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A US soldier stands on guard as Afghans gather on a roadside near the military part of the airport in Kabul on August 20, 2021, hoping to flee from the country after the Taliban’s military takeover of Afghanistan. (Photo by WAKIL KOHSAR/AFP via Getty Images)

L’esercito europeo come priorità costituzionale

Afghanistan e dintorni: la democrazia non si può esportare, ma si può difendere

Sciame sismico nella umma

Un nuovo sciame sismico attraversa la umma islamica. Dalla fine della Guerra fredda, questi movimenti tellurici si fanno sempre frequenti e intensi, come dimostrano anche i postumi della Primavera araba nel Nord Africa e gli scontri scoppiati intorno alla Pace di Abramo e alla crisi libica. L’instaurazione di uno Stato islamico in Afghanistan potrebbe gettare benzina sul fuoco delle tensioni già esistenti nella umma intorno all’alternativa islamica. La riespansione del principio ordinatore islamico si presenta come un fenomeno “naturale”, di fronte alla crisi dell’egemonia culturale del costituzionalismo occidentale.

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Europa: a quanto pare le restrizioni funzionano

Stampa inglese

Secondo gli ultimi monitoraggi, nella regione europea il numero più alto di vittime è stato registrato nel Regno Unito, mentre il primato per il numero più alto di casi è stato localizzato in Francia. Ad ogni modo, a partire dal mese di ottobre la maggior parte dei governi europei ha introdotto rigide limitazioni per cercare di frenare la seconda ondata della pandemia. E Hans Kluge, direttore regionale dell’OMS per l’Europa, ha affermato che i nuovi casi stanno diminuendo poiché i blocchi sono riusciti a frenare le infezioni.

Eppure, come sappiamo, la battaglia contro il Covid-19 non è ancora stata vinta e, recentemente, l’OMS ha affermato che l’Europa deve affrontare sei mesi difficili di pandemia – così la BBC. Durante un vertice virtuale, lo scorso giovedì sono stati chiariti gli aspetti principali della situazione attuale. Hans Kluge ha precisato che fino a questo momento, l’Europa ha rappresentato il 28% dei casi globali e il 26% dei decessi, e che, ancora una volta, rappresenta l’epicentro della pandemia insieme agli Stati Uniti. Si è detto, inoltre, preoccupato per le situazioni che stanno interessando Svizzera e Francia, dove le unità di terapia intensiva sono arrivate al punto di saturazione.

Ovviamente, gli ultimi dati preliminari sulla vaccinazione stanno infondendo una buona dose di speranza. Quattro vaccini in particolare – Oxford, Pfizer-BioNTech, Sputnik e Moderna – hanno iniziato a mostrare ‘la luce alla fine del tunnel’. A tal proposito, Ursula von der Leyen ha reso noto che, attualmente se tutto continuerà a procedere senza problemi, l’Agenzia europea per i medicinali potrebbe concedere un’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata per i vaccini Pzifer-BioNTech e Moderna, già nella seconda metà di dicembre. Nel frattempo, un’altra buona notizia è stata comunicata da alcuni ricercatori di Regno Unito e Paesi Bassi, i quali hanno confermato che il farmaco tocilizumab, utilizzato per il trattamento dell’artrite reumatoide, riesce a curare i pazienti gravemente malati – lo studio di questo farmaco è stato testato anche in alcuni istituti italiani.

Kluge, però, ha sollecitato cautela sul fronte dei vaccini. Per lui, infatti, i recenti progressi non devono essere visti come una soluzione miracolosa, in quanto è risaputo che soprattutto all’inizio, l’offerta sarà limitata.

The Guardian fa il punto sul Regno Unito. E attraverso le parole del professore Neil Ferguson fa sapere che alcune prove hanno evidenziato che i tassi di infezione hanno iniziato a stabilizzarsi e potrebbero iniziare a diminuire lentamente. Ebbene, queste tendenze positive sarebbero da attribuire alle misure di blocco – qui articolate in un sistema a tre livelli. La professoressa Christina Pagel dell’University College di Londra ha tenuto a precisare che la diminuzione dell’andamento complessivo dei contagi in Inghilterra è dovuta alle restrizioni che sono state introdotte nel nord-ovest del Paese. Osservate speciali per le decisioni future delle prossime settimane, saranno la città di Londra e la zona del sud-est: qualora non dovesse verificarsi un rallentamento dei contagi anche in questi territori, il tanto atteso allentamento delle misure finirebbe per inciampare in un grosso ostacolo.

Durante l’incontro di giovedì, è stato introdotto anche l’argomento delle festività natalizie. Kluge ha detto che ai più piccoli dovrà essere garantita la gioia di questa ricorrenza. E sempre The Guardian sottolinea come i governi stiano rimandando le dolorose decisioni sulle imminenti celebrazioni. Al punto che un ministro del governo francese avrebbe dichiarato a Le Monde che tali valutazioni sono “un mal di testa enorme”. Il quotidiano inglese fa sapere che molto probabilmente da dicembre sia Francia che Italia dovrebbero allentare le misure per consentire alcune attività – riapertura di negozi non essenziali nel caso francese e riapertura dei ristoranti in quello italiano. Per quel che riguarda i mercatini di Natale, il famoso Christkindlesmarkt di Norimberga è stato cancellato, mentre altri come lo Striezelmarkt di Dresda stanno lavorando per versioni alternative.

Sicuramente, quelle che ci aspettano non saranno le ‘solite festività’. Poiché, come ricordato dal dottor Kluge, tali misure di blocco sono sì efficaci, ma devono essere pensate come misure di ultima istanza, in quanto vi sono diversi danni collaterali significativi associati a queste limitazioni, come maggiori problemi di salute mentale, abuso di alcol e sostanze, violenza di genere.

Stampa statunitense

Le restrizioni imposte dai governi europei al fine di contenere il contagio stanno realmente funzionando?

Leggendo i dati raccolti dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), sì. Infatti The New York Times riporta la notizia della diminuzione del tassi di nuovi casi di Coronavirus per la prima volta da mesi in tutta Europa dopo che sono state introdotte nuove restrizioni. Si tratta di un cambiamento significativo rispetto a sole due settimane fa quando l’OMS ha segnalato circa 2 milioni di nuove infezioni a settimana in tutto il continente europeo. La scorsa settimana si è avuta una inflessione di circa il 10% e si è raggiunto il numero di 1,8 milioni di casi. Rispetto alle limitazioni imposte durante la scorsa primavera, quelle decise alla fine di ottobre sono meno severe, sia per quanto riguarda gli spostamenti sia per le attività che sono potute rimanere aperte.

Il Direttore dell’Organizzazione mondiale della sanità per l’Europa, Hans Kluge, ha sottolineato che i lockdown dovrebbero essere l’ultima risorsa e ha esortato la popolazione a seguire le indicazioni per prevenire nuovi contagi, secondo quanto riporta la CNN. Kluge ha affermato che se il 95% della popolazione indossasse le mascherine, invece del solo 60%, i lockdown non sarebbero necessari. Inoltre, ha specificato che la mascherina non deve essere intesa come una “panacea” e necessita di essere combinata con altre misure.

Come afferma Forbes, il Direttore ha evidenziato il dato positivo della diminuzione dei nuovi casi di contagio e ha esortato le comunità europee a non abbassare la guardia perché i sistemi sanitari di tutto il mondo sono stati messi seriamente alla prova da questa infezione. La notizia dei due vaccini efficaci al 95% fanno ben sperare le autorità sanitarie europee. I vaccini, infatti, rappresentano un’arma potente per contrastare il virus, ma purtroppo non lo fermeranno completamente poiché, specialmente nei primi mesi, la scorta non sarà sufficiente per vaccinare tutti.

Chiara Aveni e Gaia Natarelli

FONTI

Coronavirus: Europe ‘six tough months’ of pandemic, WHO says disponibile su https://www.bbc.com/news/world-europe-55008447, consultato il 21/11/2020

Covid lockdown shows signs of working in England, expert says disponibile su https://www.theguardian.com/world/2020/nov/19/covid-lockdown-shows-signs-working-england-expert-neil-ferguson, consultato il 21/11/2020

‘A massive headache’: european leaders putt of Covid Christmas decisions disponibile su https://www.theguardian.com/world/2020/nov/19/european-leaders-put-off-covid-christmas-decisions, consultato il 21/11/2020

Statement by Dr Hans Henri P. Kluge, WHO Regional Director for Europe 19 November 2020 disponibile su https://www.euro.who.int/en/about-us/regional-director/statements-and-speeches/2020/statement-situation-update-on-covid-19-doing-our-share,-a-new-horizon-with-technological-and-pharmaceutical-development,-and-preserving-the-rights-of-children, consultato il 21/11/2020

Europe’s painful virus restrictions seem to be working disponible su https://www.nytimes.com/2020/11/19/briefing/boris-johnson-coronavirus-mike-pompeo.html, consultato il 21/11/2020

Lockdowns could be avoided if 95% of people wore masks, says WHO  disponibile su https://edition.cnn.com/2020/11/19/europe/coronavirus-europe-lockdown-tiers-intl/index.html, consultato il 21/11/2020

Europe Finally Sees Coronavirus Case Decrease, WHO Reports disponibile su https://www.forbes.com/sites/elanagross/2020/11/19/europe-finally-sees-coronavirus-case-decrease-who-reports, consultato il 21/11/2020

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E Trump non molla…Aumentano le pressioni perché riconosca la vittoria di Biden, ma il Presidente annuncia battaglia legale.

Stampa inglese

Trump è agguerrito. Non vuole abbandonare la Casa Bianca. Si sta impegnando energicamente per portare avanti la sua contestazione in merito ai risultati elettorali: ha, infatti, condotto diverse azioni legali in alcuni Stati chiave. Eppure, le prove concrete di frode continuano a mancare.

