#QUELLOCHECIUNISCE: Giornata mondiale di Star Wars

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May the Fourth be with you guys!

Che la forza sia con voi ragazzi! Siamo al 4 di Maggio, quasi due mesi dopo l’inizio della quarantena in Italia, ed entriamo nella Fase 2, i numeri sono in calo e si possono visitare congiunti, ma la quarantena non è finita, stare a casa è ancora fondamentale. Ma oggi, come forse avrete intuito, si festeggia Star Wars (o Guerre Stellari per i più nostalgici). Quindi rimanete a casa, maratona di film, popcorn alla mano e festeggiamo insieme questa saga -stellare, oserei dire-.

Breve riepilogo sulla nascita, per i fan meno accaniti o per coloro che, purtroppo, non hanno mai avuto il piacere di guardare i film. La saga di Star Wars (uso l’anglicismo perché ormai è quello più diffuso, complice la Disney) è nata dalla mente geniale di George Lucas negli anni ‘70 – nel 1973 iniziò a scrivere il copione, per la precisione – . Si compone di 3 trilogie e – per ora –  2 spin off: le prime due trilogie sono state scritte e girate da George Lucas, l’ultima e gli spin off sono invece un’opera Disney, che ormai si è comprata la maggior parte delle case cinematografiche americane.

La prima trilogia andata al cinema è, di fatto, la seconda per ordine cronologico, e ha Luke Skywalker come protagonista indiscusso, a cui si oppone Dart Fener, conosciuto come Darth Vader nella versione inglese, quindi la famosa scena che tutti conoscono, anche coloro che non hanno mai visto i film, del “io sono tuo padre” poteva essere meno sorprendente in inglese o in tedesco, dove il cognome stesso era un indizio. La seconda trilogia racconta invece la storia di Anakin Skywalker, ossia il futuro Dart Fener. La nuova trilogia Disney narra lo scontro finale tra Sith e Jedi, e gli episodi spin-off approfondiscono invece la storia di alcuni protagonisti della saga.

Ora, lungi da me annoiarvi con la semplice trama di questa saga – stellare –, quindi ho deciso di perdermi nel baratro di internet, alla ricerca di 10 curiosità che (spero) la maggior parte di voi non conoscono (altrimenti il mio lavoro è stato invano):

  1. Nel primo film uscito nelle sale (“Una Nuova Speranza”), le spade del maestro Obi-Wan Kenobi e Anakin Skywalker sono blu, mentre quella di Darth Vader è rossa. All’inizio George Lucas voleva che le spade dei cattivi fossero rosse, e quelle dei buoni blu, infatti quando fu girato “Il Ritorno dello Jedi” la nuova arma di Luke Skywalker sarebbe dovuta essere blu, come appariva anche nei trailer e nelle locandine. All’ultimo momento si decise però di farla verde, in modo da ottenere un effetto cromatico migliore nelle scene su Tatooine – pianeta dove Luke Skywalker è cresciuto –. Da quel momento le spade degli Jedi smisero di essere soltanto blu e iniziarono ad assumere diversi colori.
  2. In molte scene Carrie Fisher, l’attrice che interpretava la Principessa Leila, fu costretta a stare sopra una scatola per non rendere evidenti i 30 centimetri di differenza che la separavano da Harrison Ford (Han Solo).
  3. I film di Guerre Stellari girati da George Lucas sono usciti tutti intorno alla metà di Maggio, perché il 14 del mese è il suo compleanno. I film della Disney invece sono usciti tutti a Dicembre, periodo reputato più ricco per gli incassi al botteghino a causa delle festività natalizie.
  4. Nel film “L’Impero colpisce ancora” c’è una pioggia di meteoriti in cui, secondo alcune voci, uno di questi sarebbe in realtà una scarpa. Gli addetti agli effetti speciali, esasperati dall’ennesimo ciak per girare la scena, avrebbero deciso di lanciare l’oggetto per protestare.
  5. La parola “Jedi” deriverebbe dal giapponese “Jidai-Geki”, termine con cui viene indicato un genere storico ambientato nel periodo Tokugawa e con protagonisti samurai.
  6. George Lucas, per ideare Chewbecca, si sarebbe ispirato al suo cane Indiana, un Alaskan Malamute. Il cane Indiana è stato anche fonte di ispirazione per un’altra celebre saga: Indiana Jones, ideata dallo stesso Lucas e diretta da Steven Spielberg.
  7. “L’Impero colpisce ancora” fu girato negli stessi studi cinematografici dove contemporaneamente Stanley Kubrick stava lavorando su “Shining”. Entrambe le pellicole uscirono nel Maggio del 1980.
  8. La colonna sonora di “Star Wars” è stata definita dalla “American Film Institute” come la più bella colonna sonora di tutti i tempi.
  9. Quando Luke utilizza i poteri Jedi per recuperare la sua spada laser, in realtà non si avvale di alcun particolare effetto speciale. Mark Hamill venne ripreso mentre lanciava la lama e poi le scene sono state semplicemente proiettate al contrario – un po’ come un Boomerang su Instagram, per i più avvezzi –.
  10. Nella versione originale del 1980 de “L’Impero Colpisce ancora”, quando Luke si getta nel vuoto per salvarsi da Dart Fener, in realtà non urla. Nel 1997, quando la pellicola fu rimasterizzata, venne aggiunto un urlo, ma i fan più accaniti si opposero perché secondo loro il silenzio di Luke durante quel gesto evidenziava la sua scelta di andare incontro alla morte, e quindi l’aggiunta del grido ne alleggeriva la tensione. L’urlo fu quindi rimosso, e questo ha reso la versione del 1997 unica.

E siccome sono buona, ecco qui un’ultima chicca:

11. Nel film “Star Wars: Gli Ultimi Jedi” – della nuova trilogia Disney – i principi Harry e William avevano girato una scena per un cameo come Stormtrooper (i soldati dell’esercito imperiale), ma la scena – purtroppo – venne tagliata perché i principi superano 1.70 m di altezza, quindi troppo alti rispetto agli altri Stormtrooper.

