#ATUTTOMONDO

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La rassegna stampa internazionale dell’UNINT

Terza edizione speciale della rubrica di approfondimenti tematici della nostra rassegna stampa: uno sguardo più nel dettaglio su diverse tematiche di spicco nel mondo.

EUROPA

APPROFONDIMENTO TEMATICO: L’inaspettato rimpasto di governo francese

La storia d’amore tra il presidente francese Emmanuel Macrone l’ormai ex primo ministro Edouard Philippe si è conclusa lo scorso 3 luglio. Come riportato da Le Figaro, dopo diverse settimane di intense discussioni, i due  si sono trovati d’accordo sulla necessità di un rimpasto di governo per incarnare una nuova tappa del mandato di Macron. Tuttavia, è difficile comprendere a pieno cosa abbia spinto Edouard Philippe, il personaggio ormai popolare che ha gestito a sangue freddo la crisi dei gilet gialli e la pandemia da Covid-19, a rassegnare le dimissioni. Mentre il sito web l’Internaute parla di una procedura abituale in una fase di rimpasto del governo, il quotidiano Le Monde fa riferimento al fatto che Philippe contestava eccessivamente le scelte di Macron. Secondo quanto riportato dal quotidiano Ouest-France, a poche ore dalle dimissioni di Edouard Philippe, il Presidente ha prontamente espresso l’intenzione di circondarsi di una équipe rinnovata per iniziare un nuovo percorso.

Personaggio poco conosciuto e soltanto di recente sotto i riflettori della scena politica francese, chi è Jean Castex? Membro dell’Union pour un mouvement populaire e poi dei Repubblicani, fu sindaco di Prades dal 2008 al 2020, Vicesegretario Generale dell’Eliseo dal 2011 al 2012, assessore regionale del Languedoc-Roussillon e infine del consiglio dipartimentale dei Pirenei Orientali fino al 2020. Nel mese di aprile, riporta 20 minutes, durante l’isolamento contro la crisi sanitaria da Coronavirus, è stato incaricato di coordinare le strategie del governo per il deconfinamento dei francesi, in quarantena dal 17 marzo.

All’età di 55 anni, nella sua carriera Jean Castex non ha mai ricoperto cariche ministeriali, ma agli occhi del presidente Macron è il candidato perfetto: è un alto funzionario, ma in contatto con le realtà locali francesi; viene etichettato come repubblicano, ma è considerato un uomo aperto al dialogo. Nonostante il ricco curriculum vitae di Castex, il focus dei media si è concentrato sulle sue origini meridionali. Come riportato da France Bleu, il nuovo Primo ministro è stato deriso sui social per il suo accento del Sud, ma i suoi sostenitori sono andati in suo soccorso, difendendo il suo accento e condannando gli insulti come “glottofobia”, una forma di discriminazione basata sul linguaggio o sull’accento.

Nella veste di primo ministro, Jean Castex esprime la sua priorità: il rilancio dell’economia nazionale, colpita duramente dalla crisi sanitaria. Perciò, intende investire strategicamente nei settori più innovativi. Come riportato da BFM Eco, Jean Castex svela, durante il suo primo discorso politico, che il piano di rilancio economico avrà un costo ben superiore a 100 miliardi di euro: 40 miliardi sono destinati al settore dell’industria, 38 miliardi per la lotta contro la disoccupazione, una spesa di 20 miliardi per le tecnologie verdi e di altri 32,5 miliardi nei settori della sanità, della formazione e della ricerca pubblica.

EA.V.

APPROFONDIMENTO TEMATICO: Le unioni civili

Con l’acronimo LGBT, in uso fin dagli anni Novanta, ci si riferisce alla comunità di lesbiche, gay, bisessuali e transgender ed il termine è ormai utilizzato convenzionalmente dai media in tema di sessualità e identità di genere. Dopo innumerevoli battaglie volte ad eliminare la discriminazione di genere, ancora oggi il mondo si divide. La volontà di inclusione spesso si scontra con le leggi, le diverse realtà politiche e l’ignoranza. In Svizzera, il quotidiano 20 Minuten ha seguito con una telecamera nascosta una coppia di gay tra le strade di Zurigo. Uno spaccato di quotidianità che ancora cela ferite e paure a mostrarsi liberamente per ciò che si è senza essere giudicati o, peggio ancora, in alcuni episodi riportati, vezzeggiati e picchiati. «Alcuni vedono l’omosessualità in pubblico come un’ostentazione e una provocazione, sarebbe bello se le cose cambiassero, prima o poi» – afferma una coppia. Un’omofobia apparentemente radicata che la Svizzera vuole estirpare. Chiamati ad esprimersi in un referendum, gli elettori elvetici hanno approvato con una maggioranza di oltre il 63% la nuova legge contro le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale. Una norma contestata invece da conservatori e populisti che, stando a quanto riportava lo scorso febbraio la rivista Schweizer Illustrierte, hanno messo in guardia rispetto alla censura e alla libertà di espressione. Argomenti smentiti apertamente dal Presidente del Consiglio svizzero Janiak: «il problema non sono le battute sui gay, ma non bisogna seminare l’odio. L’incitamento all’odio e al disprezzo per alcuni settori della società va oltre l’espressione di semplici opinioni». Tuttavia, il Paese ha in serbo grandi passi in avanti: la maggioranza del Consiglio Nazionale è favorevole alle unioni civili. Come si leggeva i primi di giugno sulle pagine di 20 Minuten, le disposizioni che regolano il matrimonio tra coppie etero rischiano di essere applicate anche a persone dello stesso sesso. Di conseguenza, non sarà più possibile costituire nuove unioni domestiche registrate. Ad oggi non c’è ancora una data ma il progetto di legge potrebbe essere ripreso già a settembre.

In Germania al contrario l’omofobia non è così radicata. L’omosessualità è stata oggetto di discriminazioni e persecuzioni per lungo tempo, specialmente durante l’epoca nazista. Tuttavia, ora è ampiamente accettata, non ci sono più leggi che puniscono questo tipo di relazioni. Un sondaggio del 2016 su queer.de mostrava che in Germania si descrivevano come lesbiche, gay, bisessuali e transgender più persone che in altri Paesi europei. Il matrimonio tra coppie dello stesso sesso qui è possibile dal 1° ottobre 2017. Oggi numerose organizzazioni e diversi politici si impegnano a tutelare i diritti delle persone omosessuali.

L.R., M.S.

APPROFONDIMENTO TEMATICO: “One belt, one road”, quando la nuova Via della Seta unisce nuovamente Occidente e Oriente.

Nel settembre 2013, Xi Jinping, presidente della Repubblica Popolare Cinese e segretario generale del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese, annunciò l’iniziativa commerciale della “Nuova Via della Seta cinese” o “One belt, one road”, una fitta rete di infrastrutture per mare e per terra che avrebbero collegato economicamente la Cina con l’Asia Centrale, l’Europa e l’Africa.