Si potrebbe chiedere, in ultima istanza, un intervento da parte della Corte Suprema. Ma una svolta di questo tipo sarebbe motivata solo dalla presenza di una questione molto significativa. Come accadde nel 2000, quando la proclamazione del nuovo Presidente avvenne dopo il riconteggio totale dei voti. A scontrarsi erano George W. Bush e Al Gore.   

Bryan Ware, il vicedirettore per la sicurezza informatica della Cybersecurity and Infrastructure Security Agency (CISA), ha confermato a Reuters di aver rassegnato le proprie dimissioni giovedì scorso. Poiché, secondo alcune indiscrezioni, la Casa Bianca aveva esercitato pressioni per ottenere il suo allontanamento. Anche a Christopher Krebs, direttore della CISA, è toccato lo stesso destino. Sempre Reuters pochi giorni fa aveva rivelato che Krebs si aspettava di essere licenziato. E questa confidenza, fatta ai suoi colleghi, si è trasformata in una notizia ufficiale proprio nelle ultime ore. Krebs, infatti, aveva attirato le ire di Trump per il sito web soprannominato “Rumor Control” gestito dalla CISA. In pratica, in questo sito internet sono state smontate le teorie su cui Trump aveva fatto affidamento per contestare l’integrità del risultato delle elezioni. Specificamente, i funzionari di Trump si sono infuriati per un post della CISA che rifiutava una teoria del complotto basata sull’idea che un supercomputer e un programma – chiamati presumibilmente Hammer e Scorecard – avrebbero ribaltato i voti a livello nazionale.

Ancora, Ben Hovland della Election Assistance Commission (EAC), riguardo alle convinzioni di Trump sul fatto che milioni di voti a suo favore siano stati cancellati, ha reagito dicendo che affermazioni di questo tipo dovrebbero essere effettivamente sostenute con qualcosa di credibile e che tali insinuazioni finiscono semplicemente per erodere la fiducia degli americani nel processo democratico. Per tale motivo, il tutto è preoccupante – così The Independent.

Sempre The Independent dichiara che Trump per condurre questa battaglia, continua a prendere di mira altri personaggi, tra cui Andrew Cuomo. Il quale, come altri democratici, ha espresso preoccupazioni sul fatto che l’attuale amministrazione stia affrettando lo sviluppo dei vaccini per logiche eminentemente politiche. Il Governatore dello Stato di New York, inoltre, aveva dichiarato di essere pronto a intraprendere un’azione legale poiché la proposta di distribuzione del vaccino avrebbe sfavorito le comunità a basso reddito, quelle che cioè sono contrarie alla politica del Presidente ancora in carica.

Inoltre, la BBC ha raccontato come Trump si sia mosso a livello legale finora. In Pennsylvania ha intentato una causa per la mancanza di accesso degli osservatori dei sondaggi – coloro che controllano attentamente il conteggio dei voti per garantire trasparenza –, ma in molte zone ci sono state delle restrizioni giustificate in gran parte dal coronavirus. Un’altra sfida in Pennsylvania è stata giocata sulla scelta statale di contare le schede elettorali con timbro postale arrivate in ritardo. La Corte d’Appello, però, ha respinto il caso. Una causa per la mancanza di procedure di supervisione è stata poi portata avanti in Michigan. In Nevada, invece, il Partito Repubblicano aveva individuato migliaia di persone che avevano votato dopo essersi trasferite dallo Stato. Ma successivi controlli hanno dimostrato che si trattava di elettori legali, come il personale militare. In aggiunta, altre cause sono state intraprese in Georgia e in Arizona. Tuttavia i giudici statali stanno procedendo con il respingimento delle cause.  

Stampa statunitense

Un numero crescente di repubblicani chiede una transizione ordinata del potere, ma il Presidente Trump persiste nel diffondere affermazioni infondate su presunte frodi elettorali, alimentando in tal modo resistenza e disordini tra i suoi sostenitori, migliaia dei quali hanno protestato per i risultati delle elezioni a Washington lo scorso sabato. Tuttavia, Trump appare irremovibile e annuncia battaglia legale.

The New York Times sottolinea come, più di una settimana dopo che Joe Biden è stato dichiarato vincitore alle elezioni presidenziali statunitensi, Trump continui a bloccare in qualsiasi modo la transizione del suo successore. Come Trump ostacola Biden? Ad esempio trattiene i briefing dell’intelligence e impedisce l’accesso alla documentazione raccolta sul coronavirus.

Infatti, il Presidente uscente sta ricevendo molta pressione affinché permetta colloqui tra i suoi funzionari sanitari e gli assistenti del Presidente neoeletto, scrive The Washington Post. Si tratta di colloqui che potenzialmente potrebbero salvare la vita a molti cittadini statunitensi perché favorirebbero uno scambio di informazioni fondamentali sulle misure da adottare nel corso di questa pandemia. Le richieste si fanno sempre più urgenti e pressanti con il trascorrere dei giorni, perché i nuovi casi di Covid-19 stanno aumentando vertiginosamente nell’ultimo mese, arrivando a toccare la cifra record di 181.000 casi nuovi registrati nella sola giornata del 13 novembre.

È di lunedì 16 novembre l’annuncio riportato anche dalla CNN di un vaccino sviluppato da Moderna – azienda statunitense di biotecnologie – che sta dimostrando un alto tasso di successo nelle prime sperimentazioni cliniche. Tuttavia, invece di ascoltare e mobilitare il suo team di esperti medici che avvertono che la pandemia si sta trasformando rapidamente in una crisi umanitaria, Trump persiste nell’avanzare accuse riferendosi a presunte irregolarità nei voti e, anzi, annuncia su Facebook e Twitter  “I won the election!”.

Chiara Aveni e Gaia Natarelli

FONTI:
Why US ballot count livestreams became misinformation magnets disponibile su https://www.theguardian.com/us-news/2020/nov/17/ballot-counting-livestreams-misinformation-us-election, consultato il 17/11/2020
US election security officials reject Trump’s fraud claims disponibile su https://www.bbc.com/news/election-us-2020-54926084, consultato il 17/11/2020
US election 2020: what legal challenges is Trump planning? disponibile su https://www.bbc.com/news/election-us-2020-54724960, consultato il 17/11/2020
Exclusive : top official on U.S. election cybersecurity tells associates he expects to be fire disponibile su https://www.reuters.com/article/us-usa-cyber-officials-exclusive-idUSKBN27S2YI, consultato il 18/11/2020
Chris Krebs is gone but his firing may not be the last disponibile su https://www.bbc.com/news/world-us-canada-54984196, consultato il 18/11/2020
Trump emerges from White House to take credit for vaccine and leale open door for second term disponibile su https://www.independent.co.uk/news/world/americas/us-election-2020/donald-trump-joe-biden-coronavirus-vaccine-second-term-b1722778.html, consultato il 17/11/2020
Trump-appointed election official says president’s claims are ‘baffling’ and court evidence ‘laughable’ disponibile su https://www.independent.co.uk/news/world/americas/us-election-2020/trump-voter-fraud-election-biden-b1722941.html, consultato il 17/11/2020
Trump doubles down on claims of election fraud disponile su https://www.nytimes.com/2020/11/15/briefing/us-election-boris-johnson-nagorno-karabakh.html, consultato il 16/11/2020
Trump’s failure to work with Biden is becoming more urgent as Covid spreads disponibile su https://edition.cnn.com/2020/11/16/politics/election-2020-donald-trump-joe-biden-transition-coronavirus/index.html, consultato il 16/11/2020
Election 2020 live updates: Biden to deliver address on the economy as Trump insists he won the election disponibile su https://www.washingtonpost.com/elections/2020/11/16/joe-biden-trump-election-live-updates/, consultato il 13/11/2020

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Egitto, il crollo del sistema sanitario. Le promesse non mantenute di Al Sisi rischiano di portare il Paese di nuovo sull’orlo del precipizio

Stampa del Qatar

La longeva fragilità del sistema sanitario egiziano doveva essere colmata dagli sforzi che erano stati promessi da Al Sisi all’inizio della sua presidenza. Eppure, l’emergenza pandemica da Covid-19 ha finito per accentuare la precarietà dell’equilibrio, stimolando addirittura una parziale implosione. La lotta al coronavirus, infatti, è stata portata avanti dal personale medico sotto una condizione di fortissimo stress, dovuta in gran parte al dialogo conflittuale che si è aperto con le istituzioni.

A maggio – come racconta Al Jazeera – l’Egyptian Medical Syndicate aveva avvertito sulla possibilità di collasso totale a cui stava andando incontro il sistema sanitario. In pratica, il sindacato egiziano aveva accusato il governo di essere irresponsabile. E questo perché era stata rilevata una certa negligenza, una mancanza di azione nei confronti del personale medico. Tutto ciò a causa delle crescenti infezioni e morti tra gli operatori sanitari. E il Ministro della Salute Hala Zayed si era difesa dicendo che il governo stava cercando di fornire la migliore assistenza possibile.   

Stampa egiziana

Successivamente, è stato il Primo Ministro Mostafa Madbouly a rendere ancora più rovente il dibattito. Perché con i suoi commenti ha praticamente accusato i medici di essere responsabili del peggioramento della situazione epidemiologica del Paese. Colpevoli a suo dire, di essere assenti in alcuni governatorati del Paese – così Egyptian Streets.