Sperando che questo articolo abbia acceso la vostra curiosità, vi invito a festeggiare il 4 Maggio come si deve: maratona di film di Star Wars (Disney+ ha una sezione apposita), popcorn e divano… Così la quarantena è più dolce! E magari chissà, forse qualcuno riesce a individuare la scarpa volante tra i meteoriti nel film “L’impero colpisce ancora”.

P.s. Come sempre vi invitiamo a seguire l’hashtag #MayThe4thBeWithYou per vedere post, curiosità e simpatiche iniziative per celebrare una delle saghe più amate di sempre.

Emanuela Batir

Fonti:

https://www.letturefantastiche.com/15_curiosita_su_star_wars_che_forse_non_conoscete.html

https://www.cineblog.it/post/774064/star-wars-8-tagliati-dal-film-i-cameo-dei-principi-william-harry

#QUELLOCHECIUNISCE: Giornata internazionale per la salvaguardia delle rane

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Sono gli anfibi più famosi del mondo: oggi, 28 aprile, si celebra la Giornata Internazionale per la salvaguardia delle rane.

Istituita nel 2009, il “Save the frog day” ha lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica sullo stato di questo anfibio, sui rischi che corre e sugli sforzi fatti per la sua conservazione.

Molti detti sono stati inventati e dedicati esclusivamente a questo animaletto: “al ranocchio serve più un salto che cento incoraggiamenti”, “dov’è la rana, l’acqua non è lontana”, “la rana piange quando fa bel tempo”, “se la rana avesse i denti, morderebbe amici e parenti”, “la rana minaccia, ma non parte in battaglia”, ciononostante, la storiella più famosa che vede protagonisti questi anfibi è quella della principessa che, al baciare il ranocchio, assiste alla trasformazione di quest’ultimo in un bellissimo principe e insieme vissero felici e contenti.

Tuttavia, forse non tutti sanno che un terzo della popolazione mondiale di anfibi è a rischio di estinzione, con la scomparsa di 150 specie negli ultimi decenni. Anche in Italia, molte specie vengono inserite nelle categorie Minacciato criticamente, Minacciato e Vulnerabile della Lista Rossa dell’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura.

L’eccessiva urbanizzazione, l’inquinamento, l’uso di sostanze tossiche, la distruzione degli habitat naturali, i problemi climatici, la scarsità di acqua e risorse alimentari e anche l’introduzione di specie nocive e non autoctone, stanno creando dei seri problemi di sopravvivenza alle rane.

Salvare questo anfibio è di fondamentale importanza per la biodiversità: oltre a pulire l’acqua dalle alghe, difatti, le rane mangiano diversi tipi di insetti e sono loro stesse un importante anello della catena alimentare. Grazie alle loro pelle, che assorbe facilmente sostanze chimiche potenzialmente dannose, sono inoltre degli ottimi bio indicatori degli equilibri dell’ambiente che le circonda.

Ilaria Violi

Fonti:

https://www.aforismario.eu/2019/09/frasi-rane.html

https://www.petsblog.it/post/138821/giornata-internazionale-salvaguardia-rane-2018

#QUELLOCHECIUNISCE: Giornata mondiale del disegno

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Il 27 aprile si celebra in tutto il mondo la Giornata mondiale del disegno, nota anche come giorno del disegnatore.

Per celebrare degnamente il valore di questa antichissima forma d’espressione ho scelto di farmi aiutare da qualcuno per cui il disegno rappresenta ben più di uno dei tanti passatempi (di quelli che riscopri solo quando sei costretto a casa da una pandemia, per intenderci).

Matilde studia all’accademia delle Belle Arti, ha una camera traboccante di bozzetti, disegni e materiali di ogni tipo ammassati ad ognuno dei quattro angoli, ma non le piace definirsi un’artista. Decide comunque di aiutarmi a trovare qualche spunto per quest’articolo.

Entro nel suo regno, come ho fatto mille volte, ma questa volta mi soffermo di più sui disegni appesi alle pareti: volti di donne, figurini con i vestiti di cui va più orgogliosa, Frida Kahlo.

Cerchiamo di ripercorrere la storia del disegno, dalle incisioni rupestri delle Grotte di Rouffignac ai taccuini di Leonardo Da Vinci. Da dove partire per tracciare l’inizio di questa storia?

L’uomo ha sentito il bisogno di esprimersi attraverso quella che ora categorizziamo come arte fin dall’inizio della sua storia. Nelle grotte di tutto il mondo si trovano incisioni rappresentanti la vita quotidiana, come figure simboliche e fantastiche, che risalgono fino a 60 mila anni fa. L’azione di incidere e rappresentare qualcosa rispondeva a un’esigenza legata a riti magico-simbolici, ma anche di svago. Si ipotizza che alcune rappresentazioni venissero fatte da pastori fermi a guardia di greggi che pascolavano nei dintorni.

Il disegno si è poi evoluto con la storia dell’uomo, declinandosi nelle varie forme d’arte.

Conveniamo che prima di tutto disegnare permette di esprimerci. Facciamo diventare reale un’idea, un’immagine che altrimenti esiste solo nella nostra testa. “Non c’è un giorno della mia vita in cui non ci sia stato un disegno” mi confessa Matilde. Si ricorda di quella volta che sua madre la scoprì disegnare sul mobile del bagno con uno dei suoi rossetti. Da quel giorno non ha mai smesso, e ora dentro le sue creazioni ci mette la parte più profonda di sé, e quando decide di fartele vedere si sta scoprendo, ti sta dicendo “questa sono io”.

È un mezzo potente, tanto quanto la scrittura, la musica, le parole. Dai nostri disegni di bambini, quelli con la striscia di cielo in alto e mamma e papà davanti alla casetta, fino a quelli che svogliatamente buttiamo giù in un angolo di quaderno mentre parliamo al telefono, passando per le opere di grandi artisti, lì dentro ci siamo noi. La nostra essenza più pura e incontaminata.