L’iniziativa è stata accolta con entusiasmo in Russia, la quale trae grande beneficio economico dal suo ruolo di “Paese di Transito”. Infatti, nonostante si siano protratte a lungo le trattive commerciali, e ci siano state battute d’arresto nel processo di firma dei memorandum d’intesa, tra Russia e Cina sono stati stipulati importanti accordi bilaterali. I due Paesi infatti si sono impegnati per la costruzione di navi e petroliere, per cui la Cina ha stanziato 27 miliardi di rubli (310 milioni di euro), al fine di estendere i commerci e gli scambi commerciali in una “via della Seta nei mari del nord”.

Inoltre, entro il 2024, la Russia prevede di raddoppiare il suo fatturato commerciale con la Cina a 200 miliardi di dollari. Questo sarà possibile tramite l’aumento di forniture di petrolio, gas e legname.

Tuttavia, è naufragato il progetto ferroviario di 850 km che doveva collegare Mosca con Kazan, poiché Russia e Cina non sono riuscite a stipulare un accordo: il governo russo avrebbe dovuto sostenere interamente i costi del progetto. La Russia infatti, dovrebbe offrire alla Via della Seta la modernizzazione della ferrovia Transiberiana, che permette ancora lo scambio di merci tra la Russia e la Cina. “Ma il problema subentra nella già presente congestione delle merci russe nazionali che viaggiano molto lentamente, in tale situazione risulta difficile sostenere un transito aggiuntivo su larga scala dalla Cina” sostiene Goichman, analista della società TeleTrade.

Secondo gli esperti inoltre, il problema partecipazione della Russia al progetto non risiede solo nella carenza dei finanziamenti, bensì e soprattutto nelle dinamiche geopolitiche e negli attriti tra Russia e Occidente. Le relazioni tra Cina e Occidente, in particolare con gli Stati Uniti, sono invece di diversa natura poiché è sul piano economico, non tanto su quello politico che sussistono tali tensioni.

L’altra faccia della medaglia e uno dei motivi del ritardo del progetto, come precedentemente spiegato, consiste che le due parti, rispettivamente Russia e Cina, tendono a essere prevaricatrici e poco diplomatiche sia tra loro sia nei rapporti con altre potenze: se da una parte la Russia è poco disposta al dialogo, dall’altra la Cina tende a imporre le sue condizioni, spesso svantaggiose dal punto di vista russo, ad esempio nel voler fornire nell’ambito di progetti comuni la propria manodopera e i propri mezzi; ce lo riporta l’agenzia di stampa Gazeta.ru.

D.S., S.N.

AFRICA

APPROFONDIMENTO TEMATICO: Diga del Rinascimento, progresso o minaccia?

Più volte si è parlato della cosiddetta “Diga del Rinascimento”, il megaprogetto che vede coinvolti Egitto, Etiopia e Sudan.

Un progetto di vitale importanza per la crescita economica etiope ed una minaccia per gli altri

due Paesi, ma qual è la ragione che rende questa situazione così complicata?

Una delle carenze di maggior rilievo nell’Africa subsahariana è rappresentata dalla scarsità di energia elettrica. Tra i Paesi che più soffrono di questa problematica rientra l’Etiopia, terzo Paese più popoloso del continente con oltre 100 milioni di abitanti, il 70% dei quali non ha accesso all’elettricità. Per fronteggiare tale necessità, da quasi un decennio il Paese è impegnato nella costruzione della più grande diga del continente africano. Le trattative si trascinano da altrettanto tempo, con accuse da parte etiope che l’Egitto non si stia impegnando per garantire una distribuzione equa delle risorse idriche. L’Egitto, da parte sua, afferma che l’Etiopia stia agendo troppo in fretta, non considerando come la diga condizionerà l’accesso all’acqua di milioni di africani. Il Sudan sembra seguire per lo più la posizione egiziana.

In altre parole, la presenza di una diga costruita sulla valle del Nilo Azzurro, tra l’Etiopia e il Sudan, andrebbe a modificare la quantità d’acqua che scorre verso l’Egitto e ciò potrebbe comportare una grande scarsità d’acqua ai danni della popolazione che vive lungo il delta del Nilo, ovvero il 95% della popolazione egiziana, mettendone a rischio la sopravvivenza.

Il costo del progetto, pari a cinque miliardi di dollari, vede un importante sforzo economico della comunità etiope, che è riuscita a stanziare tre miliardi di dollari, mentre i rimanenti due miliardi arrivano dalle aziende cinesi Voith Hydro Shanghai e China Gezhouba Group. La costruzione dell’imponente diga è stata affidata all’azienda italiana Salini Impregilo ed una volta completata, la Grand Ethiopian Renaissance Dam, riuscirà a produrre 16400 Gwh (Gigawattora), potendo così garantire una quantità di energia elettrica sufficiente alla popolazione etiope, nonché la vendita di energia elettrica a terzi.

La diga è oramai in fase di definizione, difatti la disputa tra i Paesi non verte tanto sulla costruzione, difficile da impedire, bensì sulla velocità di riempimento dei 74 miliardi di metri cubi di riserve della Diga, come riportato da Skynews Arabia. L’Etiopia è interessata ad accelerare il processo, al fine di rendere la diga operativa già dal 2025. L’Egitto invece è intenzionato ad allungare i tempi fino a 15 anni, in modo da attenuare la riduzione dell’afflusso di acqua nel Paese.

Dal punto di vista politico la situazione appare altrettanto delicata: il primo ministro etiope Abiy Ahmed rischia di non realizzare lo slancio economico promesso ai suoi connazionali, perdendo così la propria credibilità, mentre il presidente Al-Sisi deve mantenere fermezza, specialmente per ciò che riguarda i temi di sicurezza nazionale. I Paesi in passato non hanno escluso l’uso della forza per trovare una soluzione alla questione.

S.H.

AMERICA

APPROFONDIMENTO TEMATICO: il disboscamento dell’Amazzonia e le comunità indigene

Il disboscamento dell’Amazzonia è stato un argomento molto discusso dai media lo scorso anno con notizie di tagli e incendi. Eppure, quest’anno, anche se non ne abbiamo sentito più parlare così tanto, la situazione non è migliorata. Infatti, l’Instituto Brasileiro de Pesquisas Espaciais (INPE) ha stimato che tra gennaio e aprile sono stati bruciati 1202 km² di foresta, per un aumento del 55% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, il numero più alto dal 2015 secondo Estadão. Si ricorda che in totale l’Amazzonia copre circa 7 milioni di km², di cui 5.5 occupano il Brasile, mentre il resto si estende negli altri Paesi confinante. Tuttavia, il problema non riguarda solo gli incendi e i tagli abusivi per attività commerciali ma anche la biopirateria, l’invasione dei territori delle comunità indigene, le miniere, la ricerca di nuovi ingredienti per l’industria farmacologica e la commercializzazione di nuovi articoli venduti come “nativi” ed esotici, per esempio frutti come l’açaí e il cupuaçu. La concentrazione del potere militare ha indebolito gli organi che si occupano della protezione dell’Amazzonia, inoltre si dice che in generale il Ministero dell’Ambiente (Ministério do Meio Ambiente) sia meno organizzato e preparato rispetto agli anni passati, mentre il governo federale non ha applicato come dovuto la legge contro i reati ambientali, anzi ha ridotto gli investimenti per alcuni organi importanti che si occupano della preservazione ambientale, come riferisce Repórter Brasil.

