Città postcoloniale; cos’è, come si riconosce e perché esiste ancora
Città…città multiculturale, città postcoloniale, città etnica. Ma cosa significa davvero?
Le città “postcoloniali” sono da sempre teatro di scambi transculturali tra popolazioni e culture differenti. Parlare di città “postcoloniale” genera però una problematica terminologica; tale definizione può risultare fuorviante poiché lo smantellamento delle costruzioni coloniali nello spazio urbano è un processo mai definitivamente concluso. Il prefisso “post”, dunque, in questo contesto non può essere considerato in termini strettamente temporali; si rischierebbe infatti di occultare l’importanza che le dinamiche coloniali posseggono ancora nel presente. Una città postcoloniale non è una città ormai lontana e successiva alle dinamiche coloniali, ma – pur appartenendo a un’epoca diversa – è ancora molto influenzata da esse.
Il processo globale dell’imperialismo plasmò il profilo culturale e geografico delle città europee non soltanto in maniera esplicita – con la commemorazione degli imperi e l’esaltazione della cornice ideologica della guerra – ma anche in una maniera velata che ancora oggi si insinua nelle dinamiche sociali.
Frantz Fanon parlò infatti di compartmentalization riferendosi alla divisione della città coloniale in due sezioni distinte sia su un piano fisico sia simbolico; da un lato il luogo dei colonizzatori, «dove i bidoni della spazzatura traboccano di spazzatura strana e meravigliosa, di avanzi inimmaginabili», e dall’altro il luogo dei colonizzati, «dove gli abitanti affamati sono stati accatastati insieme».
Per Fanon le società successive all’epoca dell’imperialismo e del colonialismo non furono però mai in grado di separarsi dalla loro lunga tradizione di segregazione.
Città come Roma, Londra, Istanbul o Baghdad hanno alle spalle una centenaria storia come centri imperiali; rimangono – nonostante i tentativi di rimozione storica – siti chiave in cui gli effetti deleteri degli spossessamenti coloniali sono continuamente sottintesi. Questa sorta di “zonizzazione” attuata nelle città coloniali si riversa spesso nelle città postcoloniali; la suddivisione spaziale in zone territoriali diverse, sebbene più allusiva, risulta ancora evidente e adattata alle dinamiche sociali contemporanee nel tentativo di proteggere i privilegi esclusivi di determinati gruppi e classi.
I labirinti spaziali e identitari delle città sottintendono una rete di simboli sedimentati nel corso delle varie stratificazioni cittadine e riguardanti i modelli comportamentali, i costumi e gli spazi abitativi della città; le architetture e gli edifici coloniali oggi riadattati e utilizzati con altre funzioni sottintendono ancora dei rapporti di forza e mantengono una funzione pedagogica in grado di influenzare le norme vigenti nello spazio urbano.
La segregazione e zonizzazione tanto diffusa in epoca coloniale, si ripropone dunque oggi in qualsiasi grande metropoli. proprio con lo scontro tra centro e periferia, tra centro e margine, tra dentro e fuori, e tra storia dei vinti e dei vincitori.
Evelyn De Luca
FONTI:
Cristina Lombardi-Diop, Caterina Romeo, L’Italia postcoloniale, Le Monnier-Mondadori, Firenze, 2014.