La Giornata mondiale del disegno è un’occasione in più per sottolineare e riconoscere il valore della comunicazione attraverso il disegno e il ruolo che essa riveste nel mondo.

E che il nostro disegno faccia riunire migliaia di ammiratori, o finisca dimenticato in uno scatolone in soffitta poco importa, ha permesso di esprimerci.

Chiara Palumbo

#QUELLOCHECIUNISCE: Giornata Mondiale del Pinguino

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Oggi è il 25 aprile, e mentre in Italia si festeggia la Festa della Liberazione, in Antartide e nel mondo si festeggia il World Penguin Day. Ebbene sì, avete capito bene, è la Giornata mondiale del pinguino e devo ammettere ragazzi che non sapevo neanche esistesse! La data segna, secondo il “The Antarctic Report”, la fine della migrazione dei pinguini di Adelia (specie più diffusa in Antartide), che a partire da questa data intraprendono un lungo viaggio verso le aree di pesca e le colonie, dove vanno a deporre le loro uova. Ovviamente la data scelta è per sensibilizzare e proteggere le specie di questo particolare tipo di “uccello che non vola”. Esistono circa 18 specie, ma quella più conosciuta è quella chiamata Pinguino Imperatore. Praticamente, come dice il nome, se la comanda un po’, fa il gradasso, e rimane tutto l’anno in Antartide, perché lui può e gli altri no. Peccato però, che proprio per questa sua testardaggine, è a rischio estinzione. Secondo il WWF Roma ci sono 10 cose da sapere sul pinguino imperatore: vive in Antartide e questo ve l’avevo già detto; è la specie più grande, può arrivare a pesare circa 40 kg (poi ovviamente se mangia troppo, ingrassa pure lui); vive in colonie affollate, quindi non è asociale, gli piace socializzare; nidifica fra i ghiacci, ovvero si accoppia con la sua “imperatrice” dopo un lungo corteggiamento e tac… rapidissimo (fa troppo freddo del resto); è un super papà e vi dirò perché: quando l’imperatrice depone le uova, le affida al super papà e lui se ne prede cura mantenendole al caldo, in equilibrio sui piedi proteggendole con una piega della pelle, ricordando un po’ i giocolieri; resiste a temperature freddissime; è un vero subacqueo e quindi il pesce è il suo piatto preferito; rischia di perdere il suo habitat per colpa dello scioglimento dei ghiacciai provocato dal riscaldamento globale e quindi è nostro compito tutelarli. Secondo il WWF, attivo dal 1994, per poterli aiutare basterebbe difendere i loro habitat e cercare di ridurre il consumo di combustibili fossili e la riduzione della pesca eccessiva.

Fonti WWF e Antarctic Report

Nisrine Jouini

#QUELLOCHECIUNISCE: Giornata della Liberazione

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Ogni anno il 25 aprile ricorre l’Anniversario della Liberazione d’Italia, anche chiamato anniversario della Resistenza. Ma di cosa si tratta?

La Festa della Liberazione è un giorno fondamentale per la storia d’Italia e ha un importante valore sia a livello politico che militare. Questa giornata infatti è il simbolo della vittoriosa lotta di resistenza dell’esercito italiano e delle forze partigiane durante il secondo conflitto mondiale contro il governo fascista della Repubblica Sociale Italiana e l’occupazione nazista.

L’istituzione della festa nazionale su proposta del Presidente del Consiglio De Gasperi portò il Re Umberto II, allora principe del Regno d’Italia, il 22 aprile del ’46 ad emanare un decreto legislativo che dichiarava appunto il 25 aprile, festa nazionale. Da quella data, ogni anno, tutte le città organizzano manifestazioni pubbliche in memoria dell’evento.

Quando si pensa alla Resistenza, non si può non menzionare una delle canzoni più note addirittura a livello internazionale: Bella Ciao. Le sue sono parole che inneggiano alla bramosia di libertà, alla lotta contro le dittature e all’opposizione agli estremismi. Nonostante siano passati 75 anni, questi desideri sono, ancora oggi, più attuali che mai.

Quest’anno tutta l’Italia festeggerà il 75° Anniversario della Liberazione in maniera insolita: stando a casa. Di fatti sarà una celebrazione un po’ diversa, la prima nella storia italiana, sarà una Liberazione virtuale. Sono diverse infatti le iniziative in programmazione sui social media, in tv e soprattutto in radio che verranno trasmesse via streaming.

Quindi, fra maratone di musica e film che ci ricordano questo Anniversario…non ci resta che affacciarci alla finestra… e cantare!

Nisrine Jouini

#QUELLOCHECIUNISCE: Giornata internazionale dei viaggi dell’uomo nello Spazio

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Nuove prospettive nell’infinito

«Poyekhali!» «Andiamo!»

Dopo aver pronunciato questa celebre espressione, Jurij Gagarin decollò dalla base spaziale di Bajkonur, in Kazakhstan, a bordo della navicella spaziale Vostok 1. Destinazione? Le orbite terrestri. Era il 12 aprile del 1961 e l’umanità intera, quel giorno, fu testimone di un evento epocale: per la prima volta nella Storia, i confini terresti venivano lasciati alle spalle, fino a diventare sempre più piccoli e lontani alla vista. Una nuova prospettiva si apriva all’uomo: lo Spazio, oltre un singolo pianeta, sempre verso un orizzonte costantemente da definire.

La navicella rimase in orbita terrestre per 108 minuti, completando un’orbita ellittica intorno alla Terra e raggiungendo un’altitudine massima di 302 km e una minima di 175 km, viaggiando a una velocità di 27.400 km/h.

Durante il volo, Gagarin venne promosso a pilota di prima classe con il grado di maggiore, il tutto mediante un ordine speciale.

