#CarbonaraDay: mai hashtag mi risuonò più dolce – o forse sarebbe meglio dire saporito – alle orecchie. Il 6 aprile, già da qualche anno, è la giornata dedicata al piatto di pasta più amato dai giovani italiani – almeno secondo le statistiche. Quest’iniziativa è organizzata dai pastai di AIDEPI (Associazione delle Industrie del Dolce e della Pasta Italiane) e IPO (International Pasta Organisation), dopo la proposta di Stefano Bonilli. Nel 2008 infatti, il famoso food blogger italiano, fondatore della rinomata rivista culinaria Gambero Rosso, aveva deciso di dedicare, nell’ambito della giornata internazionale della pasta, maggiore attenzione alla carbonara, regina indiscussa.
Ma come nasce la carbonara? Boh, e chi lo sa. Nemmeno noi italiani ce lo ricordiamo bene. Esistono infatti più storie che circolano, che si passano di padre in figlio, sulla nascita di questo piatto.
Alcuni sostengono che la carbonara, in realtà, provenga proprio da un “incontro” tra l’Italia e la patria di coloro che, nel profanare la cucina italiana, sono i numeri uno: gli USA. Proprio così. Ora vi spiego: nel 1930 viene pubblicato un libro di ricette che raccoglie tutti i piatti tipici romani. E della carbonara neanche l’ombra. Quindi viene ovvio pensare che la ricetta risalga ad anni successivi, e allora ecco l’intuizione: durante la seconda guerra mondiale, quando le truppe americane erano a Roma, mischiavano, senza arte né parte, i primi ingredienti che riuscivano a racimolare, ossia uovo, pasta e bacon. Eh sì, bacon. Forse per questo, come fanno notare in molti, l’uso della pancetta al posto del guanciale non scatena la stessa furia omicida che scatenerebbe il farlo con l’amatriciana: nella “ricetta” (se così la vogliamo definire) originale il guanciale non c’era. Ad ogni modo io, quando vedo che qualcuno usa la pancetta, lo giudico comunque. Ma il pecorino? Eh già, il pecorino. Come dicevo, la ricetta dei soldati americani non è mica quella che mangiamo oggi: ovviamente dei cuochi romani, vedendo che lo strambo abbinamento uova-pasta-carne funzionava, hanno deciso di perfezionarla, rendendola arte. Nasce quindi la carbonara, quel mix di sapori che quando assaggi senti il fegato chiedere pietà, ma il palato supplicarne ancora.
Secondo un’altra ipotesi, invece, la carbonara deriva dai carbonai, ossia da quelli che trasformavano la legna in carbone, e operavano sugli Appennini laziali e abruzzesi, chiamati “carbonari” in dialetto romanesco. A quanto pare i carbonari erano grandi fan del piatto abruzzese cacio e ova, a cui avrebbero poi aggiunto il guanciale, rendendo il piatto più sostanzioso e, tocca ammetterlo, appetitoso. Da qui, inoltre, deriverebbe la tradizione dell’usare il grasso del guanciale e non l’olio, in quanto i carbonari erano poveri e non se lo potevano permettere.
Ma non finisce qui: addirittura c’è chi sostiene che la carbonara derivi dalla cucina napoletana, dove d’altronde uova sbattute e formaggio grattugiato sono all’ordine del giorno, oppure ancora chi sostiene che la carbonara debba il suo nome a un tipico salume che, originariamente, veniva impiegato al posto del guanciale. Questo salume veniva affumicato sotto i carboni, e da qui avrebbe poi preso nome il piatto.
Insomma, non si sa di preciso la vera storia della carbonara, ma penso che tutti dovremmo ringraziare chiunque abbia avuto l’idea di unire questi ingredienti e trasformarli in quest’opera.