In Brasile, come riporta BBC Brasil, il presidente Bolsonaro è accusato di compromettere la vita delle comunità di indios. I leader delle varie comunità denunciano il presidente di non aver adottato le misure necessarie per proteggere i loro popoli, visto che sono sempre di più le zone dell’entroterra colpite dal Coronavirus. Prima della pandemia, “grazie” al governo Bolsonaro il programma Mais Médicos (un servizio sanitario per gli indios) ha subito una riduzione, rendendoli più vulnerabili. Inoltre, sempre il governo, ha chiuso gli occhi più volte di fronte alle azioni (illegali) dei garimpeiros, ossia dei ricercatori di oro e pietre preziose, i quali hanno infettato molti indios. Il Ministero della Salute conta circa 10 mila casi confermati di Coronavirus tra gli indigeni e 198 decessi. La Giunta dei Popoli Indigeni del Brasile ritiene che questo numero sia stato ritoccato e che in realtà i decessi siano 461 e i contagiati 13 mila. Nelle ultime settimane i leader di diverse comunità sono riusciti a vincere nel Tribunale Supremo Federale una battaglia: costringere il governo a prendere dei provvedimenti. Alcune di queste comunità sono state più colpite rispetto ad altre: ad esempio gli Xavantes. Si tratta di 23 mila persone che vivono in un’area divisa in nove terre indigene nel Mato Grosso. I casi affermati sono 200 e i decessi 23. Tra questi, c’è chi è stato trattato con l’idrossiclorochina, un medicinale “pubblicizzato” da Bolsonaro come cura al virus ma che in realtà la comunità scientifica sconsiglia.

D. F. M.P.

APPROFONDIMENTO TEMATICO: I silenziosi eroi della pandemia

La pandemia di Covid-19 ha messo e continua a mettere a dura prova molti Paesi nel mondo: non basta pensare di avere concluso la quarantena, il virus è ancora con noi e proprio per questo motivo bisogna essere pronti, capaci e coraggiosi sia per saperci difendere in caso di una nuova ondata, sia per tutti coloro che hanno lottato, lottano e sempre lotteranno per far sì che tutto questo finisca e si possa finalmente tornare alla normalità.

Eroi senza mantello, identificabili sia in preparate figure del personale sanitario, sia in ogni persona che ha deciso di dare un ulteriore supporto alla causa.

Tra le tante storie del mondo ispano che possono essere raccontate, ricordiamo la dolcezza e la forza dei bambini figli di medici e infermieri dell’ospedale “Reina Sofía” di Cordoba e “Alto Guadalquivir” di Andújar, i quali hanno commosso con la canzone “Los héroes llevan bata” (trad. “Gli eroi indossano il camice”); qualche pubblicazione fa, inoltre, abbiamo messo in risalto la storia di Nubia e dei suoi figli, diventati famosi grazie al loro canale, nel quale caricano video inerenti la loro vita nella campagna colombiana e spiegano come può la natura aiutare loro e chiunque in un momento così complicato a livello economico, psicologico e fisico.

Storie simili sono, per fortuna, all’ordine del giorno: secondo quanto riportato da Noticias ONU, il Centro de Información de las Naciones Unidas in Argentina ha raccolto in una serie di video le testimonianze delle persone che stanno facendo tutto ciò che è in loro potere per rendere la vita durante la quarantena il più semplice possibile. Tra queste, riportiamo l’esempio di Convidarte, una rete di più di 4000 volontari che consegnano giorno per giorno un pasto caldo fatto in casa a più di 30 rifugi, un vero esempio di amore e solidarietà. In un altro articolo di Noticias ONU si parla di un’iniziativa attuata dalle Nazioni Unite volta a complementare il lavoro del Governo colombiano, contribuendo all’informazione e alla tutela soprattutto dei più bisognosi e che è arrivata ad assistere 718.000 persone negli ultimi mesi mediante la consegna e l’utilizzo di kit di vario genere.

Tornando in Spagna, è molto interessante leggere in Héroes19 la lista delle 60 iniziative esemplari durante la crisi sanitaria del Covid-19, tra le quali risalta la donazione a polizia e ospedali di Granada da parte dell’impresa manifatturiera Plásticas Vílchez, l’occupazione degli hotel della catena alberghiera Meliá per far alloggiare i pazienti affetti dal virus e la cosiddetta “Operación Vecino”, una rete di 250 volontari che, con l’aiuto della tecnologia, hanno creato un servizio di assistenza per persone che, per esempio, sono state costrette a trascorrere la quarantena da sole.

L.C., M.D.F. e I.V

ASIA

APPROFONDIMENTO TEMATICO: Curiosità sulla lingua cinese e i neologismi del cambiamento sociale

Il mensile Focus, ci porta alla scoperta della lingua cinese, svelandoci diverse curiosità su questa lingua così affascinate e all’apparenza complessa.

La lingua cinese è suddivisa in sette gruppi dialettali diversi (Putonghua, Gan, Kejia Min, Wu, Xiang, e Yue), con differenze paragonabili a quelle che vi sono fra le lingue europee. L’idioma ufficiale della Repubblica Popolare Cinese è il Phutonghua, ovvero il dialetto di Pechino, conosciuto dagli occidentali come “cinese mandarino”. È la lingua più parlata al mondo e una delle sei ufficiali delle Nazioni Unite.

È utile sapere che il mandarino non ha alfabeto, ma ideogrammi. Il sistema di scrittura ideografico è riconducibile a oltre 4.000 anni fa e ogni simbolo rappresenta un morfema (un’unità espressiva della lingua).  Il cinese tradizionale, utilizzava caratteri che rappresentavano l’effettivo significato di quella parola, ma con il tempo essi si sono evoluti e vengono utilizzati anche per esprimere concetti più astratti. Il cinese mandarino oltre ai caratteri, utilizza il Pinyin, un sistema attraverso il quale il suono dei caratteri viene traslitterato, cioè trasposto nelle lettere dell’alfabeto occidentale.

La grammatica cinese, al contrario di quanto si possa pensare è estremamente semplice. Non ci sono coniugazioni verbali e i tempi sono espressi utilizzando espressioni di tempo come “domani, ieri, in futuro” e particelle aspettuali. Inoltre, non c’è distinzione tra sostantivi singolari e plurali, o per genere.

Il cinese, come la maggior parte delle lingue parlate in Asia, è una lingua tonale. Lo stesso monosillabo, cioè, si può pronunciare con quattro diversi toni di voce e assumere quindi quattro diversi significati.  Agli occidentali che si approcciano allo studio della lingua cinese, la prima sillaba che viene insegnata è “Ma”, che a seconda del tono, può significare: mamma, canapa, cavallo e insultare.

 A causa di cambiamenti sociali, accadimenti politici e i nuovi fenomeni collettivi, il linguaggio cinese si è evoluto e ha creato nuove parole per esprimere nuovi concetti. Di seguito se ne riportano alcuni esempi:

“ye jingji “o “economia notturna”, si riferisce alle attività commerciali nel settore dei servizi tra le 18:00 e la mattina seguente. Sfruttando il potenziale di consumo per lo shopping, la ristorazione e le attività di intrattenimento serale, l’economia notturna ha dato nuova vitalità alla crescita economica della Cina nell’ultimo anno.