«Il cielo è molto nero, la Terra è azzurra. Si vede tutto molto chiaramente»

 Non arrivò sulla Luna, Gagarin: a quello ci avrebbero pensato i colleghi statunitensi Edwin “Buzz” Aldrin e Neil Armstrong, otto anni più tardi, ma la missione fu un trionfo per il programma spaziale sovietico e il governo di Nikita Kruscëv, lieto di aver superato gli USA nella corsa allo Spazio (almeno per il momento), gli conferì il titolo di eroe nazionale. Successivamente, Gagarin si trasferì a Città delle Stelle, centro militare di addestramento e ricerca spaziale situato nell’Oblasť di Mosca, dove si occupò della progettazione di veicoli spaziali riutilizzabili.

Prima di Gagarin, gli unici ospiti terrestri ad aver visitato lo spazio erano stati solo animali: i più famosi sono stati lo scimpanzé Ham e la cagnetta Laika, morta durante il volo. Dopo Gagarin, Armstrong e Aldrin, bisognerà attendere gli anni ‘80 prima di veder decollare il primo Shuttle, inaugurato in occasione della prima missione della Nasa dallo Shuttle Colombia.

Ultimo evento “spaziale”, ma non meno importante, è stata l’entrata di Samantha Cristoforetti negli equipaggi dell’Agenzia Spaziale Europea nel 2009 e la sua partenza per la missione Futura 42/43. Cristoforetti è stata la prima donna in assoluto a viaggiare nello spazio, realizzando il sogno di migliaia di donne costrette ad ammirare tanta bellezza dietro le quinte di una base spaziale.

Oggi, naturalmente, questi eventi non sono stati lasciati in qualche dimenticatoio impolverato: l’Organizzazione delle Nazioni Unite, nel 2011, ha istituito la Giornata Internazionale dei viaggi dell’uomo nello spazio, che ricade il 12 aprile di ogni anno, per celebrare proprio l’inizio dell’era spaziale per l’umanità. Indubbiamente, scienze come l’astrofisica e l’ingegneria aerospaziale hanno contribuito enormemente a un netto miglioramento del benessere dei popoli della Terra e degli Stati, offrendo anche prospettive concrete di sviluppo sostenibile, oggi più cruciali che mai.

Clara Corvasce

#QUELLOCHECIUNISCE: Giornata internazionale del mare

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Apparentemente infinito allo sguardo, seppur finito, il mare, inteso come vastità di acqua salata, è protagonista indiscusso della Terra, ricoprendone circa il 71% della superficie, e lasciando solo il 29% ai continenti e alle isole.

Simbolo indiscusso di libertà, suscita, agli occhi dei suoi spettatori disattenti e molto spesso poco educati, emozioni variopinte: dalla paura al coraggio, dalla morte all’amore, dall’avventura al profumo di casa. Ma anche il senso di abbandono, dell’imprevisto e dell’esilio.

Si potrebbe quindi dire che il mare è dei poeti, che hanno saputo fin dall’antichità farlo giacere in un letto di opere e capolavori di ogni genere letterario, di ogni angolo del pianeta, in un’ampia scelta di temi trattati, dal classico naufragio, il cui archetipo è Ulisse nella sua Odissea, dalla «robinsonneide» di Defoe, a quella meravigliosa raccolta che sono i Naufragi dello scrittore cileno Francisco Coloane. Molte di queste opere sono state trasformate in film, per adulti e per piccini, come il famoso Walt Disney “La sirenetta”, cartone animato fra i più classici, ispirato dalla fiaba dello scrittore danese Hans Christian Andersen.

È stato anche, specialmente in epoca barocca, spettatore silente di incontri amorosi, sfondo preferito dei più romantici. In poche parole: paesaggio più versatile del mare, non ce n’è.  

Tralasciando la letteratura però, bisogna oggi, giornata internazionale del mare, concentrarsi sulla terribile malattia che lo attanaglia, un cancro che lo sta soffocando, uccidendo i suoi abitanti, indifesi protagonisti dell’incapacità umana nel rispettare qualcosa che, di fatto, non ci appartiene.

Secondo le ultime ricerche e gli ultimi studi pubblicati infatti, negli oceani si scaricherebbero 8 milioni di tonnellate di rifiuti l’anno. Pensate che solo nel mar Mediterraneo secondo quanto riportato dal WWF, finiscono 570.000 (sì, avete letto bene, cinquecentosettantamila) tonnellate di plastica, l’equivalente di 33.800 bottigliette di acqua al minuto.  L’88% dei casi, spesso mortali, di indigestioni e intrappolamenti di cui sono vittima gli animali marini è causato infatti dai rifiuti di plastica. 

Quasi sempre sono oggetti usa e getta, usati per pochi minuti ma che rischiano di inquinare il mare per sempre. Non bisogna pensare solo alle grandi discariche di rifiuti industriali, anche le nostre “disattenzioni” estive possono avere un forte impatto ecologico, prima nel mare, e dopo sul litorale. Si sa infatti che il mare riporta quasi sempre a riva ciò che inghiottisce. Per meglio intenderci: il patrimonio costiero italiano è composto da 8.000 km di spiagge, ma, sempre secondo uno studio del wwf, soltanto il 30% è rimasto allo stato naturale, sia a causa dell’inquinamento sia per colpa della cementificazione selvaggia.

Ecco quindi un semplice e chiaro decalogo, preso dal sito di Focus, per poter vivere le vacanze estive (ma anche una semplice passeggiata domenicale), in maniera rilassata e pulita, senza danneggiare gli oceani:

1) È una spiaggia, non una discarica. Una cannuccia impiega dai 20 ai 30 anni a decomporsi, un fazzoletto di carta 3 mesi, una bottiglia di vetro non si degrada mai completamente. Se avete portato il pic-nic in riva al mare, raccogliete gli avanzi (gettarli tra le onde non vale).

2) Attenti ai sacchetti di plastica. Basta un colpo di vento per farli finire in acqua, dove diventano trappole mortali per molti animali marini. Delfini, tartarughe marine e balenottere, per esempio, li scambiano per meduse, e nel tentativo di raggiungerli finiscono soffocati.

