Oggi parla Mattia!
Cari amici, compagni e colleghi, oggi mettiamo da parte (metaforicamente) la chiusura delle frontiere che ci obbligano a rimanere nel nostro amato paese e voliamo in Cina con una meravigliosa intervista del nostro mitico Mattia! A voi il lavoro svolto 🙂
Covid-19 Reportage intervista: Ecco la situazione attuale in tre città cinesi (Xiamen, Pechino, Chongqing)
Grazie alle varie preziose conoscenze intraprese durante il mio anno di scambio presso la Peking University, ho avuto modo di intervistare tramite videochiamata WeChat tre cari amici – rispettivamente uno studente cinese della Hebei Normal University originario di Xiamen, uno studente nordcoreano della Peking University e un altro ancora, italiano della Chongqing University – che mi hanno fornito informazioni interessanti sulle misure adottate dai governi locali cinesi (delle loro rispettive zone di residenza) per la gestione di una realtà che oggi, in buona parte della Cina, sembra volgere ad una attesissima fine.
Queste le domande poste agli studenti intervistati:
Com’è la situazione attuale in città?
Ci sono restrizioni particolari da parte degli enti locali?
Quando verranno riaperte le scuole nella tua città?
Quali misure o piani di assistenza ha adottato la tua università per agevolare gli studenti?
Ecco Yun Fei, studente cinese di 23 anni della Hebei Normal University of Science & Technology, viene da Xiamen (nella provincia di Fujian, situata 780 km a sud-est di Wuhan) e studia lingue moderne.
Yun Fei parla di “una vita che si avvicina sempre più alla normalità nella mia città natale. La gente ha ricominciato a lavorare, fa shopping, va nei pub e nei ristoranti. Non abbiamo casi di contagi da un mese. Quasi tutto come prima, ma i controlli sanitari sono dappertutto, specialmente nei posti pubblici. È obbligatorio usare sempre la mascherina così come, per l’accesso ai mezzi pubblici, scansionare [attraverso il QR Code di WeChat] il proprio codice identificativo [per rilasciare traccia dei propri spostamenti] e, persino per l’acquisto di antipiretici, rilasciare le proprie generalità. In tutta la provincia [Fujian, 35 milioni di abitanti], ogniqualvolta si esce e si fa rientro nel quartiere di residenza, degli addetti ti misurano la temperatura corporea. Se la tua temperatura è al di sotto di 37°C, il certificato di “via libera” [il 通行证, per gli amici sinofili] appare automaticamente sul tuo cellulare [più precisamente su WeChat, app cinese “factotum” collegata alla tua identità e al tuo codice sanitario sin dal momento di registrazione]. Da qualche giorno, però, questi controlli si limitano soltanto ad alcuni quartieri”.
Yun Fei aggiunge: “Tuttavia tutte le scuole sono ancora chiuse nella mia provincia [Fujian]”. Mentre, in merito al resto delle province cinesi, Yun Fei conclude dicendo che “solo un quarto delle province cinesi ha una data per la ripresa delle lezioni, ovvero fine marzo/inizio aprile”.
L’intervista si è conclusa con un mio “你们中国人太厉害!” (“Voi cinesi siete straordinari!”), riferendomi alle serrate misure di sicurezza adottate dai loro governi locali. Yun Fei, ridendo, mi risponde: “In Cina siamo tantissimi, non c’è altro modo per fermare il virus!”.
È la volta di Min-jun, studente nordcoreano ventenne del dipartimento di Marketing presso la Peking University:
“A Pechino la situazione è migliorata tantissimo. Adesso per strada ricomincio a vedere gente e macchine. Ciò non significa che Pechino si è completamente ripresa. Molti negozi e ristoranti sono ancora chiusi. Nei negozi di tutto il distretto ci sono mascherine per tutti, non bisogna fare nessuna corsa per accaparrarsele. Inoltre gli studenti internazionali come me ricevono gratuitamente, dall’università, un tot di mascherine alla settimana. Invece il disinfettante per mani è più difficile da trovare. L’università ha inoltre stanziato un fondo per gli studenti meno abbienti, dando loro un laptop e uno smartphone a titolo gratuito per garantire l’accesso alle piattaforme di didattica online”. In merito alla riapertura dei dipartimenti, Min-jun risponde: “Ancora nessuna notizia dall’università, non ci hanno ancora fatto sapere nulla nemmeno sullo svolgimento dei mid-terms”.
Anche il ventenne Nicola, studente italiano di International Business presso la Chongqing University (Chongqing, municipalità autonoma che conta 30,5 milioni di abitanti, situata a 750 km da Wuhan), racconta che la situazione è migliorata in modo significativo soprattutto nelle ultime due settimane:
“Ieri sera sono andato al bar con i miei amici. Tuttavia ogni locale è ancora tenuto a misurarti la febbre all’ingresso, così come nei centri commerciali. Quest’ultimi, invece, sono tenuti a controllare anche il tuo via libera su WeChat [vedi sopra] per farti entrare. Invece, la maggior parte degli uffici in città sono stati riaperti da due settimane”. Nicola chiarisce che anche a Chongqing “tutti i quartieri sono tappezzati di addetti sanitari che gestiscono gli ingressi e le uscite dei vicinati. Fino a una settimana fa, era possibile uscire ed entrare dalla propria area residenziale solo una volta ogni due giorni, a giorni alterni. Adesso, fortunatamente, non c’è più un limite.” Quanto al contesto università, “tutti i dipartimenti sono ancora chiusi e non si hanno ancora notizie sull’inizio delle lezioni”. Nicola risponde alla mia ultima domanda dicendo che “la mia università, oltre ad averci fornito gratuitamente delle mascherine di tipo n95, ha anche lanciato un programma di assistenza psicologica gratuita per gli studenti in difficoltà.”
Un modello di cui le università italiane potrebbero senz’altro fare tesoro.
Ed infine un quarto amico che vive attualmente nel sud della Cina (ha preferito non essere intervistato e non rilasciare dati personali) mi ha inviato una fotografia di un salone di bellezza a Shenzhen, dove all’entrata si legge che il negozio “proibisce temporaneamente l’ingresso a coloro che hanno una temperatura corporea superiore a 37.3°C e agli amici stranieri”.
In altre parole, amici stranieri, con o senza febbre, non possiamo accogliervi. Decine di stranieri di ritorno in Cina (gran parte di loro sono lavoratori) sono infatti risultati positivi al test. Un capovolgimento di fronti nell’arco di poche settimane: in Cina lo straniero è diventato la nuova e, presumibilmente, ultima minaccia da tenere sotto controllo nella battaglia all’ultimo sangue contro il Covid-19.
Mattia del Vecchio