Cuccuma

cùccuma s. f. [lat. cŭcŭma o cŭccŭma]. – 1. Recipiente di rame o di altro metallo per la preparazione del caffè in famiglia; detto anche bricco.
Questa parola mi rimanda alla mia infanzia, ai pomeriggi che passavo con mia nonna subito dopo scuola, quando con la sua voce clemente, ma severa, mi chiedeva di preparare la “coccuma” per fare il caffè, così lei la chiamava: “coccuma”. Questa parola è così importante per me perché mi ricorda momenti che furono, odori e sapori che ormai hanno assunto tutt’altro significato con il passare del tempo.
Ormai questa parola è praticamente in disuso, forse sconosciuta a molti ed è proprio per questo che la ritengo cara e preziosa, oltre ad avere per me valore affettivo. Credo sia importante preservare e custodire le parole perché sono fondamentali per la storia e la cultura della lingua e per far sì che non si dimentichino le loro origini, includendo il bagaglio emotivo che portano con sé.

Giorgia Santi

Moneta

Ciò a cui si pensa subito è, ovviamente, quel dischetto metallico che da un po’ di secoli a questa parte ha sostituito il baratto, ma ciò che a me spesso viene in mente, tirando fuori un po’ di spiccioli, sono i salvadanai di mio nonno. Non semplici contenitori di soldi, ma una sorta di scrigno dei ricordi, da cui recuperare le storie più varie. Infatti, ogni monetina accompagnava un proverbio, un evento o un aneddoto sulla vita di mio nonno. Ed io restavo ad ascoltarli affascinata. Si era trasformato in un vero e proprio rituale, spezzato – solo momentaneamente – dalle vacanze di Natale, in cui al vecchio salvadanaio, ormai pieno, se ne sostituiva un altro, da riempire. Custodisco ancora l’ultimo, mai aperto. Sopra, il mio nomignolo scritto a mano da lui.

Martina Giulia Puccica