Ahram Online invece, sottolinea alcuni impegni sostenuti dall’area di governo. Poco tempo fa, si è svolto il sesto appuntamento del Forum regionale per l’assicurazione medica e l’assistenza sanitaria, un evento organizzato proprio per affrontare le sfide assistenziali dell’Egitto. Questo congresso, predisposto con il patrocinio del Ministro della Salute, ha avuto l’obiettivo di integrare gli sforzi del settore pubblico e privato per promuovere la trasformazione digitale della sanità egiziana, in particolare nel campo dell’assicurazione medica: un modo per rimarcare le riforme che l’Egitto vuole portare avanti. Inoltre, il Ministero della Cooperazione Internazionale ha reso noto che negli ultimi mesi l’Egitto ha beneficiato di 500 milioni di dollari per il finanziamento del settore sanitario per combattere il Covid. Una notizia che ha lo scopo di far sapere che l’Egitto si è coordinato con le istituzioni finanziarie internazionali – tra cui la Banca Mondiale, USAID e AFD – per portare supporto fondamentale al proprio sistema sanitario. Ciò nonostante, i malumori interni sono sempre più forti.

Stampa statunitense

In Egitto la pandemia di coronavirus ha offerto al Presidente Al-Sisi la possibilità di mostrare le profonde riforme sanitarie che aveva promesso nel 2014, all’inizio della sua presidenza. Riforme che tuttavia non sono state mai attuate. Infatti, la pandemia ha esposto le debolezze croniche di cui soffre l’Egitto.

The New York Times ricorda come nei primi mesi della crisi, gli ospedali egiziani sovraccarichi hanno lottato duramente per far fronte all’emergenza. Molti medici arrabbiati hanno scioperato e coloro che hanno osato criticare gli sforzi del governo sono stati incarcerati. Il Paese ha raggiunto presto uno dei più alti tassi di mortalità nel mondo arabo. Al-Sisi anziché finanziare e potenziare quindi il sistema sanitario che stava precipitosamente scivolando verso il baratro, ha stanziato ingenti finanziamenti – 12 miliardi di $ – per accordi militari per l’acquisto di armi per navi e aerei da guerra.

Nel corso dei mesi, si è visto come l’Egitto non sia stato colpito tanto quanto l’Europa o gli Stati Uniti d’America. Infatti, si contano 109.000 casi e 6.380 morti ad oggi (numero registrato al momento della stesura dell’articolo 14/11/2020). Tuttavia, il numero dei test rimane sorprendentemente basso, il che significa che un gran numero di casi probabilmente non viene rilevato. Gli esperti di salute si mostrano preoccupati perché questo approccio sta dando alla popolazione egiziana un falso senso di sicurezza.

La fragilità del sistema sanitario pubblico egiziano sottofinanziato, esposto nei primi giorni della pandemia, mette in evidenza un elemento centrale del duro governo del Presidente Al-Sisi: un sistema di privilegi a più livelli che perpetua la disuguaglianza e premia un esercito potente, a discapito di una popolazione sempre più impoverita.

Stampa turca

A fine maggio scorso, il quotidiano turco Daily Sabah ha dedicato una serie di articoli alla situazione che stava vivendo il sistema sanitario pubblico egiziano. In quel periodo si parlava già di un “collasso completo” del sistema sanitario del Paese. Infatti, il principale sindacato medico egiziano, l’Egyptian Medical Syndicate che conta più di 230.000 membri, aveva accusato il Ministero della salute di negligenza nel non aver adottato le misure adeguate per proteggere gli operatori sanitari dal coronavirus. Inoltre, il sindacato aveva affermato che il collasso del sistema sanitario avrebbe comportato gravi danni per l’intero paese.

Chiara Aveni e Gaia Natarelli

FONTI:
Egypt under fire over coronavirus deaths among healthcare workers disponibile su https://www.aljazeera.com/news/2020/5/25/egypt-under-fire-over-coronavirus-deaths-among-healthcare-workers, consultato il 14/11/2020

Egypt obtained $500m in finance for the health sector in eight months to fight Covid-19: Minister disponibile su http://english.ahram.org.eg/NewsContent/3/12/378700/Business/Economy/Egypt-obtained-m-in-finance-for-the-health-sector-.aspx, consultato il 14/11/2020

Egypt to host 6th round of medical insurance, healthcare forum Sunday disponibile su http://english.ahram.org.eg/NewsContent/3/12/388014/Business/Economy/Egypt-to-host-th-round-of-medical-insurance,-healt.aspx, consultato il 14/11/2020

Egypt’s Medical Syndicate slams PM’s statement ‘blaming’ doctors for covdi-19 deaths disponibile su https://egyptianstreets.com/2020/06/24/egypts-medical-syndicate-slams-pms-statement-blaming-doctors-for-covid-19-deaths/, consultato il 14/11/2020

In Egypt, the government prioritizes its military over the pandemic disponibile su https://www.nytimes.com/2020/11/11/world/in-egypt-the-government-prioritizes-its-military-over-the-pandemic.html, consultato il 14/11/2020

Sisi Promised Egypt Better Health Care. Virus Exposed His True Priority disponibile su https://www.nytimes.com/2020/11/11/world/middleeast/egypt-sisi-coronavirus-healthcare.html, consultato il 14/11/2020

Egypt’s health system on verge of ‘collapse,’ says top medical union disponibile su https://www.dailysabah.com/world/mid-east/egypts-health-system-on-verge-of-collapse-says-top-medical-union, consultato il 14/11/2020

Egypt’s govt under fire over COVID-19 deaths among health care workers disponibile su https://www.dailysabah.com/world/mid-east/egypts-govt-under-fire-over-covid-19-deaths-among-health-care-workers, consultato il 14/11/2020

Egypt fails to cope with COVID-19 under el-Sissi’s regime disponibile su https://www.dailysabah.com/world/mid-east/egypt-fails-to-cope-with-covid-19-under-el-sissis-regime, consultato il 14/11/2020

At least 58 doctors reported dead due to COVID-19 in Egypt disponibile su https://www.dailysabah.com/world/africa/at-least-58-doctors-reported-dead-due-to-covid-19-in-egypt, consultato il 14/11/2020

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Vertice europeo sulla sicurezza: “Rafforziamo i confini”. Ma l’Italia non c’è.

Stampa tedesca

I leader dell’Unione Europea hanno chiesto maggiore sicurezza alle frontiere dell’Unione a seguito degli attacchi terroristici islamici, che si sono rivelati mortali sia in Francia sia in Austria. Il Presidente francese Emmanuel Macron ha chiesto una “risposta rapida e coordinata”.

Deutsche Welle riporta le proposte avanzate da alcuni leader europei durante un colloquio svoltosi a Parigi martedì scorso. Perché proprio Parigi? Perché nelle scorse settimane la Francia ha subito diversi attacchi di matrice terroristica nel tuo territorio. L’incontro è stato ospitato a Parigi dal Presidente Emmanuel Macron e dal cancelliere austriaco Sebastian Kurz, i cui paesi hanno entrambi subito attacchi terroristici islamici recentemente. Sono stati raggiunti digitalmente dalla Cancelliera tedesca Angela Merkel, dal Primo Ministro olandese Mark Rutte, dalla Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e dal Presidente del Consiglio europeo Charles Michel. Nel corso di questo incontro virtuale il Presidente francese ha affermato che ogni interruzione della sicurezza alla frontiere esterne o in un Paese membro rappresenta un rischio per la sicurezza di tutti gli Stati membri. La Cancelliera ha aggiunto che è di fondamentale importanza sapere chi entra e chi esce dallo spazio Schengen.

Una settimana fa un uomo che in passato aveva provato ad imbracciare le armi all’interno dello Stato Islamico ha sparato ed ucciso quattro persone a Vienna. Lo scorso mese in Francia, un estremista islamico ha ucciso tre persone in una chiesa a Nizza, mentre un altro estremista ha decapitato un insegnante nei pressi di Parigi dopo che il docente aveva mostrato delle vignette sul Profeta Maometto. Infine, le autorità tedesche hanno ritenuto un accoltellamento avvenuto nella città di Dresda come un attacco estremista islamista. Gli attacchi hanno galvanizzato le richieste nei rispettivi Paesi di un rafforzamento della repressione dell’estremismo islamico e dei controlli alle frontiere esterne dell’Unione Europea.

The Local sottolinea come il leader francese si sia soffermato sul tema del diritto di asilo in Europa. Macron ha infatti asserito che in Europa si sta assistendo ad un abuso del diritto di asilo da parte di trafficanti, organizzazioni criminali o persone provenienti da Paesi che non sono in stato di guerra. Macron ha fatto riferimento alla questione del diritto d’asilo perché la sparatoria nel cuore della capitale austriaca è avvenuta per mano di un cittadino austro-macedone, la decapitazione dell’insegnante vicino a Parigi è stata ad opera di un islamista radicale ceceno e l’attacco nella chiesa di Nizza è stato effettuato da un tunisino.

Stampa francese

Il Presidente francese Emmanuel Macron ha invitato martedì all’Eliseo il Cancelliere austriaco Sebastian Kurz, per un pranzo di lavoro. Più tardi in videoconferenza, si sono uniti la Cancelliera tedesca Angela Merkel, il Primo ministro dei Paesi Bassi Mark Rutte, nonché il Presidente del Consiglio Europeo Charles Michel e la Presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen. Argomento del mini-vertice europeo: la lotta al terrorismo. Questione che ha ripreso nuovamente vigore in seguito ai recenti attentati che hanno colpito la Francia e l’Austria.

La Croix rivela che in realtà Macron avrebbe dovuto recarsi in Austria lunedì 9 novembre, ma alla fine è stato il Cancelliere Kurz a fare il viaggio per giungere a Parigi. Dunque, i leader hanno discusso della necessità di un programma congiunto per combattere la minaccia terroristica sul continente, partendo dal fatto che gli ultimi episodi hanno riconfermato una certa dimensione europea. Essa è stata resa ancor più evidente dall’attacco di Vienna, nel momento in cui è stato scoperto che il terrorista, prima di agire, aveva incontrato un gran numero di persone, provenienti dalla Germania e dalla Svizzera, appartenenti al movimento islamista. 