3) Fumatori sì, ma responsabili. Gettate i mozziconi in un apposito portacenere portatile (in commercio ne esistono di ogni tipo, ma nel caso, è sufficiente un bicchierino di plastica, che poi getterete nella spazzatura). Una sola “cicca” di sigaretta può inquinare un metro quadrato di mare. E non dimenticate l’accendino ai piedi dell’ombrellone: ha tempi stimati di decomposizione che vanno dai 100 ai 1000 anni.

4) Se avete intenzione di entrare in acqua scegliete solamente creme contenenti filtri solari a base di minerali. La maggior parte delle creme ad alta protezione, disciolte in acqua, danneggiano l’ecosistema marino, in particolare i coralli. Gran parte dei filtri chimici per raggi UVA e UVB scatena infatti virus e infezioni latenti nella zooxantella, un’alga unicellulare che vive in simbiosi con i coralli, contribuendo allo sbiancamento del reef.

5) Quando fate la doccia, sia in spiaggia che in barca, evitate di usare shampoo e bagnoschiuma (a meno che non usiate prodotti al 100% naturali): alcune sostanze in essi contenute risultano fortemente inquinanti per il mare. A voi sarà sufficiente un risciacquo per eliminare il sale dalla pelle.

6) Niente “souvenir”. I pezzetti di corallo o di granito, le conchiglie e i gusci dei paguri che avete raccolto stavano meglio dov’erano prima: si tratta di patrimoni naturali e parti fondamentali dell’ecosistema che portati a casa sembrerebbero solo un macabro trofeo.

7) No ai falò. Non accendete fuochi in spiaggia o nella macchia mediterranea limitrofa. Potreste accidentalmente causare incendi disastrosi.

8) Se possedete un natante a motore rispettate scrupolosamente i limiti imposti dalle Capitanerie di porto per l’avvicinamento alla spiaggia. Non è permesso arrivare a riva con il motore acceso. E a un giro in motoscafo, se potete, preferite una più ecologica e salutare uscita in pedalò o con la tavola da surf.

9) Rispettate la fauna marina e terrestre: Non catturate gli organismi marini che vivono sulle rocce, come granchi e molluschi bivalvi, né cavallucci e stelle marine.

10) Fatevi sentire. E non parliamo di maleducazione da spiaggia: se osservate in un altro bagnante un comportamento che vi sembra scorretto o dannoso dal punto di vista ecologico, fateglielo educatamente notare. 

Cerchiamo di amare e rispettare il più possibile il mare, qualunque esso sia, in qualunque angolo del mondo. La bellezza va preservata e curata. Buon mare a tutti!

Aurora Magliocchetti

#QUELLOCHECIUNISCE: CARBONARA DAY

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#CarbonaraDay: mai hashtag mi risuonò più dolce – o forse sarebbe meglio dire saporito – alle orecchie. Il 6 aprile, già da qualche anno, è la giornata dedicata al piatto di pasta più amato dai giovani italiani – almeno secondo le statistiche. Quest’iniziativa è organizzata dai pastai di AIDEPI (Associazione delle Industrie del Dolce e della Pasta Italiane) e IPO (International Pasta Organisation), dopo la proposta di Stefano Bonilli. Nel 2008 infatti, il famoso food blogger italiano, fondatore della rinomata rivista culinaria Gambero Rosso, aveva deciso di dedicare, nell’ambito della giornata internazionale della pasta, maggiore attenzione alla carbonara, regina indiscussa.

Ma come nasce la carbonara? Boh, e chi lo sa. Nemmeno noi italiani ce lo ricordiamo bene. Esistono infatti più storie che circolano, che si passano di padre in figlio, sulla nascita di questo piatto.

Alcuni sostengono che la carbonara, in realtà, provenga proprio da un “incontro” tra l’Italia e la patria di coloro che, nel profanare la cucina italiana, sono i numeri uno: gli USA. Proprio così. Ora vi spiego: nel 1930 viene pubblicato un libro di ricette che raccoglie tutti i piatti tipici romani. E della carbonara neanche l’ombra. Quindi viene ovvio pensare che la ricetta risalga ad anni successivi, e allora ecco l’intuizione: durante la seconda guerra mondiale, quando le truppe americane erano a Roma, mischiavano, senza arte né parte, i primi ingredienti che riuscivano a racimolare, ossia uovo, pasta e bacon. Eh sì, bacon. Forse per questo, come fanno notare in molti, l’uso della pancetta al posto del guanciale non scatena la stessa furia omicida che scatenerebbe il farlo con l’amatriciana: nella “ricetta” (se così la vogliamo definire) originale il guanciale non c’era. Ad ogni modo io, quando vedo che qualcuno usa la pancetta, lo giudico comunque. Ma il pecorino? Eh già, il pecorino. Come dicevo, la ricetta dei soldati americani non è mica quella che mangiamo oggi: ovviamente dei cuochi romani, vedendo che lo strambo abbinamento uova-pasta-carne funzionava, hanno deciso di perfezionarla, rendendola arte. Nasce quindi la carbonara, quel mix di sapori che quando assaggi senti il fegato chiedere pietà, ma il palato supplicarne ancora.

Secondo un’altra ipotesi, invece, la carbonara deriva dai carbonai, ossia da quelli che trasformavano la legna in carbone, e operavano sugli Appennini laziali e abruzzesi, chiamati “carbonari” in dialetto romanesco. A quanto pare i carbonari erano grandi fan del piatto abruzzese cacio e ova, a cui avrebbero poi aggiunto il guanciale, rendendo il piatto più sostanzioso e, tocca ammetterlo, appetitoso. Da qui, inoltre, deriverebbe la tradizione dell’usare il grasso del guanciale e non l’olio, in quanto i carbonari erano poveri e non se lo potevano permettere.

Ma non finisce qui: addirittura c’è chi sostiene che la carbonara derivi dalla cucina napoletana, dove d’altronde uova sbattute e formaggio grattugiato sono all’ordine del giorno, oppure ancora chi sostiene che la carbonara debba il suo nome a un tipico salume che, originariamente, veniva impiegato al posto del guanciale. Questo salume veniva affumicato sotto i carboni, e da qui avrebbe poi preso nome il piatto.

