Roma, città postcoloniale costruita su mappe di diseguaglianza

Nella scorsa puntata abbiamo parlato delle città postcoloniali, ma Roma cos’è e come si identifica?

Le realtà metropolitane sono il fulcro di una contro-narrazione, del desiderio di rivendicare i propri spazi e la propria identità alla luce di tutte le profonde fratture che ogni città possiede. Nello specifico Roma è già a primo impatto una città plasmata dal movimento umano, da continui rimandi tra storie diverse e da una infinità di valenze nei suoi luoghi, nelle sue piazze, nei suoi palazzi storici.

La scena sociale della Capitale è attraversata da una continua esclusione dell’altro, dalla sua marginalizzazione dovuta al timore comunemente diffuso di una presunta appropriazione dello spazio urbano; quante volte si sente parlare di migranti o figli di migranti come corpi che sembrano non avere il necessario “diritto” di esserci, di occupare uno spazio, di ricoprire una carica lavorativa?

Il processo di integrazione, infatti, non implica unicamente una appropriazione fisica degli spazi ma consente anche un ribaltamento dei rapporti di forza dei gruppi che vi abitano. Già solo camminando per la città di Roma, sono evidenti le resistenze localistiche che vorrebbero limitare il multiculturalismo.

Nella postfazione di Le mappe della disuguaglianza. Una geografia sociale metropolitana, Walter Tocci – vicesindaco e assessore alla mobilità nella Giunta Rutelli fino al 2001 – descrive le forme di diseguaglianza ed esclusione sociale che assumono una intensità notevole nella Capitale. Tocci definisce Roma una città coloniale che ha vissuto una espansione economica e territoriale tanto notevole quanto mal distribuita sul territorio; più di ogni altra città italiana Roma possiede una grande classe di esclusi che sono lontani dalle concentrazioni di ricchezza della capitale, generando una città dotata non di una periferia unica ma di numerose periferie con proprie questioni specifiche e con una propria memoria.

La mappa di Roma appare, dunque, una mappa frammentata in cui la diseguaglianza si manifesta sotto forma di differenze sul livello di istruzione, mancanza di servizi, collegamenti sia fisici sia simbolici ed opportunità. Come afferma Tocci, Roma è ormai dilagata ben oltre i suoi pur ampi confini. La chiamiamo ancora Roma, utilizzando il nome storico per una conurbazione che ha profondamente modificato una geografia secolare, ma in realtà Roma è molto altro.

L’idea diffusa di Roma risulta quindi la somma di un processo di immaginazione e di luoghi comuni senza riscontro con il reale; più delle altre città metropolitane italiane, Roma è uno spazio di disorganicità e marginalizzazione che nel corso della sua storia non è stato in grado di trasformare la sua configurazione in potenziali opportunità.

La rappresentazione cartografica delle disuguaglianze è poi particolarmente adatta a Roma sia per il forte legame che la città possiede con la storia coloniale e con i suoi monumenti commemorativi sia perché qui – più che in molte altre città italiane – la dicotomia tra “centro” e “periferia” consente di considerare la periferia come un luogo lontano la cui condizione è un interesse secondario per il centro; tra le due realtà infatti è rilevante non tanto la distanza fisica quanto la distanza sociale che essa implica.

Ed è proprio in questo panorama in cui dominano i processi di ostracismo sociale e di polarizzazione, che le figure marginalizzate sono le più adatte a comprendere a pieno le dinamiche dello spazio urbano e le sue contraddizioni.

Evelyn De Luca

Fonti:
Keti Lelo, Salvatore Monni, Federico Tomassi, Le mappe della disuguaglianza. Una geografia sociale metropolitana, Donzelli Editore, Roma, 2019