Questa “risposta rapida e coordinata” per il Presidente francese, deve riguardare in particolare lo sviluppo di banche dati comuni, lo scambio di informazioni, il rafforzamento delle politiche penali e l’attuazione completa dell’arsenale di misure che l’Europa ha già acquisito, così L’Express. Tra le priorità elencate, quella del completamento della disciplina PNR – il sistema che regola il trasferimento dei dati sui passeggeri raccolti dai vettori aerei, alle autorità di contrasto degli Stati membri – che dovrebbe puntare a implementare il rapido collegamento dei diversi database.

In buona sostanza – spiega Le Figaro – Macron ha denunciato l’abuso del diritto d’asilo che viene commesso in tutti i Paesi europei da parte di reti e trafficanti. Per questa ragione, il Presidente francese ha rinnovato la sua richiesta di una profonda e rapida revisione dell’area Schengen, che deve indirizzarsi verso il rafforzamento delle frontiere esterne. È importante cioè “guardare lucidamente ai legami” che esistono tra i fenomeni dell’immigrazione clandestina e del terrorismo. E a tal proposito ha ricordato che l’attacco commesso nelle Alpi Marittime è stato compiuto da un migrante tunisino che era sbarcato a Lampedusa. Il Presidente ha inoltre auspicato la creazione di “un vero Consiglio di Sicurezza Interna”, ossia una sorta di consiglio congiunto dei Ministri dell’Interno.

Le Monde invece, ha reso noto che la presidenza tedesca dell’Unione ha elaborato un progetto di testo specificatamente orientato a contrastare la propaganda islamista online, per garantire un accesso più rapido ai sistemi di messaggistica crittografata. Il testo iniziale menzionava inoltre la necessità di “proteggere gli europei dall’islamismo”. Questa formula è stata prontamente rivista. In una seconda versione, infatti, è stato chiarito che la lotta al terrorismo “non è diretta contro l’islam ma contro l’estremismo fanatico e violento”. Per di più, se tale testo dovesse essere approvato, verrà chiesto a coloro che hanno ottenuto il diritto di asilo, di compiere degli ‘sforzi attivi’, come conformarsi ai valori europei e imparare la lingua del Paese ospitante. Ma molti esperti ammoniscono: una migliore applicazione delle regole di Schengen consentirebbe sicuramente di fronteggiare meglio le minacce, tuttavia la loro messa in discussione, ridurrebbe la responsabilità condivisa degli Stati, e quindi si limiterebbe la capacità generale di smantellare le cellule terroristiche.

Sicuramente è stato notato che l’Italia è rimasta estromessa dalle discussioni. Anche se Macron si è detto determinato a condividere nei prossimi giorni le sue volontà con tutti gli altri colleghi europei, per poter avanzare velocemente sulla questione. Non a caso, il dossier sul terrorismo è in cima all’agenda dei leader europei per il prossimo incontro che si terrà il 10 e l’11 dicembre. Eppure, questa ennesima riunione organizzata da Macron ha sottolineato sia come il Presidente francese prediliga coordinare incontri ufficiosi con i vertici europei, sia come l’Italia non appartenga alla cerchia ristretta dei suoi interlocutori privilegiati. 

Chiara Aveni e Gaia Natarelli

FONTI:
Islamisme: Macron appelle à «regarder lucidement les liens qui existent» entre immigration clandestine et terrorisme disponibile su https://www.lefigaro.fr/politique/islamisme-macron-appelle-a-regarder-lucidement-les-liens-qui-existent-entre-immigration-et-terrorisme-20201110, consultato l’11/11/2020

L’Union européenne veut «accélérer» les projets visant à lutter contre le terrorisme disponibile su https://www.lemonde.fr/international/article/2020/11/10/l-union-europeenne-veut-accelerer-les-projets-visant-a-lutter-contre-le-terrorisme_6059299_3210.html, consultato l’11/11/2020

Macron appelle à “une réponse rapide et coordonnée” contre le terrorisme (mini-sommet européen) disponibile su https://www.lexpress.fr/actualites/1/societe/macron-appelle-a-une-reponse-rapide-et-coordonnee-contre-le-terrorisme-mini-sommet-europeen_2138374.html, consultato l’11/11/2020

Un mini-sommet européen contre le terrorisme islamiste disponibile su https://www.la-croix.com/Monde/mini-sommet-europeen-contre-terrorisme-islamiste-2020-11-10-1201123870, consultato l’11/11/2020

EU weighs tighter border controls after Paris terrorism summit disponibile su https://www.dw.com/en/eu-weighs-tighter-border-controls-after-paris-terrorism-summit/a-55553916, consultato l’11/11/2020

European Union mulls tighter external borders in fight against terror attacks disponibile su https://www.thelocal.de/20201110/european-union-mulls-tighter-borders-in-jihadist-fight, consultato l’11/11/2020

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Caos elezioni in USA?
In Russia c’è chi sorride: è la prova che la democrazia liberale non funziona

Stampa statunitense

Sabato 7 novembre è stato annunciato il nome del vincitore delle elezioni presidenziali. Il democratico Joe Biden, 77 anni, è il “presidente eletto”. Ma per il momento, il “presidente in carica” resta Trump. Il quale, non contento dei risultati elettorali, è pronto a ingaggiare una battaglia legale per avanzare ricorso. Quali saranno allora i successivi passaggi dell’evoluzione elettorale?

L’elezione formale del 46° Presidente degli Stati Uniti d’America è prevista per il prossimo 14 dicembre. Per ora infatti, ci sono solamente il conteggio dei voti e la nomina dei grandi elettori, Stato per Stato. E finalmente, l’insediamento alla Casa Bianca del nuovo capo di Stato, avverrà come da consuetudine normativa il 20 gennaio, dopo la tradizionale cerimonia del giuramento a Capitol Hill. Ciò significa che prima dell’Inauguration Day, Trump sarà ancora in carica, seppure con i poteri ridimensionati. Non a caso, nel linguaggio politico americano il presidente uscente è definito «lame duck», ovvero anatra zoppa.

Tuttavia l’attuale inquilino della Casa Bianca dice di non voler mollare la presa e minaccia ricorsi contro presunte irregolarità nelle procedure elettorali e nel conteggio dei voti. Una situazione oggettivamente sempre più instabile con il passare dei giorni. La democrazia garantisce il diritto di appellarsi in caso di sospetti illeciti durante le elezioni. In questa circostanza atipica le ripercussioni non sono state circoscritte ai confini statunitensi ma hanno avuto un impatto internazionale.  

Infatti vediamo come The New York Times focalizzi l’attenzione sulle ripercussioni di queste elezioni all’estero. In particolar modo si occupa di un Paese che è stato spesso chiamato in causa con l’approssimarsi del giorno del voto: la Russia. Questa attenzione specifica è dovuta al fatto che poche settimane prima del voto l’intelligence americana aveva segnalato la presenza di un’attività sospetta in rete da parte del Cremlino. Infatti, proprio l’intelligence statunitense aveva sostenuto che il Cremlino stesse operando in rete con il fine di diffondere disinformazione e fake news per interferire nelle elezioni presidenziali.

All’indomani delle elezioni, in Russia si è scatenato un dibattito particolarmente acceso circa il fatto che il panorama politico russo, strettamente programmato, possegga dei vantaggi unici rispetto alla democrazia americana. Infatti, da un lato, per i sostenitori del Presidente russo Vladimir Putin, le affermazioni del Presidente Trump di diffuse frodi elettorali rappresentano forse la prova, o la conferma, migliore che la democrazia è la “ricetta per il disastro”, parole riportate da CBS News. Dall’altro lato, gli oppositori di Trump affermano che l’assoluta imprevedibilità e la sfumatura del caos che circonda le elezioni più significative del mondo sottolineano proprio la grandezza di un sistema libero e democratico. Il mondo in cui i russi interpretano il processo elettorale quest’anno è cruciale e gli alleati di Putin ne sono consapevoli. Gli attivisti pro-democrazia in Russia temono che l’indebolimento delle istituzioni americane da parte di Trump possa minare gli ideali liberali nei loro paesi ed a contribuire a giustificare l’autoritarismo del Governo russo. Infatti, si può affermare che la democrazia in Russia è rimasta soltanto sulla carta giacché Putin ha provveduto ad eliminare le libertà democratiche più di venti anni fa. Generalmente i candidati dell’opposizione non riescono mai a vincere le elezioni.

U.S.News & World Report riporta la dichiarazione del servizio di notizie di Stato in lingua russa, Tass: “è ormai chiaro che le fondamenta profonde della democrazia americana, compreso lo slogano più orgoglioso della sua propaganda -sullo stato di diritto e di ordine del paese- vengono messa alla prova”. U.S.News & World Report inoltre riporta l’affermazione del Partito Comunista cinese in un editoriale su un servizio di notizie statale, nel quale i portavoce del Partito hanno dichiarato che la Cina percepisce queste elezioni come la fine del sistema di governo americano.

Stampa inglese

Le elezioni presidenziali statunitensi sono tra gli eventi che attirano il maggior interesse globale possibile, e questa volta l’attesa sembra essere davvero infinita. Questa lotta combattuta fino all’ultimo respiro ha acquisito particolarmente vigore in forza della retorica appassionata che è stata improntata dai due candidati, soprattutto da quello repubblicano. E mentre si sferrano colpi continui, il mondo sta a guardare. In modo particolare in Russia, gli alleati del Cremlino hanno colto l’opportunità offerta da questo momento per mantenere vivo il confronto con gli Stati Uniti, dichiarando che il quadro travagliato delineato da queste elezioni mostra di per sé i limiti degli ideali liberali.

 “Stiamo continuando a seguire il delirio” così ha dichiarato un conduttore del canale televisivo Rossiya 24 che – come riportato dalla BBC – ha offerto una copertura totale sulle elezioni.

