalordito. Secondo orfonline.org, tra i testimoni dell’evento erano presenti l’ex Segreterio Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon e l’ex Primo Ministro australiano Kevin Rudd. La crisi climatica costituisce una tra le sfide primarie per il Partito Comunista cinese. Sempre secondo orfonline.org, la Cina ha sottolineato che la leadership sul clima è la priorità chiave a prescindere dagli altri Paesi, compresi gli Stati Uniti. I cambiamenti climatici sono stati accettati come una realtà e tutti i Paesi del mondo si sono riuniti per discutere e risolvere tale questione. Come hanno sottolineato molti di questi, l’impegno della Cina è indispensabile per fronteggiare i disastri ambientali come le alluvioni, i tifoni, gli incendi boschivi, il caldo estremo, e la conseguente siccità. In un articolo di asiatimes.com, il Presidente Xi Jinping ha riconfermato l’impegno della nazione più popolosa del mondo ad affrontare i cambiamenti climatici e a ridurre le emissioni da qui al 2060, alimentando l’approvazione dei Leader mondiali. All’incontro virtuale della 75° Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il Presidente cinese ha promesso di intensificare le azioni per garantire che le emissioni di anidride carbonica raggiungano il picco nei prossimi dieci anni. Uno studio preliminare del Climate Action Tracker dell’istituto ha rivelato che lo sforzo della Cina a diventare carbon neutral entro il 2060 potrebbe aiutare ad arrestare l’aumento delle emissioni globali di un terzo entro tale data e contribuire a limitare l’aumento della temperatura globale entro i 2° celsius entro il 2100. Secondo quanto riportato da asiatimes.com, la Cina ha scaricato più CO2 di qualsiasi altro Paese nel 2019, rappresentando il 28% del totale mondiale. È il maggiore importatore di combustibili fossili e brucia la metà del carbone utilizzato per la produzione di energia in tutto il mondo.
C.C L.L.
Rassegna stampa a cura di:
Valentina Guerra (lingua spagnola)
Ylenia Cossu (lingua spagnola)
Mariella Perrone (lingua francese)
Antonella De Stasio (lingua inglese)
Marika Provenzano (lingua tedesca)
Elena Romani (lingua inglese; lingua russa)
Oxana Parshina (lingua russa)
Simona Ferri (lingua portoghese)
Ludovica Lara (lingua araba, lingua cinese)
Chiara Cavallini (lingua cinese)