– “jiesu jiban” o “Gestire una lamentela ricevuta “, una frase che si riferisce ad una nuova politica messa in atto dal governo municipale di Pechino per migliorare il servizio di sussistenza della popolazione a livello primario.

“Bing Dwen” e “Shuey Rhon Rhon” sono i nomi delle mascotte per i Giochi Olimpici e Paraolimpici invernali di Pechino 2022: rappresentano un panda gigante paffuto e un bambino con l’immagine della lanterna rossa.

“xiang zi hao” o Marchi bucolici” deriva da un’iniziativa del governo che mira a promuovere marchi per prodotti o servizi agricoli, per ridare vitalità al settore rurale.

– “shazhu pan” o “Truffa del macellaio-maiale “è un termine usato per un nuovo tipo di frode online in cui i truffatori, ingannano le vittime fingendo un interesse nei loro confronti per conquistarne la fiducia, così da poterle inserire in un giro di gioco d’azzardo.

G.R.

OCEANIA

APPROFONDIMENTO TEMATICO: La riapertura delle scuole

Secondo l’Evening Standard,nel Regno Unito i ricercatori temono che una seconda ondata di coronavirus potrebbe essere due volte peggiore della prima, se non si intensificano i test e la tracciatura dei contatti prima della riapertura delle scuole. L’analisi, pubblicata su The Lancet Child And Adolescent Health, propone che i pub potrebbero chiudere per permettere ai ragazzi di tornare in classe mantenendo bassa la diffusione del virus.

La riapertura prevista per settembre verrà accompagnata dal cosiddetto programma “test-trace-isolate” con una copertura nazionale per evitare la temuta seconda ondata di contagi, come si legge su Indipendent.

Il capo delle Nazioni Unite ha dichiarato che la pandemia di coronavirus ha portato alla più grande interruzione dell’educazione della storia: la chiusura delle scuole in più di 160 Paesi, colpendo più di un miliardo di studenti. Inoltre, il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres ha affermato che il mondo si trova ad affrontare “una catastrofe generazionale che potrebbe sprecare un potenziale umano indescrivibile, minare decenni di progresso ed esacerbare le disuguaglianze radicate”.

Anche il Canadasi sta organizzando per la riapertura delle scuole, mentre gli studenti e gli insegnanti si preparano ad affrontare il nuovo anno scolastico insolito a settembre, come pubblicato da CTV News.

Il Consiglio scolastico della città di Toronto ha pubblicato un rapporto finale con tutte le misure per il prossimo anno accademico e sarà analizzato dal Ministro della Pubblica Istruzione dell’Ontario. Inoltre, ogni Consiglio scolastico deve avere un proprio piano individuale per la riapertura autunnale da consegnare quanto prima al Ministero, secondo CBC.

In Australia, secondo il MedicalXpress, uno studio condotto da un team guidato dalla  pediatra Dr. Kristine Macartney dell’Università di Sydney mostra come la tracciabilità di contatti e il rapido isolamento dei casi di COVID-19 potrebbe essere la chiave per riaprire le scuole degli Stati Uniti in modo sicuro questo settembre. “Le nostre scoperte sono i dati più completi che abbiamo sulla trasmissione della SARS-CoV-2 nelle scuole”, ha detto Macartney nel comunicato stampa della rivista The Lancet Child & Adolescent Health. I risultati sono stati pubblicati sulla stessa il 3 agosto.

S.C, S.P

Rassegna stampa a cura di:

Ariela Capuano (responsabile lingua inglese)
Salvina Calanducci e Simona Picci (lingua inglese)
Giulia Deiana (responsabile lingua francese)
Silvia Calbi e Elen’Alba Vitiello (lingua francese)
Alessandra Semeraro (responsabile lingua spagnola)
Lavinia Cataldi, Michela Di Franco e Ilaria Violi (lingua spagnola)
Veronica Battista (responsabile lingua portoghese)
Martina Pavone e Diana Fagiolo (lingua portoghese)
Silvia Santini (responsabile lingua tedesca)
Michela Sartarelli e Laura Razzini (lingua tedesca)
Clarissa Giacomini (responsabile lingua russa)
Silvia Noli, Diana Sandulli (lingua russa)
Sara Zuccante (responsabile lingua araba)
Samar Hassan (lingua araba)
Claudia Lorenti (responsabile lingua cinese & coordinatrice del progetto)
Gioia Ribeca (lingua cinese)

#E-STATE in Italia

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Liguria on the road

Oggi vi portiamo là dove le Alpi e l’Appennino precipitano a picco sul mare e di fronte a voi si spalancano meravigliosi panorami. Benvenuti in…Liguria!

La riviera italiana, sinonimo di regione ligure, è da sempre una delle mete più in voga tra gli italiani.  Tra le sue più affascinanti destinazioni si trovano la penisola di Portofino, le leggendarie Cinque Terre e la bella cittadina di Rapallo. E quale miglior modo per visitarla se non che avventurandovi in un road trip di 10 tappe che vi daranno l’occasione di non perdervi neanche uno dei gioielli e degli scorci che questa terra offre? Si parte da Genova verso le bellissime 5 Terre, passando per Recco, Portofino, Rapallo, percorrendo meravigliosi sentieri a picco sul mare!

Prima tappa, Genova: lasciatevi incantare dalle piazzette pittoresche, dai caruggi, i famosi vicoletti medioevali, e dalle creuze, le strette stradine tra i nobili e altissimi palazzi. Passate naturalmente per Via del Campo, cui si ispira la celebre canzone di Fabrizio De Andrè, e poi fermatevi a respirare il mare e il vento di questa antica Repubblica Marinara attraversata, nel tempo, da popoli e culture. Scendete al porto, uno dei punti più turistici della città dove ammirare la Lanterna, il faro simbolo della città, e dove sorge il famoso Acquario, il più grande in Italia e il secondo in Europa, con 12.000 esemplari di 600 specie diverse.

Una volta ripartiti da Genova, proseguite verso Recco. Incastonato come una perla nel Golfo Paradiso, sulla riviera di Levante, questo antico borgo di marinai saprà conquistarvi per il suo centro storico, di grande valore artistico, e per il panorama costiero che non teme confronti. Immancabile la visita a uno dei forni del posto, dove potete trovare la celebre focaccia ripiena di crescenza, un must per il turista!

Avventurandovi lungo un tratto di costa mozzafiato, troverete arroccato tra colline di lecci e pini d’Aleppo, Portofino, un piccolo gioiello a portata di sguardo. Le sue casette colorate a picco sul mare del Golfo del Tigullio, le lussuose barche ormeggiate nel porto e l’atmosfera di spensieratezza e leggerezza che si respira in Piazzetta, il famoso salotto a cielo aperto in cui è facile incontrare vip e celebrità, vi conquisteranno. Un concentrato di arte, storia e natura senza paragoni.

Dal piccolo porticciolo di Portofino, riprendete il vostro tour alla volta di Rapallo, lasciandovi guidare dalle curve della strada frastagliata che segue la costa, immersa nella macchia mediterranea e profumata dai pini marittimi. Ad accogliervi il Parco di Villa Tigullio, in cui potrete riposarvi dopo il viaggio. D’obbligo, la visita al Castello cinquecentesco e una passeggiata sull’elegante lungomare Vittorio Veneto, tra palme e locali in cui ristorarvi.