Reuters ha invece comunicato le dichiarazioni di Vyacheslav Nikonov, che ha consigliato ai russi di fare scorta di popcorn per assistere allo spettacolo che si stava preparando. “I risultati elettorali sono i peggiori per l’America” ha proseguito, poiché “non importa chi vince in tribunale, metà degli americani non considererà il Presidente legittimo”.

Non solo Russia, anche alcune testate britanniche si sono spinte verso una pesante critica nei confronti di queste elezioni. La linea più dura fino a ora, è sicuramente quella che è emersa dal quotidiano The Guardian. Innanzitutto, è stato ripreso l’episodio della conferenza stampa di Ratcliffe – che è stato raccontato in un articolo del 26 ottobre della nostra rubrica – in cui Iran e Russia erano state accusate di gravi interferenze nella campagna elettorale, per dire che in realtà la più grande fonte di disinformazione di queste elezioni è stata proprio la Casa Bianca. Su questa linea si è esposta Claire Wardle, direttore esecutivo del gruppo ‘First Draft’ impegnato nella lotta alla disinformazione, la quale ha affermato: “i media sono ossessionati dai russi sotto al letto, ma avere il Presidente degli Stati Uniti che dice alla gente negli Stati Uniti di non potersi fidare dei risultati delle elezioni – Putin poteva solo sognare quel genere di cose”. 

E ancora, in un lungo articolo di opinione firmato da Corey Brettschneider, professore di scienze politiche alla Brown, emerge una osservazione ancora più severa. In pratica, l’autore scrive che nel frangente dei risultati di queste elezioni, Donald Trump ha mostrato tutte le sue ambizioni autoritarie. Ha lanciato un attacco al sistema democratico nel momento più fragile della sua storia recente. I suoi messaggi di vittoria e di frode, inviati dalle piattaforme dei social media senza passare attraverso la narrazione delle rispettabili testate giornalistiche, arrivano direttamente alla base, minando la fiducia da parte dei cittadini nei risultati finali e, seminando discordia e violenza. Per questi motivi, tale periodo sta affermando inevitabilmente un’erosione nella fede verso i principi fondamentali della democrazia americana.

Stampa russa

Ad ogni modo, The Moscow Times racconta che non tutti i personaggi di spicco della scena russa sono stati concordi nella stessa chiave di lettura con cui è stato interpretato il processo elettorale americano. Per esempio Vladimir Žhirinovsky, leader del Partito Liberal-Democratico, ha affermato che nonostante Biden otterrà molti voti, il vincitore sarà comunque Trump perché ha fatto di più per gli americani rispetto a qualsiasi altro Presidente prima di lui.

Chiara Aveni e Gaia Natarelli

FONTI:
U.S. Election Is a High-Stakes Political Struggle. In Russia. Disponibile su https://www.nytimes.com/2020/11/05/world/europe/russia-media-us-election-trump-biden.html, consultato il 07/11/2020


China, Russia Delight in U.S. Election Uncertainty disponibile su https://www.usnews.com/news/elections/articles/2020-11-04/china-russia-delight-in-us-election-uncertainty, consultato il 07/11/2020


Russia publicly frets over U.S. election uncertainty, but likely relishes it disponibile su https://www.cbsnews.com/news/russia-publicly-frets-over-us-election-uncertainty-but-likely-relishes-it/, consultato il 07/11/2020


‘More divided than ever’: Russia reacts to U.S. election disponibile su https://www.themoscowtimes.com/2020/11/04/more-divided-than-ever-russia-reacts-to-us-election-a71950, consultato il 07/11/2020

As America counts, the world holds its breath for U.S. election outcome disponibile su https://www.reuters.com/article/us-usa-election-global-reaction/as-america-counts-the-world-holds-its-breath-for-u-s-election-outcome-idUSKBN27K1LN, consultato il 07/11/2020

US election 2020: how the world is reacting to knife-edge vote disponibile su https://www.bbc.com/news/election-us-2020-54808504, consultato il 07/11/2020

‘Putin could only dream of it’: how Trump became the biggest source of disinformation in 2020 disponibile su https://www.theguardian.com/us-news/2020/nov/02/trump-us-election-disinformation-russia, consultato il 07/11/2020

Don’t underestimate the threat to American democracy at this moment disponibile su https://www.theguardian.com/commentisfree/2020/nov/04/american-democracy-election-threat-trump, consultato il 07/11/2020

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Attacco jihadista nel cuore dell’Europa. Prima la Francia, ora Vienna… è cominciata un’altra ondata di attentati?

Stampa statunitense

Nella giornata del 2 novembre scorso, il cuore di Vienna è stato colpito da un attacco di matrice jihadista, come rivendicato dall’ISIS. Secondo la ricostruzione del The New York Times, l’attacco è iniziato nei pressi della sinagoga della città quando il primo e forse unico attentatore, equipaggiato con una finta cintura esplosiva, un fucile automatico, una pistola e un machete, ha esploso più di un centinaio di colpi in ogni direzione. Non è ancora chiaro quanti fossero gli attentatori, perché i testimoni hanno riferito di aver sentito più colpi provenire da varie direzioni, il che ha fatto supporre in un primo momento che l’attentatore non agisse da solo.

Cinque persone sono morte, quattro civili e uno degli aggressori, mentre i feriti ammontano a 22. Questo è il bilancio dell’”attacco d’odio” come descritto dal cancelliere austriaco Sebastian Kurz, in un discorso alla nazione, specificando che si è trattato di un attacco terroristico. La CNN sottolinea come le immagini registrate sia dalle telecamere di sorveglianza installate dove è avvenuta la strage sia dai cellulari dei testimoni mostrano i passanti correre alla ricerca di un rifugio tra le strade del quartiere preso d’assalto. Queste immagini ricordano gli attacchi di matrice terroristica che negli ultimi anni si stanno verificando sempre con maggiore frequenza nelle principali città europee. Infatti, la scorsa settimana a Nizza si è verificato un nuovo attacco di matrice jihadista presso la cattedrale di Notre Dame: tre persone sono state uccise e l’attentatore è stato arrestato dalla polizia.

Il ministro dell’Interno Nehammer ha confermato che il terrorista ucciso era un “simpatizzante dello Stato islamico radicalizzato”. Fejzulai Kujtim – questo il nome dell’attentatore – aveva 20 anni ed era già stato condannato a quasi 2 anni di carcere nel 2019 per aver tentato di recarsi in Siria e di entrare nella schiera dei combattenti dello Stato islamico. Era stato rilasciato in anticipo perché rientrava in un regime privilegiato previsto dalla legge a tutela dei giovani. L’attentatore aveva doppia cittadinanza: austriaca e macedone. Era nato e cresciuto a Vienna ma di etnia albanese poiché la famiglia è originaria della Macedonia del Nord, così riporta Abc News.

“È un attacco motivato dall’odio: l’odio per i nostri valori, per il nostro stile di vita, per la nostra democrazia dove tutte le persone hanno eguali diritti e dignità […] È chiaro che non ci faremo intimidire dai terroristi. Questa è una battaglia tra la civilizzazione e le barbarie, noi combatteremo questa battaglia con piena determinazione”. Queste sono le parole di Kurz che hanno accompagnato la diffusione della notizia dell’attentato nella capitale. The Washington Post riporta il tweet del Presidente francese Emmanuel Macron. Subito dopo la strage Macron ha scritto su Twitter un messaggio di solidarietà nei confronti degli austriaci affermando di condividere lo shock e la tristezza dopo l’attacco nella capitale austriaca: “È un paese amico quello sotto attacco. Questa è la nostra Europa. I nostri nemici devono sapere con chi hanno a che fare. Non cediamo”. 

Stampa inglese

Ciò che è accaduto a Vienna ha stimolato nuove riflessioni sulla minaccia jihadista in Europa.

Le squadre investigative della capitale austriaca, dopo l’attacco terroristico che ha causato la morte di alcuni cittadini e provocato diversi feriti, stanno lavorando per capire se altre persone sono coinvolte nella pianificazione e nella conduzione dell’atto violento – così il Financial Times. Infatti, il Ministro dell’Interno Karl Nehammer ha specificato che non è ancora chiaro se l’attentatore abbia agito da solo. Il Presidente francese Emmanuel Macron ha subito espresso la sua vicinanza alla nazione austriaca, dichiarando inoltre, che l’Europa sarà intransigente. Queste parole d’altronde, arrivano in un momento delicato anche per la Francia, dopo l’attentato avvenuto a Nizza pochi giorni or sono.

La BBC precisa che ora il livello di minaccia terroristica in Francia è alto. E l’esplosione di questa violenza islamista è in qualche modo, secondo il quotidiano britannico, più spaventosa rispetto alle ultime ondate di aggressività del 2015. Questo a causa della logica istantanea di azione-risposta, dello sfondo inquietante rappresentato dall’emergenza Covid e, soprattutto, dalla scelta precisa delle vittime, come testimoniato anche dalla decapitazione dell’insegnante Samuel Paty. Un preciso atto simbolico.

Tornando agli episodi di Vienna, sempre la BBC racconta che è stata messa in atto un’importante operazione antiterrorismo. Difatti, l’incidente è iniziato intorno alle 20.00 nei pressi della sinagoga in Seitenstettengasse e già alle 20.09 l’autore è stato colpito a morte. Polizia e forze speciali sono dunque arrivate sulla scena immediatamente. Il responsabile, è stato identificato come un terrorista islamista che aveva avuto una precedente condanna per associazione terroristica. Era stato rilasciato in anticipo a dicembre, dopo essere stato incarcerato per 22 mesi a seguito del suo sprovveduto tentativo di raggiungere la Siria per unirsi ai combattenti dello Stato Islamico.