Insomma, non si sa di preciso la vera storia della carbonara, ma penso che tutti dovremmo ringraziare chiunque abbia avuto l’idea di unire questi ingredienti e trasformarli in quest’opera.

Che tripudio di maestria la cucina italiana: l’UNESCO ha proclamato la pizza patrimonio dell’umanità, e l’IPO, insieme al mondo intero, celebra la carbonara. Niente da farci, noi italiani ne sappiamo sempre una in più del diavolo quando si tratta di cibo. Perché? Perché per noi mangiare è un’arte, non si tratta solo di riempirsi lo stomaco con la prima cosa che ci capita davanti -studenti fuori sede non preoccupatevi, non vi giudico- o mangiare il più alto numero possibile di calorie -the bigger the better, eh America?-. Si tratta di tradizioni, amore, famiglia. È l’ingrediente segreto che la nonna ti sussurra nell’orecchio quando la aiuti a preparare il pranzo della domenica (“mi raccomando, aggiungi un po’ di zucchero nel pomodoro che ne risalta il sapore” mi disse una volta mia nonna), si tratta del pranzo di Pasqua passato con tutta la famiglia, si tratta dell’amore con cui zie e mamme coltivano l’orticello dietro casa, anche se poi sei costretto a mangiare zucchine per settimane e settimane. La cucina è arte, passione. Ovvio che ci arrabbiamo quando scopriamo che all’estero mettono la panna nella carbonara, oppure che usano la cipolla. O peggio ancora, quando sostituiscono il pecorino con il cheddar. Ma d’altronde, come abbiamo detto, la nostra cucina è un’arte: chi vuole imitarla, si accomodi. Ma non riusciranno mai, nemmeno lontanamente, a raggiungere la perfezione dei nostri gusti, dei nostri sapori.

Ora, per allietarvi in questo periodo di quarantena, vi condivido qui di seguito la ricetta della migliore carbonara di Roma. Vi ricordate Stefano Bonilli, colui a cui dobbiamo la nascita del #CarbonaraDay? Ebbene, quando nel 2008 decise di promuovere quest’iniziativa, indisse un concorso per proclamare la regina delle carbonare. La vincitrice è stata la carbonara di Roscioli, un’antica salumeria in Via dei Giubbonari, che con il suo cuoco di origine tunisine si aggiudicò il podio. Esatto, il cuoco è di origini tunisine: che meraviglia vedere come, attraverso la cucina, si crea unione tra le culture. E che serva anche da esempio a coloro che, all’estero, cucinano la prima cosa che si trovano davanti, dandole poi un nome italiano senza, di fatto, avere la minima idea di cosa sia la cucina italiana.

Ecco a voi la ricetta della miglior carbonara de Roma, buon appetito!

Ingredienti per 4 persone (mamme, papà e coinquilini vari vorranno sicuramente assaggiare)

400 gr spaghettoni

200 gr di guanciale

250 gr di pecorino romano bio stagionato almeno 16 mesi

40 gr pecorino di fossa di Sogliano al Rubicone (opzionale – soprattutto di ‘sti tempi, direi che la ricerca del pecorino magico può saltare, ma ve lo lascio caso mai, finita l’emergenza, vi vorrete dilettare a perfezionare l’arte della carbonara)

5 tuorli di uovo

1 albume intero

Pepe q.b

Preparazione

  1. In una boule di vetro sbattere cinque uova con un albume aggiungendo 150 grammi di pecorino e 40 grammi di pecorino di fossa.
  2. Fare due giri di pepe macinato fresco, lasciare riposare il composto per 5 minuti in frigo.
  3. In una padella di ferro (o eventualmente antiaderente) rosolare il guanciale, privato della cotenna e tagliato a dadini da circa un centimetro ciascuno, a fuoco vivace.
  4. Quando avrà formato una leggera crosticina e assunto un colore brunito spegnete il fuoco ed eliminate la metà del grasso rilasciato dal guanciale.
  5. Cuocere gli spaghettoni in acqua non molto salata con cottura al dente.
  6. Versarli nella boule con il composto preparato precedentemente di uova pepe e pecorino aggiungendo gradatamente il guanciale e il suo grasso di risulta.
  7. Mantecare velocemente lontano dal fuoco aggiungendo se necessario acqua di cottura, adagiare sul piatto di portata e cospargere il tutto con il resto del pecorino e del pepe.

Ps: e non dimenticatevi di seguire l’hashtag #CarbonaraDay sui social, per vedere che simpatiche iniziative sono state avviate per celebrare la regina della pasta!

Emanuela Batir

Fonte: https://www.lucianopignataro.it/a/carbonara-di-roscioli-ricetta-originale-spiegata-da-alessandro-roscioli/58449/

#QUELLOCHECIUNISCE

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Il 24 marzo 2010 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha istituito la Giornata Internazionale per il diritto alla verità sulle violazioni gravi dei diritti umani e per la dignità delle vittime.

Questa ricorrenza annuale è stata istituita per rendere omaggio alla memoria di Monsignor Oscar Arnulfo Romero che, dopo aver denunciato le violazioni dei diritti umani delle popolazioni più vulnerabili de El Salvador e aver difeso i principi di protezione della loro vita, venne preso di mira dagli squadroni della morte che lo assassinarono il 24 marzo del 1980 mentre stava celebrando la messa.

L’obiettivo dell’evento è triplice: onorare il ricordo delle vittime di gravi e sistematiche violazioni dei diritti umani, promuovere l’importanza del diritto alla verità e alla giustizia e rendere omaggio a coloro che hanno dedicato e perso la propria vita nella lotta per promuovere e proteggere i diritti umani, così come fece Romero. Il diritto alla verità è un diritto per il quale si lotta ogni giorno, in quanto rappresenta una condizione indispensabile per salvaguardare i diritti di tutti. In riferimento a ciò voglio ricordare una frase celebre di Aldo Moro, presa da “Il Memoriale” che recita così: “Quando si dice la verità, non bisogna dolersi di averla detta. La verità è sempre illuminante. Ci aiuta ad essere coraggiosi”.