Collocata tra la Baia del Silenzio e la Baia delle Favole, e per questo detta “città dei due mari”, Sestri Levante è un posto magico, tra le località più suggestive di tutta la riviera ligure. Qui si ha l’occasione di tornare bambini, là dove Hans Christian Andersen scrisse alcune delle sue favole.

Eccoci a Monterosso, la prima tra le cinque perle. Diviso tra la parte storica del centro, con i vicoletti romantici e le chiese medievali, e quella più moderna e turistica del lungomare di Fegina, Monterosso è il borgo più grande delle Cinque Terre, Patrimonio Mondiale dell’Umanità dal 1997 e residenza estiva di Eugenio Montale.

Vernazza, tra i cento borghi più belli d’Italia, è un vero e proprio affresco dalla bellezza senza pari. Dominato dai resti delle fortificazioni medievali, ha un’unica via centrale a dividere il paese: tutt’intorno, le scalinate ripide tra cui perdersi.

Affollato dai turisti e arroccato su un suggestivo promontorio roccioso, Corniglia è un borgo incantato, accessibile attraverso la Lardarina, la famosa scalinata di mattoni di ben 377 gradini. Ricca di meravigliosi sentieri panoramici tutti da scoprire, Corniglia vi catturerà per la sua bellezza selvaggia e incontaminata e per gli odori pungenti delle erbe aromatiche, come la maggiorana, l’origano e il timo, che crescono spontaneamente in questo territorio, profumando di magia l’aria calda dei lunghi pomeriggi d’estate. Che dirvi? Respirate a pieni polmoni!

Ed eccoci arrivati a Manarola, che si dice prenda il nome dalla “magna rota”, la grande ruota dei mulini ad acqua. Nella parte più bassa del paese, infatti, si può ammirare il vecchio mulino, a sottolineare la sua vocazione agricola: Manarola è infatti tra i principali produttori di olio e di vino di tutta la zona. Dopo un giro in paese, scendete verso il mare: qui troverete piccoli angoli di paradiso da cui godere di un panorama mozzafiato.

Ultima tappa: Riomaggiore! Raggiungibile anche a piedi, percorrendo la Via dell’Amore, un bellissimo sentiero pedonale a strapiombo sul mare che collega Manarola a questo bellissimo borgo, dove le abitazioni conservano ancora la doppia entrata, quale via di fuga durante le incursioni saracene.

#LUXURYMOMENTS: #LUXURYJUICE

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Il cambiamento dell’industria cosmetica nel post Coronavirus

Che il coronavirus abbia impattato inevitabilmente il nostro quotidiano ormai è un dato di fatto. Dalle misure di contenimento del contagio, al vero e proprio lockdown attuato a catena da tutti i paesi del mondo, è possibile affermare che una delle industrie più sensibili al cambiamento è stata sicuramente l’industria cosmetica.

Cosa cerca il cliente in un momento così delicato come questo?

Tra le risposte più quotate sicuramente si trova la ricerca di una maggiore sicurezza sia per quanto riguarda i prodotti da testare che per quanto riguarda l’applicazione, rigida ma necessaria, delle norme per il distanziamento sociale da rispettare in store. Insieme alle richieste relative alla sicurezza della persona, si prevede anche una richiesta legata all’ambito monetario ovvero una riduzione del capitale investito per l’ordinaria beauty routine.

McKinsey ha provato a spiegare come il Covid-19 abbia impattato il mondo della dermocosmesi attraverso l’individuazione di diverse fasi: l’emergenza, la specializzazione e l’adattamento.

Nella prima fase, quella legata all’emergenza, si è assistito allo scoppio inaspettato e celere del virus. Questa estrema velocità ha messo in luce, in breve tempo, che molti paesi non sarebbero stati in grado di far fronte alla mancanza di prodotti utili per evitare il contagio quali mascherine, guanti e gel igienizzanti per le mani. Quindi, passando alla fase di specializzazione, molte aziende in Italia hanno deciso di canalizzare la propria produzione riconvertendola a seconda della situazione eccezionale. In seguito, eliminata definitivamente la possibilità di un debellamento entro fine aprile, si è passati all’adattamento.

Visto, in sostanza, l’impatto decisamente più permanente del previsto del virus, l’industria cosmetica ha dovuto adattarsi al cambiamento delle abitudini del consumatore delineando quelli che potrebbero essere i nuovi beauty trend nel post Corona.

Inutile suggerire che il cambiamento è dato anche da una contrazione economica sostanziale. Basti pensare che le vendite cosmetiche a febbraio 2020 in Cina, primo paese che si è dovuto confrontare con l’emergenza, avevano già registrato un crollo dell’80% rispetto a febbraio 2019.

Nei mesi successivi la ripresa, tuttavia, aveva registrato dei picchi positivi delineando una situazione per la quale è possibile delineare alcuni brand più resilienti di altri generando, quello che in gergo è chiamato l’effetto lipstick.

Un effetto indiretto della pandemia, sempre secondo McKinsey, è la tendenza al protrarsi della contrazione economica da parte del consumatore per questo specifico settore. Insomma, i prodotti per la cura personale, i cosmetici ed il make up (soprattutto quello high-end) appare come un lusso “rinunciabile”.

Si prevede che i primi segnali positivi stabili si potranno vedere nel primo trimestre del 2022; segnali che dovrebbero riportare l’industria cosmetica, stimata per un netto di circa 500 miliardi di dollari l’anno, agli antichi splendori pre-corona.

Nei prossimi mesi si prevedono ancora cali compresi tra il 25% ed il 30% rispetto all’anno precedente, sempre che se il contagio rimarrà assopito.

Parte della perdita del settore è anche legata alla chiusura dei punti vendita durante le settimane di quarantena.

L’85% degli acquisti beauty avvengono, generalmente, ancora tramite lo store; un’abitudine suscettibile di cambiamento se relazionata al target individuato: i millennials acquistano solo per il 60% tramite store mentre un target a parte è quello del consumatore digitale che segue una rotta inversa, talvolta biforcata: o l’acquisto avviene online grazie alle informazioni raccolte sui canali social attraverso beauty influencers oppure l’acquisto è in store (più raramente) ma il riferimento è sempre dato in primis dal canale digitale.

L’incremento degli acquisti online, tuttavia, non ha superato il 20-30% anche in relazione ai grandi player del settore come Amazon e Sephora.

Cosa ci riserva quindi il futuro?

Considerando le norme per evitare il contagio, la pulizia e la massima igienizzazione, la mancata necessità di presenziare ad eventi pubblici e le modalità smart-working, i cali relativi al settore beauty sono facilmente spiegabili.

Per i profumi si prevede un -75% delle vendite (percentuale stimata per i brand più noti), per i rossetti, impossibili da usare sotto mascherina, il calo potrebbe essere il più significativo in assoluto.

E quando le labbra cautelativamente si coprono, i consumatori tendono piuttosto a puntare su prodotti di facile utilizzo per gli occhi e le unghie che, con chiusura di centri estetici e spa, sono il trend con un capitale di crescita maggiore stimato al di sopra del 200%.