Tra il 2012 e il 2017 l’Europa attraversava il suo periodo più buio della sfida estremista. In questi giorni dunque, ci si sta chiedendo se gli attentati delle ultime settimane siano il presagio di una nuova ondata di violenza terroristica. The Guardian ammonisce i suoi lettori: la diminuzione degli attacchi non esprime una distruzione della minaccia.

Più esattamente, in quegli anni critici, dopo la rivendicazione degli atti da parte dell’ISIS – allora al culmine del suo potere – si cercava di capire se i simpatizzanti europei autori dei reati, fossero stati guidati o semplicemente ispirati dallo Stato Islamico. Anche oggi, le tragedie più recenti stanno riproponendo lo stesso schema di analisi. I funzionari dell’antiterrorismo dicono che è troppo presto per stabilire fino a che punto i recenti attacchi siano opera di alti leader dello Stato Islamico. È importante però tenere ben presente il fenomeno della radicalizzazione, che a volte risulta caratterizzata da un estremo dinamismo. L’Austria, per esempio, fino a questo momento era stata risparmiata dalla peggiore violenza, ma non dal fenomeno della radicalizzazione tra i giovani delle comunità musulmane, le quali spesso risultano isolate dal resto della società. I ‘lupi solitari’ che agiscono realmente da soli sono davvero pochi – prosegue il quotidiano. Nel caso di Vienna, ci sono rapporti secondo cui l’autore aveva comunicato all’inizio della giornata con due contatti per inviare una sorta di propaganda jihadista. Pertanto, sono ancora molti i dubbi che ruotano attorno alle dinamiche degli ultimi attacchi, e ovviamente, solo le successive indagini potranno fornire delle risposte. In buona sostanza, occorre precisare che ci sono diverse prove di continui tentativi, anche se sporadici, di condurre potenziali aggressori da parte dell’ISIS in Europa. Non a caso, in Spagna e in Polonia ci sono stati diversi arresti su questo fronte. Ha spiegato Gilles de Kerchove, coordinatore antiterrorismo dell’UE, che diverse condizioni sono cambiate rispetto a prima, soprattutto bisogna dire che oggi sono migliorate le capacità europee di individuare e smantellare i complotti terroristi. Basterà questo a fermare una possibile nuova impennata di violenza?

Chiara Aveni e Gaia Natarelli

FONTI:

Vienna shooting: what we know about ‘Islamist terror’ attack disponibile su https://www.bbc.com/news/world-europe-54798508, consultato il 04/11/2020

France attack: three killed in ‘Islamist terrorist’ stabbings disponibile su https://www.bbc.com/news/world-europe-54729957, consultato il 04/11/2020

Does Vienna attack signal new wave of jihadist terrorism? disponibile su https://www.theguardian.com/world/2020/nov/03/does-vienna-attack-suggest-a-return-to-terrorist-violence, consultato il 04/11/2020

Army deployed after Vienna hit by terror attack disponibile su https://www.ft.com/content/25b36ad7-ebde-4491-9246-cde1417e8a5c, consultato il 04/11/2020

Terrorist Shooting in Capital of Austria, disponibile su https://www.nytimes.com/2020/11/02/world/europe/vienna-shooting.html, consultato il 03/11/2020

Vienna on high alert as police raid gunman’s house with explosives after terror attack, disponibile su https://edition.cnn.com/2020/11/02/europe/vienna-shooting-intl/index.html, consultato il 03/11/2020

Vienna gun attack by Islamic State sympathizer shatters an evening of revelry, disponibile su https://www.washingtonpost.com/world/europe/austria-attacks-gunman-islamic-state/2020/11/03/cbb4e6ec-1d6f-11eb-ad53-4c1fda49907d_story.html, consultato il 03/11/2020

At least 4 dead, 15 wounded in ‘apparent terrorist attack’ in Vienna: Police disponibile su https://abcnews.go.com/International/persons-injured-vienna-shooting-police/story?id=73977726, consultato il 03/11/2020

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La pesca “affonda” la Brexit?
Il divorzio dal continente inciampa in un ostacolo imprevisto

Stampa inglese

Perché la pesca è così importante nei negoziati commerciali sulla Brexit? Lo chiarisce la BBC.

Il Regno Unito ha lasciato l’Unione Europea il 31 gennaio, tuttavia ci sono ancora alcune norme vincolanti che lo tengono legato al contesto europeo. Una di queste è la politica comune della pesca (PCP), che dovrebbe pesare sugli interessi britannici fino alla fine di quest’anno. Per la precisione, la politica comunitaria consente alle flotte pescherecce dei vari Stati membri di accedere alle acque del Paese, a parte le prime 12 miglia nautiche dalla costa. Ecco perché i sostenitori della Brexit vedono la pesca come il simbolo di quella sovranità che verrà riconquistata. Ma l’UE vuole che l’accesso da parte delle sue imbarcazioni continui a essere garantito. Per questo motivo, i diritti acquisiti sulla gestione della pesca rappresentano una importante questione in sospeso nei negoziati. Complessivamente, oltre il 60% del tonnellaggio proveniente dalle acque britanniche viene raccolto dagli altri Paesi. Cioè, la maggior parte del pescato viene esportato e, circa i tre quarti venduti all’interno dell’UE. Con l’uscita dall’Unione, secondo il diritto internazionale, il Regno Unito diventando ‘Stato costiero indipendente’ potrà controllare la sua zona economica esclusiva (ZEE), che si allunga fino a 200 miglia nautiche nel Nord Atlantico. Quando un Paese è invece membro dell’UE, la propria ZEE è gestita appunto in modo congiunto assieme agli altri membri, proprio perché è considerata una risorsa comune. Inoltre, non si tratta solo di esercitare il controllo su chi può pescare nelle proprie acque, ma anche di dove si può pescare e verso quale luogo il pesce può essere venduto.

The Guardian spiega come la dimensione economica dell’industria della pesca nel Regno Unito rappresenti lo 0,1% dell’intera economia; ciò nonostante per le comunità costiere questa attività è vitale. Un esempio è fornito dalla città di Brixham, nel sud del Devon, che vanta la sua storia di pesca già dal XIV secolo. Brixham è diventata il centro più importante del mercato britannico in termini di valore del pesce venduto e, oltre il 70% del suo pescato viene esportato in Francia, Belgio, Paesi Bassi e Spagna. L’UE è dunque il suo principale cliente. Ma – prosegue il quotidiano – il settore della pesca è indubbiamente in contrazione e molti ritengono che l’adesione all’UE sia la causa principale di questo declino. Infatti, secondo i dati del governo, i pescherecci europei catturano fino a otto volte di più nelle acque del Regno Unito rispetto ai pescatori britannici nelle acque europee.

Una successiva lettera di opinione, indirizzata al giornale britannico e pubblicata prontamente pochi giorni fa, chiarisce ulteriormente le dinamiche di tale peggioramento. In pratica, alla fine degli anni Ottanta, furono messe a disposizione alcune sovvenzioni dall’Europa per l’ammodernamento delle barche e delle attrezzature delle comunità dei pescatori. Tali sussidi, dovevano essere ad ogni modo erogati dai governi nazionali, e il Regno Unito non lo fece. Come conseguenza di tutto ciò, i pescatori britannici, non riuscendo a competere con l’efficienza dei pescherecci più moderni, vendettero le loro quote alle società di pesca francesi, olandesi o spagnole, per preservare gli stock ittici. Così si è espressa Veronica Hardstaff.

Stampa statunitense

Il tempo stringe. La Gran Bretagna sarà ufficialmente fuori dall’Unione Europea il 1° gennaio 2021, ossia tra poco meno di due mesi. Il Primo ministro Boris Johnson si trova ad affrontare una questione inaspettatamente complessa: il diritto dei Paesi comunitari di pescare nelle acque territoriali britanniche dopo l’uscita dall’UE. Politics sottolinea come questa questione possa potenzialmente mettere a rischio l’intera negoziazione post Brexit. Il tutto trova la sua origine nel lontano 1973, quando Londra concesse il diritto ai Paesi limitrofi di pescare nelle sue acque. Questo diritto trova la sua origine nell’entrata della Gran Bretagna nell’antenata dell’attuale Unione Europea, la Comunità Economica Europea.

Come riporta The New York Times, nonostante il mercato del pesce contribuisca per meno dello 0,5% del PIL nazionale, esso si è costruito nel corso degli anni delle solide fondamenta politiche, che sembrano inaspettatamente rappresentare l’ago della bilancia nel dibattito sull’addio all’Europa.

The Washington Post ricorda comeil governo di Boris Johnson ha ad oggi la responsabilità di gestire nelle modo più diplomatico e corretto possibile il rapporto con i cinque Stati europei più interessati alla possibilità di pescare nelle acque britanniche del canale della Manica, del mare del Nord e dell’oceano Atlantico: Francia, Irlanda, Danimarca, Belgio ed Olanda. Per la Danimarca in particolare, le decisioni che verranno prese nel breve futuro determineranno la sopravvivenza di un settore vitale per l’economia del Paese. Ma è la Francia di Macron il paese più deciso a raggiungere a breve degli accordi vincolanti. Infatti il Presidente francese chiede espressamente che dopo il 1° gennaio 2021 non ci siano più limitazioni all’accesso di pescherecci UE in acque britanniche, altrimenti ogni altro accordo con Londra perderà la sua valenza, spiega Foreign Policy.

Sono forse queste le premesse per una “guerra del pesce” tra Gran Bretagna ed Unione Europea? Non è ben chiaro chi abbia il coltello dalla parte del manico, ma le economie di entrambe dipendono l’una dall’altra. Quindi il rapido raggiungimento di un accordo è nell’interesse di tutti.