Il 25 marzo 2007, invece, l’Assemblea Generale dell’Onu ha istituito la Giornata Internazionale di Commemorazione delle Vittime della Schiavitù e della Tratta Transatlantica degli Schiavi. L’obiettivo dell’evento è quello di ricordare coloro che sono stati privati della libertà e che si sono battuti per l’abolizione della schiavitù. La giornata serve per mettere in guardia dai pericoli del razzismo e dell’intolleranza che oggi “avvelenano” la nostra società. Sebbene la schiavitù sia stata abolita, il commercio di esseri umani non è stato eliminato del tutto.

Si stima che un terzo dei circa 15 milioni di persone che sono state deportate dall’Africa attraverso l’Atlantico, fossero donne. Donne che oltre a sopportare le difficili condizioni di lavoro forzato, hanno subito diverse forme estreme di discriminazione e di sfruttamento sia per il loro sesso che per il colore della loro pelle. Quando si parla di schiavitù, è inevitabile pensare che sia qualcosa legato al passato, ma così non è, dato che oggi il fenomeno è ancora vivo. Con il termine schiavitù moderna ci si riferisce a diversissime forme di questa: traffico di esseri umani, sfruttamento di bambini, sfruttamento sessuale e lavori forzati.

Oltre a queste giornate mondiali sono state istituite anche la Giornata Internazionale per l’abolizione della schiavitù che si celebra il 2 dicembre e la Giornata Internazionale della Commemorazione del commercio degli schiavi e della sua abolizione che si celebra il 23 agosto.

Sono molte le rotte illegali da cui passa tutto il traffico illecito: esseri umani, droga, armi. A volte queste cambiano in base alle condizioni meteorologiche.

Storicamente, alla tratta atlantica si affiancò quella araba, detta anche tratta arabo-musulmana. Questa tratta prevedeva il commercio di esseri umani e si concentrava principalmente su tre itinerari posti tra l’area sub-sahariana, quella del Medio Oriente e quella dell’Africa Settentrionale.

Nel Mondo arabo l’abolizione della tratta non fu un processo endogeno e non si assistette alla formazione di un movimento abolizionista autoctono. Diverso fu il caso della tratta barbaresca degli schiavi dove il commercio riguardava prettamente gli schiavi bianchi e che fiorì nell’Africa settentrionale (Marocco, Algeria, Tunisia e Libia).

È interessante notare come la tratta di esseri umani abbia avuto un nuovo boom negli ultimi anni, in particolare a partire dal 2013, data dalla quale il numero di deportati ammonta a circa 15 mila persone. Dalle analisi statistiche forniteci dal Ministero della giustizia emerge che la vittima tipica dello sfruttamento siano giovani ragazzi e ragazze, con un’età media di 25 anni e nel 75% dei casi di sesso femminile. La nazionalità è prevalentemente nigeriana o rumena e in molti casi le vittime sono sposate e/o con figli. Di queste, il 15% è rappresentato da minorenni che spesso arrivano in Italia, senza il consenso dei genitori.

Prendendo per esempio il caso delle donne nigeriane: pochi sanno che il primo contatto che la vittima ha con i contrabbandieri avviene spesso attraverso un parente, un amico o un’altra persona familiare. Dopo l’avvicinamento iniziale, la vittima viene messa in contatto con una “matrona”, la persona più importante di questa rete in Nigeria. In molti casi, la matrona ha anche il ruolo di “sponsor“, ovvero è colei che finanzia il viaggio via aereo o via mare. Il canale favorito dai trafficanti di esseri umani per far giungere le ragazze in Italia è via mare. Anche in questo caso negli ultimi anni c’è stato un cambio di sistema da parte delle organizzazioni criminali. L’importo del debito per garantire il trasporto non è mai specificato ed è la stessa famiglia della ragazza ad essere garante per il pagamento. I costi tipici vanno dai 410 € ai 1.640 € per i documenti e 6.570 € a 9.850 € per il viaggio. Il debito contratto dalla vittima è sempre molto più alto, e varia tra i 32.780 € e gli 82.000 € (circa). La vittima e il suo sponsor fanno un “patto” che obbliga il rimborso in cambio di un passaggio sicuro in Europa. Il sigillo del patto culmina con un rito juju o voodoo, rito magico celebrato da un native doctor detto anche ohen che, attraverso preghiere rituali, l’utilizzo di peli pubici, capelli, unghie, sangue mestruale e la foto della vittima compie un rito attraverso il quale lega l’anima della malcapitata a lui e la vincola a pagare il debito contratto e a non tradire mai l’organizzazione criminale e la matrona a cui dovrà restituire la somma pattuita. Se la vittima verrà meno al giuramento il native doctor farà sì che lei impazzisca o muoia.

Dopo il rito le giovani partono per raggiungere il centro di smistamento che si trova nella località di Agadez in Niger, dove sostano per alcuni giorni e dove spesso vengono cedute e fatte violentare dalle guardie di frontiera per guadagnarsi il transito sino alla Libia. Le giovani sovente vengono fatte prostituire nelle zone di sosta intermedie e, all’arrivo in Libia vengono smistate all’interno delle connection house, dove vengono fatte prostituire o all’interno dei ghetti, dove spesso vengono ridotte in schiavitù domestica e sessuale da uomini autoctoni o da connazionali. Se durante la loro permanenza in Libia vengono arrestate ed incarcerate dalle milizie libiche, subendo violenze, torture e stupri, la loro condizione di assoggettamento si aggrava ulteriormente a causa delle richieste di “riscatto” avanzate dai carcerieri alle matrona. Questo debito andrà a sommarsi a quello già accumulato prima della partenza. Se le condizioni di salute della donna/vittima non sono buone e/o la sua condizione la rende “inutilizzabile” ai fini della prostituzione l’organizzazione può decidere di abbandonarla alla mercé dei miliziani e non ci saranno prospettive di salvezza. Se la vittima rimane incinta durante la permanenza in Libia può capitare che venga agganciata o comprata da un connazionale o da persona di fiducia della matrona in modo tale da sembrare un nucleo familiare ed avere così accesso ai percorsi preferenziali che i nuclei familiari hanno all’arrivo sui nostri territori.