Seguono l’acquisto del sapone per le mani aumentato a dismisura insieme ad un aumento dei prodotti detox almeno da maggio ad ora. Si è registrato anche un boom del DIY beauty, ossia dei prodotti fai da te per la cura della persona: sia che siano ingredienti di una maschera o le tinte per capelli in box oppure accessori per la manicure.

In conclusione, cosa cercano di provare questi nuovi trend?

L’industria cosmetica, variegata ed energica, cerca per l’immediato post-corona più che delle soluzioni, delle “mediazioni” con il consumatore: se da un lato si assiste alla crescita dell’acquisto tramite piattaforma online, è senza dubbio necessario anche il potenziamento di una customer experience che sia capace di rappresentare, ed in certi casi di superare, l’esperienza nello store fisico.

Secondo uno studio Mintel riportato da Ansa, si evince la tendenza, in contrasto rispetto agli anni passati, all’acquisto di prodotti beauty contenenti ingredienti artificiali perché considerati più sicuri rispetto ad a prodotti con ingredienti naturali coltivati in questo periodo. Inoltre, ci sarà molta più attenzione per la data di scadenza dei prodotti ed attenzione anche ai prodotti a base acqua che, potrebbero contenere liquidi più facilmente “contaminabili”.

Per quanto riguarda il packaging, la rivoluzione verte verso contenitori e formule touchless come polveri e spray.

Fanny Trivigno

Fonti

https://www.insidemarketing.it/trend-beauty-post-coronavirus-quali-saranno/

Fonte: McKinsey & Company: the global beauty-industry market; Global consumers net intend to spend; Monthly beauty-product sales compared with 2019; Shopping habit by age group; Do-iy-yourself and self-care beauty products

#ATUTTOMONDO

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La rassegna stampa internazionale dell’UNINT

Seconda edizione speciale della rubrica di approfondimenti tematici della nostra rassegna stampa: uno sguardo più nel dettaglio su diverse tematiche di spicco nel mondo.

EUROPA

APPROFONDIMENTO TEMATICO: Francia e Belgio tra ignoranza e rinnovata consapevolezza del passato coloniale

In Francia, la colonizzazione è stata per lungo tempo al centro dell’ideale repubblicano, il cosiddetto ideale di sinistra promosso da grandi figure politiche francesi, come Léon Gambetta e Jules Ferry, i quali il 28 luglio 1885 dichiararono alla Camera dei deputati: «ritengo che le Nazioni d’Europa debbano adempiere al loro superiore dovere di civiltà con ampiezza, grandezza e onestà».

Come riportato da Le Figaro, all’epoca i repubblicani di sinistra intendevano, attraverso la colonizzazione, esportare l’illuminismo, i diritti umani, la libertà l’uguaglianza. Gli oppositori, minoritari, della conquista coloniale della Terza Repubblica erano i militanti dell’estrema sinistra nazionalista, allora incarnata da Georges Clemenceau. Il primo ministro dell’epoca Albert de Broglie denunciava la politica coloniale definendola “un peso che grava sulla nazione” (Senato, 11 dicembre 1884).

Ad oggi, Albert de Broglie rimarrebbe stupito del paradosso che stiamo vivendo: negli ultimi decenni, l’insegnamento della storia, dal quale si dovrebbe imparare e migliorare, è stato messo all’angolo dalle politiche di destra e di sinistra. I programmi scolastici sono stati ridotti notevolmente, minacciando la conoscenza del passato. Sorge spontaneo chiedersi se quella di indebolire la conoscenza, strumento per lo sviluppo di menti critiche, sia una strategia deliberata della classe dirigente per manipolare le nuove generazioni.

Come affermato da RTBF, scenari simili non esistono solo in Francia: la storia del colonialismo belga è ancora sconosciuta al grande pubblico, soprattutto perché i programmi scolastici non si soffermano sufficientemente sull’argomento e spesso questi temi non vengono affatto affrontati durante il percorso di studio. Tuttavia, la società belga è sempre più consapevole dei temi della colonizzazione e dei suoi effetti. A tal proposito, a suscitare grande scandalo e indignazione nel Paese è stato il recente recupero della memoria di alcune azioni di Leopoldo II volte a tenere il popolo belga all’oscuro delle atrocità del colonialismo: il Re del Belgio alla fine dell’800, in pieno periodo coloniale, ordinava la censura sui giornali nazionali di notizie riguardanti la tortura della popolazione congolese, in particolare la brutale pratica del taglio delle mani, che aveva invece un’eco internazionale.

Quest’anno sono stati celebrati i 60 anni di indipendenza del Congo e le ferite lasciate dal colonialismo sono causa di un forte risentimento che si manifesta quotidianamente. Come riportato dal medesimo giornale, il gruppo “Ripariamo la storia” ha lanciato una petizione, già sottoscritta da più di 20000 persone, per la rimozione di tutte le statue di Leopoldo II sul territorio della città di Bruxelles. Tale azione si è sviluppata sulla scia delle proteste di “Black Lives Matter” in corso negli Stati Uniti. I protestanti considerando indegno che la figura di Leopoldo II sia ancora celebrata negli spazi pubblici nonostante la barbarie da lui perpetrata contro il popolo congolese.

S.C. & EA.V.

APPROFONDIMENTO TEMATICO: il Portogallo è un Paese razzista?

Ultimamente in Portogalloil tema del razzismo è uscito più volte sulle testate dei giornali. Ha contribuito sicuramente a scatenare la discussione la morte di George Floyd, fatto che ha velocemente portato le persone a scendere in piazza in varie città del mondo ed anche a Lisbona, Porto e Coimbra tra le altre. Ma lo scorso mese c’è stato un altro evento che ha rimescolato gli umori: l’uccisione di Bruno Candé, attore portoghese di origine guineensi ucciso con 4 colpi di pistola in strada da un 76enne in seguito a minacce razziste che andavano avanti da giorni. Le persone sono andate in strada a manifestare per due giorni consecutivi in varie città portoghesi, come riferisce Observador. Per questo accaduto il parlamento della Guinea Bissau, ha anche inviato una delegazione in Portogallo affinché entri in contatto con le autorità riguardo l’assassinio e investighi sulle condizioni della comunità guineense. Attualmente in Portogallo ci sono varie minoranze etniche che si sono accresciute negli ultimi anni, provenienti soprattutto dalle ex colonie come quella brasiliana, la più numerosa, angolana, mozambicana, capoverdiana, Timor Est, São Tomé e Principe e anche quella rom. Solo lo scorso mese è stato creato un movimento sul web chiamato “Brasileiras não se calam” (Le brasiliane non rimangono in silenzio) creato da 5 brasiliane residenti a Porto, con lo scopo di denunciare e dare sostegno a donne vittime di assedio, violenza e xenofobia in Portogallo riporta Tvi24. Il movimento ha già un seguito di 12 mila ed una delle fondatrici racconta di essere venuta in Portogallo per studiare 5 anni fa e che tutte le sue amiche e conoscenti brasiliane hanno almeno una storia su situazioni in cui sono state vittime di pregiudizi. Per questo è stato creato il gruppo ma anche perché c’è stato un fattore scatenante: in un programma televisivo, Big Brother Portugal, un concorrente ha affermato che tutte le brasiliane sono donne “facili”. Il problema è che non è stato censurato in tv nazionale. Inoltre, lo scorso anno in primavera, c’è stato un altro accaduto abbastanza grave che ha fatto emergere la discriminazione nei confronti dei brasiliani nelle università. Fuori dalla facoltà di Legge dell’Università di Lisbona, degli studenti avevano messo uno stand che accanto aveva una cassa con delle pietre dentro e sopra cartello che indicava “Negozio di souvenir, gratis se è per tirare a un ‘zuca’ (termine dispregiativo per indicare un brasiliano), che è passato avanti nella magistrale”, Público. Questo è accaduto perché per entrare nella magistrale i brasiliani che venivano da università brasiliane, convertendo i voti delle loro università d’origine, ottenevano punteggi più alti nei test d’ingresso, superando per questo alcuni portoghesi. Situazioni come queste stanno emergendo in superficie sempre più frequentemente grazie ai movimenti antirazzismo e antiviolenza, l’obiettivo è di raggiungere un livello di sensibilizzazione tale da non far ripetere le stesse situazioni e far capire alla popolazione la realtà, in un Paese in cui la maggior parte dei cittadini non si reputano razzisti e non credono che queste situazioni possano accadere.