Chiara Aveni e Gaia Natarelli

FONTI:

Brixham’s fishermen hope Brexit will tip the scales for a shrinking industry disponibile su https://www.theguardian.com/business/2020/oct/17/brixhams-fishermen-brexit-tip-scales-shrinking-industry, consultato il 31/10/2020

Letters: Brtitain at fault for Brexit fishing woes disponbile su https://www.theguardian.com/commentisfree/2020/oct/25/britain-at-fault-for-brexit-fishing-woes-letters, consultato il 31/10/2020

Fishing: why is fishing important in Brexit trade talks? disponibile su https://www.bbc.com/news/46401558, consultato il 31/10/2020

The Issue That Might Sink the Brexit Trade Talks: Fishing disponibile su https://www.nytimes.com/2020/10/28/world/europe/fishing-brexit-trade-deal.html, consultato il 31/10/2020

Why Fishing Could Sink Britain’s Brexit Deal With Europe disponibile su https://foreignpolicy.com/2020/10/06/why-fishing-could-sink-britain-brexit-deal-with-european-union/, consultato il 31/10/2020

Flanders will use charter from 1666 to guarantee post-Brexit fishing rights disponibile su https://www.politico.eu/article/flanders-waives-century-old-charter-to-guarantee-post-brexit-fishing-rights/, consultato il 31/10/2020

It’s all about the cod. Boris Johnson threatens a no-deal Brexit as Britain and France fight over fish disponibile su https://www.washingtonpost.com/world/europe/brexit-no-deal-fisheries/2020/10/16/2ec812c0-0f21-11eb-b404-8d1e675ec701_story.html, consultato il 31/10/2020

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La Spagna supera il milione di casi Dichiarato lo stato di emergenza

Stampa spagnola

Un’emergenza indica una situazione di difficoltà o di pericolo a carattere tendenzialmente transitorio. E la situazione giuridica che deriva dall’accertamento ufficiale di tale condizione di gravità assume denominazioni specifiche, a seconda dei presupposti e degli effetti giuridici.

Nell’ordinamento spagnolo, l’articolo 116 della Costituzione del 1978 invia a una ‘Ley Orgánica’ (varata pochi anni dopo, la 4/1981) la disciplina dei tre stati eccezionali previsti (alarma, excepción, sitio). Secondo questa legge, l’«estado de alarma» ˗ il più blando dei tre – è il migliore per fronteggiare una circostanza epidemica (su tali temi sì è tenuto un convegno alla UNINT, i cui atti sono consultabili su www.dpceonline.it).

Ebbene, il premier spagnolo Pedro Sánchez, ha dichiarato nel fine settimana tale stato di emergenza per fronteggiare la nuova ondata di contagi da coronavirus. Ad ogni modo, il decreto governativo ha una durata limitata di 15 giorni; per la proroga è necessaria, infatti, una successiva autorizzazione del Congresso dei Deputati.

El País specifica che il coprifuoco, stabilito dal nuovo decreto, si estenderà dalle 23:00 alle 06:00 del mattino in tutta la Spagna, ad eccezione delle Isole Canarie. Inoltre, i governi autonomi hanno la possibilità di limitare l’ingresso e l’uscita delle persone nei propri territori. Ancora poca chiarezza c’è riguardo alle leggi che verranno utilizzate per sanzionare il mancato rispetto delle nuove misure. Gli esperti legali del quotidiano ipotizzano che molto probabilmente si andrà a fare riferimento alla ‘Ley Orgánica 4/2015’, che ha come oggetto quello di tutelare la sicurezza dei cittadini, e a cui è stato fatto richiamo durante la prima ondata.

Ciò che ha spaventato di più i cittadini e che sta creando maggiore attrito nell’area decisionale, è la volontà del Governo di prolungare lo stato di emergenza per i prossimi sei mesi. Il Partido Popular (PP) si è fatto portavoce di questo dissenso. Il leader del movimento Pablo Casado ha, infatti, avanzato due richieste per sostenere la decisione governativa. La prima, che lo stato di emergenza venga protratto per un massimo di otto settimane. La seconda, che l’Esecutivo elabori un ‘piano B’, ossia una modifica normativa per approvare restrizioni sugli spostamenti senza che venga attivato questo strumento costituzionale. Anche gli altri partiti di opposizione stanno esercitando pressioni affinché la durata venga modificata. Ciudadanos ha definito eccessiva tale decisione: Inés Arrimadas ha dichiarato che procederà verso una negoziazione dei termini.

Dal canto suo, il Governo si dichiara fermo rispetto alla sua decisione. E la richiesta di autorizzazione per la durata dei sei mesi dovrebbe essere approvata proprio oggi 29 ottobre.  

El Mundo fa sapere che sul versante economico, Pablo Casado ha chiesto ancora una volta una riduzione generale delle tasse. Puntando in particolare, alla riduzione dell’IVA sulle mascherine. Casado ritiene, infatti, che per affrontare nel migliore dei modi le conseguenze della pandemia, sia necessario avere una certa flessibilità e pagare meno tasse.

Il giornale economico Expansión si preoccupa di porre l’accento sulle esigenze degli imprenditori. Durante il 23° Congresso Nazionale delle Imprese Familiari tenutosi a Madrid, i presenti hanno chiesto che il Governo proceda con importanti accordi politici e riforme strutturali. Non a caso, secondo un’indagine condotta dall’ente imprenditoriale IEF, il 53% degli industriali è convinto che recupererà i precedenti livelli di fatturazione non prima del primo o secondo trimestre del 2022.

Stampa statunitense

Sono settimane difficili quelle che stanno affrontando i governi dei Paesi europei a causa del Covid-19. Domenica scorsa il Governo spagnolo ha dichiarato lo stato di emergenza dopo aver superato il milione di casi la settimana passata. In Francia, dove le morti stanno aumentando poiché gli ospedali stanno avendo difficoltà nel gestire un numero di pazienti costantemente e vertiginosamente in aumento, il governo si trova a dover studiare nuove misure per contenere questa seconda ondata. Allo stesso modo l’Italia, il primo paese europeo ad aver imposto un lockdown generale all’inizio dello scoppio di questa pandemia, sta andando incontro a nuove restrizioni volte ad evitare l’imposizione di una seconda chiusura.

Come riporta The New York Times, la Spagna, oltre ad aver dichiarato lo stato di emergenza, ha ordinato un coprifuoco esteso a tutto il territorio nazionale a partire dalle 23 fino alle 6, ad eccezione delle Isole Canarie, dove ad oggi si sono registrati pochi casi. La scorsa settimana la Spagna è divenuta il primo paese europeo ad aver superato il milione di casi confermati. Per questo motivo il Primo ministro spagnolo, Pedro Sánchez, ha chiesto al Parlamento di approvare lo stato di emergenza fino a maggio 2021.

In Francia, i numeri continuano a crescere e si è raggiunto il record di più di 50 000 casi registrati in una sola giornata. Anche qui è stato imposto un coprifuoco per evitare lo spostamento dei cittadini almeno in orario notturno.

Racconta Bloomberg che l’Italia, che detiene ancora il triste primato di Paese con il numero maggiore di morti in Europa, ha aumentato le restrizioni e ha disposto la chiusura anticipata di bar e ristoranti e quella totale di palestre, piscine, teatri, cinema e discoteche. Per il prossimo mese bar, pub, gelaterie, pasticcerie e ristoranti potranno rimanere aperte al pubblico nei fine settimana, ma dovranno rispettare la chiusura alle 18. Il governo italiano ha raccomandato ai cittadini di aumentare il lavoro da casa e di non lasciare le proprie abitazioni se non per lo stretto indispensabile. 

Abc News riporta le parole di Sánchez il quale descrive la situazione spagnola come “estrema” e specifica che non è previsto alcun confinamento in casa dei cittadini durante lo stato d’emergenza. Il Primo ministro ha rinnovato il suo invito alla popolazione di rimanere in casa e, nel tentativo di stimolare la responsabilità collettiva, ha ribadito che tutti sanno come devono comportarsi in questa situazione di crisi. Le autorità vogliono evitare un secondo e completo lockdown perché ci sarebbero inevitabilmente delle ripercussioni severe sull’economia già in crisi. Infatti, la Spagna è entrata in una fase di recessione e sono centinaia di migliaia i posti andati persi a causa della pandemia. Il Primo ministro ha sottolineato la necessità di salvaguardare sia la salute dei cittadini sia l’economia del Paese.

Che cosa dice l’opposizione? Reuters riporta lo scontento del partito conservatore Partido Popular di Pablo Casado e del partito di centro-destra Ciudadanos di Inés Arrimadas. Il primo ha affermato che il suo partito è favorevole alla dichiarazione dello stato di emergenza ma per una durata di otto settimane e non di sei mesi. Nel suo messaggio a reti unificate, Sánchez ha specificato che lo stato di emergenza dovrà durare sei mesi perché è questo il tempo necessario secondo gli esperti per superare questa seconda ondata e la fase più pericolosa di questa pandemia. Evidentemente il Primo ministro faceva riferimento al fatto che al momento non esiste né un vaccino né un farmaco specifico per sconfiggere la malattia. Quindi, si può interpretare la dichiarazione dello stato di emergenza come un altro tentativo di vincere questa corsa contro il tempo, cercando di limitare la diffusione del virus tra la popolazione, sperando che la comunità scientifica riesca a trovare una cura o un vaccino nel minor tempo possibile. 