Che tripudio di maestria la cucina italiana: l’UNESCO ha proclamato la pizza patrimonio dell’umanità, e l’IPO, insieme al mondo intero, celebra la carbonara. Niente da farci, noi italiani ne sappiamo sempre una in più del diavolo quando si tratta di cibo. Perché? Perché per noi mangiare è un’arte, non si tratta solo di riempirsi lo stomaco con la prima cosa che ci capita davanti -studenti fuori sede non preoccupatevi, non vi giudico- o mangiare il più alto numero possibile di calorie -the bigger the better, eh America?-. Si tratta di tradizioni, amore, famiglia. È l’ingrediente segreto che la nonna ti sussurra nell’orecchio quando la aiuti a preparare il pranzo della domenica (“mi raccomando, aggiungi un po’ di zucchero nel pomodoro che ne risalta il sapore” mi disse una volta mia nonna), si tratta del pranzo di Pasqua passato con tutta la famiglia, si tratta dell’amore con cui zie e mamme coltivano l’orticello dietro casa, anche se poi sei costretto a mangiare zucchine per settimane e settimane. La cucina è arte, passione. Ovvio che ci arrabbiamo quando scopriamo che all’estero mettono la panna nella carbonara, oppure che usano la cipolla. O peggio ancora, quando sostituiscono il pecorino con il cheddar. Ma d’altronde, come abbiamo detto, la nostra cucina è un’arte: chi vuole imitarla, si accomodi. Ma non riusciranno mai, nemmeno lontanamente, a raggiungere la perfezione dei nostri gusti, dei nostri sapori.
Ora, per allietarvi in questo periodo di quarantena, vi condivido qui di seguito la ricetta della migliore carbonara di Roma. Vi ricordate Stefano Bonilli, colui a cui dobbiamo la nascita del #CarbonaraDay? Ebbene, quando nel 2008 decise di promuovere quest’iniziativa, indisse un concorso per proclamare la regina delle carbonare. La vincitrice è stata la carbonara di Roscioli, un’antica salumeria in Via dei Giubbonari, che con il suo cuoco di origine tunisine si aggiudicò il podio. Esatto, il cuoco è di origini tunisine: che meraviglia vedere come, attraverso la cucina, si crea unione tra le culture. E che serva anche da esempio a coloro che, all’estero, cucinano la prima cosa che si trovano davanti, dandole poi un nome italiano senza, di fatto, avere la minima idea di cosa sia la cucina italiana.
Ecco a voi la ricetta della miglior carbonara de Roma, buon appetito!
Ingredienti per 4 persone (mamme, papà e coinquilini vari vorranno sicuramente assaggiare)
400 gr spaghettoni
200 gr di guanciale
250 gr di pecorino romano bio stagionato almeno 16 mesi
40 gr pecorino di fossa di Sogliano al Rubicone (opzionale – soprattutto di ‘sti tempi, direi che la ricerca del pecorino magico può saltare, ma ve lo lascio caso mai, finita l’emergenza, vi vorrete dilettare a perfezionare l’arte della carbonara)
5 tuorli di uovo
1 albume intero
Pepe q.b
Preparazione
- In una boule di vetro sbattere cinque uova con un albume aggiungendo 150 grammi di pecorino e 40 grammi di pecorino di fossa.
- Fare due giri di pepe macinato fresco, lasciare riposare il composto per 5 minuti in frigo.
- In una padella di ferro (o eventualmente antiaderente) rosolare il guanciale, privato della cotenna e tagliato a dadini da circa un centimetro ciascuno, a fuoco vivace.
- Quando avrà formato una leggera crosticina e assunto un colore brunito spegnete il fuoco ed eliminate la metà del grasso rilasciato dal guanciale.
- Cuocere gli spaghettoni in acqua non molto salata con cottura al dente.
- Versarli nella boule con il composto preparato precedentemente di uova pepe e pecorino aggiungendo gradatamente il guanciale e il suo grasso di risulta.
- Mantecare velocemente lontano dal fuoco aggiungendo se necessario acqua di cottura, adagiare sul piatto di portata e cospargere il tutto con il resto del pecorino e del pepe.
Ps: e non dimenticatevi di seguire l’hashtag #CarbonaraDay sui social, per vedere che simpatiche iniziative sono state avviate per celebrare la regina della pasta!
Emanuela Batir