D. F., M.P.

APPROFONDIMENTO TEMATICO: La Russia rivoluziona la propria Costituzione

Il primo luglio scorso sono terminate le votazioni sugli oltre 200 emendamenti per l’aggiornamento della Costituzione russa in vigore dal 1993 a seguito di un referendum che ottenne il 58,4% dei voti a favore. La ratifica alla Costituzione del 2020 è la più importante dalla caduta dell’Unione Sovietica. Inizialmente il voto era previsto per il 22 aprile 2020, ma la pandemia COVID19 ha imposto di rimandare il voto all’estate. 

Il procedimento di modifica costituzionale è particolarmente complesso e fu pensato, all’epoca della caduta dell’Unione Sovietica, proprio per garantire stabilità alla nuova Federazione Russa. A gennaio 2020 il presidente russo Vladimir Putin ha proposto una serie di modifiche costituzionali: si tratta di 206 emendamenti della Costituzione approvati da Duma di Stato e Consiglio della Federazione l’11 marzo scorso. In seguito, il documento è stato approvato dalle assemblee legislative degli stati della Federazione. Gli emendamenti accrescono i poteri del parlamento e ne aumentano il controllo sul governo e sul Primo Ministro: questo verrà infatti eletto dalla Duma e non più dal Presidente. Inoltre, gli emendamenti permetterebbero al Presidente Putin, che avrebbe terminato il suo ultimo mandato Presidenziale nel 2024 di ricandidarsi fino al 2036, poiché gli emendamenti “azzerano” il calcolo delle annualità dei mandati precedenti. Il Presidente avrà, inoltre, più poteri in ambito giudiziario: egli potrà nominare o licenziare i giudici. Molti articoli della “nuova Costituzione” ribadiscono la necessaria differenza di sesso per contrarre matrimonio: la riforma è improntata sulla “fede in Dio” e sulla tradizione. L’unico matrimonio valido previsto costituzionalmente sarà infatti quello contratto tra “uomo e donna”. Inoltre, la Costituzione emendata prevede che salario minimo e assistenza medica vengano garantiti non più solo a livello legislativo, ma anche costituzionale. Sono anche previsti articoli che tutelano la gestione delle risorse naturali per evitare che siano esclusivo appannaggio degli oligarchi. La riforma costituzionale ha incontrato numerose critiche da parte dell’opposizione: il 1° luglio, data conclusiva delle elezioni, a San Pietroburgo sulla Piazza del Palazzo, è scoppiato il movimento “Stop Provabki” – Stop agli Emendamenti. In precedenza, a Mosca, erano stati arrestati dei manifestanti che con i loro corpi si erano distesi sulla Piazza Rossa e avevano formato il numero “2036”, anno dell’ultimo mandato di Vladimir Putin.

D.S., S.N.

APPROFONDIMENTO TEMATICO: La Germania e il tema del cambiamento climatico

La Repubblica Federale Tedesca è pioniera internazionale nella protezione del clima e nell’espansione delle energie rinnovabili. Entro il 2050, almeno l’80 % della fornitura di energia dovrà provenire da fonti rinnovabili. Dal 2002 con l’Agenda 21 la sostenibilità è diventata un compito permanente e parte integrante della direttiva politica della Germania, che nel documento viene riassunta come “Prospettive per la Germania”. Ciononostante, stando a quanto si legge su co2online.de, le conseguenze del cambiamento climatico sono già percepibili: esso colpisce diversamente a seconda delle aree del Paese, l’agricoltura è colpita da siccità e caldo, le città che si trovano sull’acqua devono far fronte ad inondazioni e mareggiate e molte altre conseguenze.

Alla fine del mese di aprile, 68 aziende tedesche, tra cui la nota multinazionale farmaceutica Bayer, si sono appellate al governo federale tedesco affinché i pacchetti di aiuto economico stanziati per far fronte alla crisi provocata dal corona virus riguardino anche il clima. Contrariamente alla crisi provocata dal Coronavirus, la questione del cambiamento climatico rappresenta una sfida da ormai molto tempo. «Dobbiamo tenere sotto controllo la pandemia e allo stesso tempo affrontare i grandi problemi legati al cambiamento climatico e alla decarbonizzazione» – così ha affermato Matthias Berninger, Direttore di “Public Affairs und Nachhaltigkeit”, su iwd.de.

Stando a quanto emerge sul giornale Handelsblatt, la Commissione Europea presenterà una proposta per gli standard di CO2 entro due anni al massimo per far sì che il traffico di merci sulle strade in Europa venga decarbonizzato. I veicoli elettrici rappresentano una buona soluzione, su germanzero.de emerge che i mezzi elettrici sono cinque volte più efficienti di quelli convenzionali per l’uso di carburanti sintetici. Le soluzioni sono un’elettrificazione completa del traffico stradale, un passaggio dall’automobile al trasporto pubblico o alla bicicletta, nonché una progettazione adeguata delle città.

L.R., M.S.

MEDIO ORIENTE

APPROFONDIMENTO TEMATICO: La donna nel mondo islamico, tra emancipazione e restrizioni

La tematica che affronteremo in questa rassegna, il ruolo della donna nei Paesi arabi, è un fenomeno molto controverso che in numerose occasioni è stato motivo di accesi dibattiti in tutto il mondo. Nonostante molte donne studino, gestiscano i soldi della famiglia e lavorino, tante altre ancora sono vittime di matrimoni combinati, discriminazioni politiche e soprusi all’interno delle proprie famiglie e nelle società in cui vivono. È la condizione femminile nei Paesi arabi, dove l’emancipazione si alterna agli abusi e il progresso alle violazioni.  

In tal senso, lo scenario offerto dal Medio Oriente è piuttosto diversificato.  

Secondo Haifa Fahoum al-Kaylani, fondatrice del Forum internazionale per le donne arabe, il mondo femminile nei Paesi arabi ha conquistato significativi traguardi: dalla Tunisia fino all’Iran il numero delle laureate in medicina, farmacia e legge è cresciuto esponenzialmente. Si calcola infatti che circa il 70% dei laureati nel mondo arabo siano donne. In Egitto, ad esempio, la carica di Ufficiale di stato civile addetto alle cause matrimoniali è stata assegnata proprio alla 32enne Amal Selim. È la prima donna a ricoprire tale carica in Egitto.