Chiara Aveni e Gaia Natarelli

Fonti:

Casado se abre a apoda el estado de alarma si dura solo ocho semanas y se aprueba un plan b jurídico disponibile su https://elpais.com/espana/2020-10-26/casado-se-abre-a-apoyar-el-estado-de-alarma-si-dura-solo-ocho-semanas-y-se-aprueba-un-plan-b-juridico.html, consultato il 26/10/2020

Un estado de alarma que devuelve el protagonismo a la ‘ley mordaza’ disponibile su https://elpais.com/espana/2020-10-26/un-estado-de-alarma-que-devuelve-el-protagonismo-a-la-ley-mordaza.html, consultato il 26/10/2020

Pablo Casado propone un estado de alarma de ocho semanas per el Gobierno insiste en seis meses disponibile su https://www.elmundo.es/espana/2020/10/26/5f96b84ffdddffd3858b4616.html, consultato il 26/10/2020

Los empresario piden al Gobierno reformas de calado y acuerdos políticos para recuperar la confianza tras la crisis disponibile su https://www.expansion.com/economia/2020/10/26/5f969df5468aeb922c8b45e5.html, consultato il 26/10/2020

For Europe, the numbers keep climbing disponibile su  https://www.nytimes.com/live/2020/10/25/world/covid-19-coronavirus-updates/for-europe-the-numbers-keep-climbing, consultato il 28/10/2020

Spain’s COVID-19 state of emergency faces backlash disponibile su https://www.reuters.com/article/us-health-coronavirus-spain-idUSKBN27B1Q2, consultato il 28/10/2020

Europe Steps Closer to Lockdown-Level Curbs in Italy and Spain disponibile su https://www.bloomberg.com/news/articles/2020-10-25/italy-spain-move-to-extend-restrictions-as-virus-cases-surge, consultato il 28/10/2020

Spain orders nationwide curfew to stem worsening outbreak disponibile su https://abcnews.go.com/Health/wireStory/spain-pm-works-state-emergency-curb-outbreak-73814670, consultato il 28/10/2020

#POLITICAFFÈ

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USA: l’Iran e la Russia egemonizzano il dibattito presidenziale.
I due Paesi accusati di gravi interferenze nella campagna elettorale

La United States Intelligence Community (IC) – che comprende 17 agenzie – è stata istituita da Ronald Reagan nel 1981 e rappresenta la struttura che conduce attività di intelligence a sostegno della politica estera e della sicurezza nazionale degli Stati Uniti. Una successiva riforma ha posto l’IC sotto la supervisione dell’Ufficio del Direttore dell’Intelligence Nazionale (ODNI) il quale è a sua volta amministrato dal Direttore dell’Intelligence Nazionale (DNI).

Stampa inglese

Il Direttore dell’Intelligence Nazionale John Ratcliffe, durante una conferenza stampa annunciata mercoledì 21 ottobre, ha affermato che Iran e Russia hanno ottenuto alcune informazioni sugli elettori statunitensi.

In particolare, l’Iran è responsabile di aver inviato alcune e-mail minacciose agli elettori democratici. Ma sia l’Iran che la Russia negano di aver esercitato interferenze di questo tipo – spiega la BBC. Il portavoce del Ministero degli Esteri iraniano Saeed Khatibzadeh ha dichiarato che per l’Iran è indifferente quale candidato riuscirà a emergere come il prossimo presidente degli Stati Uniti. E il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, che ha parlato proprio ai microfoni della BBC, ha commentato la vicenda dicendo che queste accuse sono tutte completamente infondate. Ratcliffe ha spiegato che le ‘e-mail contraffatte’ dell’Iran, in cui si intimava di votare per Trump, sarebbero state spedite agli elettori degli Stati oscillanti – tra cui Florida e Pennsylvania – in modo da creare disordini e danneggiare il Presidente Trump. Non a caso, le e-mail in questione sembravano provenire dal gruppo di estrema destra Proud Boys. 

The Telegraph spiega che l’Iran avrebbe potuto appropriarsi, molto semplicemente, degli indirizzi di posta elettronica ottenuti dagli elenchi di registrazione degli elettori statali. Che includono appunto, l’affiliazione al partito, gli indirizzi di casa e, ove possibile, gli indirizzi e-mail e i numeri di telefono. Per di più, sempre l’Iran sarebbe responsabile di aver diffuso un video che ammoniva gli americani sulla presenza di truffe nel voto. Ossia, hanno fatto credere che sarebbero giunte dall’estero schede fraudolente.  

Tuttavia, i democratici hanno criticato l’enfasi di Ratcliffe posta sul fatto che l’Iran stesse diffondendo disinformazione con lo scopo di danneggiare Trump – così The Guardian. Infatti, hanno prontamente etichettato il Direttore dell’Intelligence come un “partisan hack”, un termine solitamente utilizzato per disprezzare un membro affarista dell’apparato di un partito politico. 

Stampa statunitense

A poco più di una settimana dalla chiamata alle urne per i cittadini statunitensi, torna vivo il dibattito sull’influenza straniera sulle elezioni presidenziali. Il direttore dell’intelligence nazionale John Ratcliffe ha affermato che sia la Russia che l’Iran hanno ottenuto informazioni importanti riguardo la registrazione degli elettori statunitensi con l’obiettivo di interferire nelle elezioni presidenziali statunitensi. Così spiega The New York Times in seguito alla conferenza con la stampa che si è tenuta la scorsa settimana. In quell’occasione, affiancato da Chris Wray, il direttore della FBI, Ratcliffe ha sostenuto che l’Iran è responsabile di aver condotto e di condurre ancora una campagna e-mail spacciandosi per il gruppo di estrema destra Proud Boys (gruppo notoriamente visto di buon occhio da Trump). Sia Wray che Ratcliffe hanno affermato che l’obiettivo di queste operazioni è duplice: comunicare false informazioni agli elettori registrati e creare confusione per minare la fiducia nella democrazia statunitense.

ABC News riporta l’appello di Ratcliffe rivolto ad ogni americano: “Chiediamo ad ogni americano di fare la sua parte per difenderci da quelli che ci vorrebbero danneggiare”. Il direttore ha accusato in particolar modo l’Iran di condurre operazioni volte a compromettere il normale svolgimento delle elezioni presidenziali, diffondendo informazioni false che generano confusione e dubbi tra gli elettori circa la sicurezza e la democraticità delle elezioni. Ratcliffe ha accusato l’Iran di ottenere dati su coloro che andranno a votare per seminare confusione in vista delle elezioni di novembre. Le accuse di Ratcliffe rivolte alla Russia riprendono anche i fatti del 2016, ossia l’interferenza russa nelle elezioni presidenziali a favore dell’attuale Presidente Trump. Tuttavia, rispetto all’attività svolta dall’Iran, non si registra lo stesso livello di “attacchi” da parte russa.

La motivazione di Teheran a condurre tali attività è guidata dalla percezione diffusa che la rielezione del Presidente Trump potrebbe comportare il persistere della pressione statunitense sull’Iran con il fine di condurre ad un cambiamento di regime nel Paese, sottolinea USA Today.  Inoltre, Ratcliffe ha evidenziato come gli analisti di intelligence abbiano registrato un minor livello di attività da parte della Russia, ribadendo  che anche questo Paese è riuscito ad ottenere informazioni rilevanti sugli elettori. Il direttore ha aggiunto che queste azioni sono “disperati tentativi messi in atto da avversari disperati”, per sottolineare il fatto che l’intelligence statunitense ha la situazione sotto controllo.

A tal proposito, la CNN riprende la dichiarazione rilasciata la scorsa estate da William Evanina, il direttore del Centro nazionale di controspionaggio e sicurezza degli USA. Quest’estate la stampa internazionale ha spesso parlato di Cina, Iran e Russia riferendosi alla minaccia che questi tre Stati stavano ponendo alle elezioni presidenziali del 2020. Lo scorso agosto, Evanina aveva affermato che quasi certamente l’Iran aveva adottato un comportamento simile per paura di una seconda rielezione di Trump, poiché potrebbe avere ripercussioni sul regime iraniano. Il direttore riferendosi poi alla Russia aveva sottolineato che il Paese aveva messo in campo una serie di tecniche per denigrare l’ex Vicepresidente Joe Biden e il suo establishment apertamente anti-russo, giacché durante l’amministrazione Obama offrì supporto all’Ucraina e all’opposizione contro Putin all’interno del Paese.

A poco più di una settimana dal voto e conclusosi anche l’ultimo dibattito tra l’attuale Presidente in carica ed il suo sfidante, ci si domanda quanto queste strategie possano effettivamente influenzare gli elettori al momento del voto. Iran e Russia riusciranno ad avere l’impatto desiderato e condizionare i risultati? Attraverso e-mail false e attacchi informatici riusciranno a minare la fiducia del cittadino medio statunitense nel sistema democratico del suo Paese?

Chiara Aveni e Gaia Natarelli

FONTI:

FBI says Iran and Russia have US voter information disponbile su https://www.bbc.com/news/election-us-2020-54640405, consultato il 23/10/2020

Iran and Russia are trying to influence the US election, FBI warns disponibile su telegraph.co.uk/news/2020/10/22/us-intelligence-officials-sayiran-sent-emails-intimidating-american/, consultato il 23/10/2020

Russia and Iran obtained US voter data in bid to sow unrest before election, FBI warns disponibile su https://www.theguardian.com/us-news/2020/oct/21/russia-iran-us-voter-data-security-fbi-election, consultato il 23/10/2020

Feds say Russia and Iran have interfered with the presidential election disponibile su https://edition.cnn.com/2020/10/21/politics/fbi-election-security/index.html, consultato il 22/10/2020

FBI announces Russia, Iran have obtained US voter information and are attempting to influence the 2020 election disponibile su https://www.abc.net.au/news/2020-10-22/fbi-russia-iran-influence-2020-election/12801440, consultato il 22/10/2020

Iran, Russia obtained voter registration info to sow confusion in presidential election, US officials say disponibile su https://eu.usatoday.com/story/news/politics/elections/2020/10/21/john-ratcliffe-iran-russia-interfering-presidential-election/3721622001/, consultato il 22/10/2020

Iran and Russia Seek to Influence Election in Final Days, U.S. Officials Warn disponibile su https://www.nytimes.com/2020/10/21/us/politics/iran-russia-election-interference.html, consultato il 22/10/2020