Qualora queste sopravvivano al viaggio nel Mediterraneo vengono accolte nei CAS (Centri di accoglienza straordinari). Qui ci sono due ipotesi: la ragazza ha un numero di telefono, già ricevuto in Nigeria, che dovrà contattare non appena arriverà in Italia; se non ha un numero, la famiglia contatterà direttamente lo sfruttatore. Nei centri, insieme alle ragazze, ci sono anche membri delle organizzazioni criminali che hanno un ruolo strategico di coinvolgimento e di indirizzo. Nessuno dice alla vittima che è costretta a prostituirsi, poiché questa sarebbe una disgrazia per la famiglia. Probabilmente però, in alcuni casi, la famiglia lo sa e convince la figlia stessa a pagare il debito per paura di ritorsioni degli altri familiari rimasti in Nigeria. Quando arrivano in Italia, l’OIM (Organizzazione internazionale per le migrazioni) registra l’arrivo delle ragazze vittime di tratta con patologie psicologiche che richiedano l’intervento immediato di personale sanitario specializzato. Sono frequenti i casi di allucinazioni che colpiscono queste donne, spesso riferiscono di vedere la presenza di un uomo nella loro stanza (ohen) o dicono di sentirsi soffocare per mano di qualche spirito.

In diversi paesi europei, le autorità sono intervenute salvando le donne dai loro trafficanti, ma spesso queste tornano alla prostituzione per adempiere agli obblighi nei confronti dei loro sponsor.      Per questo sono costrette a uscire in strada, dove vengono pagate dai 10 ai 30 € per ogni atto sessuale.

Finora, vari gruppi hanno lavorato per fermare questa forma di violenza cercando di inserirle in programmi di protezione, ma spesso è difficile convincerle a non chiamare i numeri che hanno ricevuto prima di fuggire dalla guerra o dalla povertà del loro paesi. Quel numero di telefono rappresenta infatti, l’unica certezza che hanno in una terra sconosciuta.

È importante soffermarci e ragionare sul fatto che sia il 24 che il 25 marzo rappresentano eventi indelebili dalle nostre menti, poiché testimoniano secoli e secoli di vessazioni e sfruttamenti.

E quindi mi chiedo, in che modo la situazione potrà mai cambiare? Molto probabilmente la schiavitù moderna e la tutela dei diritti umani avranno una soluzione definitiva solo quando verrà combattuto il nemico comune, nemico chiamato Povertà.

Nisrine Jouini


I dati sono presi dagli studi condotti dall’ EPAWA (Enslavement Prevention Alliance) e dal Master Eyes MEDI: Diritto all’immigrazione e Mediazione Interculturale

#QUELLOCHECIUNISCE: Giornata mondiale della meteorologia

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Il mondo è un bel posto e vale la pena combattere per esso.
(Ernest Hemingway)

Il 23 marzo si celebra la Giornata Mondiale della Meteorologia.

Istituita per commemorare la creazione dell’Organizzazione Mondiale della Meteorologia come parte delle istituzioni che compongono le Nazioni Unite, ricorda il contributo essenziale dei Servizi Meteorologici e Idrologici Nazionali.

Gli  obiettivi dell’Organizzazione Mondiale della Meteorologia, oltre alla promozione di scambi di informazioni, alla ricerca nel campo meteorologico e all’applicazione della meteorologia  all’agricoltura, ai problemi dell’acqua, all’aeronautica e ai trasporti, si focalizza moltissimo su una facilitazione della cooperazione internazionale per costruire una rete di stazioni, per mantenere economicamente centri di previsione del meteo e per effettuare rilevamenti geofisici, meteorologici e idrogeologici.

A sostegno di questi obiettivi, la Giornata Mondiale della Meteorologia organizza diversi eventi come conferenze, mostre e convegni durante i quali si incontrano leader mondiali, esperti nel campo e un pubblico di spettatori interessati ai temi trattati.

Molti di questi eventi mirano ad ottenere una maggiore visibilità da parte dei media per quanto concerne l’importanza della meteorologia, ora più che mai valido strumento di supporto alla risoluzione di drammatiche questioni ambientali che affliggono il pianeta e diversi premi per la ricerca vengono presentati (come, ad esempio, il Premio Norbert Gerbier-Mumm).

Ogni edizione di questa Giornata presenta un tema differente: quest’anno, il tema sarà “Climate and Water”, in concomitanza con la Giornata Mondiale dell’Acqua. Non c’è nulla di cui stupirsi, vista l’interconnessione tra cambiamento climatico e scarsità d’acqua.

Si tratta di un tema più che attuale e scomodo che apparentemente sembra interessare soltanto il Sud del Mondo e che, al contrario, possiede un’importanza strategica e geopolitica a tratti sbalorditiva. Nel 2050, circa 5 miliardi di persone potrebbero trovarsi in aree con risorse idriche esigue almeno una volta all’anno. 5 miliardi di individui non avranno un regolare accesso all’acqua. Riuscite a pensarci? Effettivamente non è una previsione che tranquillizza.

La soluzione in anteprima? Riciclaggio e sostenibilità a 360° sono ovviamente le parole chiave, ma anche opportunità economiche e sicurezza ai massimi livelli nella gestione idrica, insieme a una protezione maggiore dei depositi naturali di carbonio come foreste e oceani.

Tenetevi forte e non perdetevi quest’edizione. Dobbiamo imparare e mettere in pratica quanto appreso. Non possiamo più aspettare.

Clara Corvasce