È anche vero, però, che dal punto di vista economico e politico la presenza delle donne è piuttosto limitata e in alcuni Paesi la società patriarcale è causa di continue discriminazioni.

La condizione ambivalente della popolazione femminile accomuna Paesi ricchi e poveri: dagli Emirati Arabi Uniti, dove le donne d’affari aspirano a competere con le loro controparti maschili, con la speranza di poter migliorare l’economia del proprio Paese, allo Yemen in cui il Forum delle Sorelle arabe ha invitato la società civile a migliorare l’ingiusta condizione d’inferiorità a cui il genere femminile è sottoposto.

Insomma, vi sono reali pressioni sui Governi per trasformare quello che ora è un sogno ambizioso in reale emancipazione.

Sebbene nell’immaginario occidentale si suppone che le donne musulmane siano da sempre sottomesse e che non abbiano mai realmente lottato per far valere i propri diritti, le esperienze di molte donne arabe ci raccontano una storia diversa che va oltre il semplice pregiudizio della donna oppressa. È dunque possibile parlare di femminismo arabo e islamico, un fenomeno che pur avendo avuto tempistiche e, a volte, caratteristiche diverse di Stato in Stato, può essere descritto in maniera sostanzialmente omogenea.

Negli ultimi dieci anni, i movimenti femministi arabi sono stati influenzati dai cambiamenti politici che hanno scosso il mondo arabo, sottolineando un significativo impatto sulla partecipazione politica e sociale delle donne, che, tra alti e bassi, hanno giocato un ruolo fondamentale soprattutto durante la rivoluzione araba del 2011.

Ad oggi sicuramente il genere femminile nei Paesi arabi festeggia molti traguardi nel campo dell’educazione e del lavoro, ma la strada verso l’uguaglianza tra i sessi è ancora lunga.

S.H.

AMERICA

APPROFONDIMENTO TEMATICO: Modernizzazione post-Covid

La pandemia provocata dall’inarrestabile diffusione del Covid-19 ha avuto pesanti ripercussioni sulle economie di tutti i Paesi dell’America Latina causando la peggiore recessione della storia sudamericana e rendendo più evidenti le disuguaglianze già presenti nell’intera regione geografica. Tuttavia, quella che ha le sembianze di una reale catastrofe finanziaria potrebbe offrire la possibilità di perseguire nuovi obiettivi, quali il passaggio alla Green Economy e la creazione di 15 milioni di nuovi posti di lavoro.

Secondo un articolo de El Economista, durante un meeting avvenuto tra Graham Watkins, a capo del settore dedicato ai cambiamenti climatici all’interno del Banco Interamericano de Desarollo (BID), e Vinícius Pinheiro, direttore regionale della Organización Internacional del Trabajo (OIT), si è discusso della possibilità di istituire nuovi posti di lavoro e, contemporaneamente, di introdurre misure atte a fronteggiare il problema del cambiamento climatico.

La Green Economy può essere proficuamente adottata in svariati settori come l’agricoltura e la silvicoltura e può essere di grande supporto per i Paesi che devono risollevarsi economicamente dopo la pandemia. L’agricoltura e la silvicoltura rappresentano un rilevante potenziale lavorativo in un’area che detiene circa il 40% di biodiversità e il 50% di foreste tropicali del mondo, oltre ad essere una regione che coltiva moltissimi alimenti esportati in tutto il globo.

Watkins afferma che l’obiettivo è quello di arrivare a zero emissioni di carbonio: il percorso è lungo e difficile, ma tanti Paesi stanno già lavorando in quella direzione, in particolar modo il Cile e il Messico che utilizzano l’energia eolica, senz’altro la più economica in assoluto.

Anche le altre nazioni dovranno adoperarsi al fine di diminuire progressivamente l’uso dell’elettricità per cucinare e per il riscaldamento; bisognerà preferire il trasporto pubblico a quello privato, si dovrà avere maggiore cura della vegetazione e della natura in genere. Anche l’alimentazione dovrà assicurare una maggiore introduzione nella dieta di sostanze di origine vegetale; dovranno essere privilegiati materiali riciclabili e nelle costruzioni sarà preferibile utilizzare legno o bambù.

Pinheiro, inoltre, rimarca la necessità di applicare una politica che garantisca la transizione ad una economia sostenibile e senza disparità tra gli Stati sudamericani. Il rappresentante dell’OIT prosegue riconoscendo che ci saranno industrie ed imprese che subiranno grossi tagli, ma sostiene che, per sopperire a tali perdite, occorrerà puntare maggiormente sul turismo e sollecitare la collaborazione con le comunità locali per valorizzare la crescita di tale settore in maniera sostenibile.

L.C., M.D.F. e I.V.

ASIA

APPROFONDIMENTO TEMATICO: Il Gaokao e il sistema educativo cinese

La rivista Cina in Italia, ci racconta qualcosa in più sul sistema educativo cinese, parlandoci di tradizioni e valori tramandati nel tempo.

Innanzi tutto, è bene precisare che il sistema scolastico cinese è molto simile a quello italiano, le principali differenze si trovano nella durata della scuola elementare e della scuola superiore che in Italia durano rispettivamente 5 e 5 anni mentre in Cina 6 e 3 anni.

Altra grande differenza sta nella scuola dell’obbligo: in Italia gli studenti devono avere un’istruzione gratuita e obbligatoria dai 6 anni fino ai 16 anni mentre in Cina invece la scuola dell’obbligo ha una durata di 9 anni: 6 anni di scuola elementare più 3 di scuole medie.

La legge sui 9 anni di istruzione obbligatoria è entrata in vigore il 1 ° luglio 1986 per riuscire a garantire un’educazione universale a tutti i cinesi in età scolare e ridurre il tasso di analfabetizzazione dell’intera nazione, molto elevato prima del 1986.

In Cina, oltre alle materie più classiche, è previsto l’insegnamento del Tai Chi, una disciplina marziale utile per l’elasticità muscolare, per il controllo della respirazione e della postura e per ridurre lo stress.

Fin dalla scuola materna, gli insegnanti e i genitori educano i bambini secondo l’arte del “buon cittadino” perseguendo quei valori di matrice confuciana, quali la collettività, la disciplina, il rispetto delle regole e della gerarchia.

Inoltre, fin da piccoli, gli studenti si dedicano ad attività extra scolastiche, come suonare uno strumento o praticare uno sport, ma soprattutto frequentano lezioni extra di mattutine di matematica, cinese mandarino, storia, geografia e scienze politiche e inglese   per potersi preparare all’esame più temuto dagli studenti cinesi: Il Gaokao.

Data l’importanza che ricopre questo test nella cultura cinese, non sorprende che tutta la didattica, a partire dalle scuole elementari, sia orientata al preparare al meglio gli studenti per questo esame. Superare questo test infatti, significa, nell’ottica degli studenti, degli insegnanti, della famiglia e della società poter aver una vita degna e di successo.

Il Gaokao si tiene ogni anno, una sola volta all’anno e dura due giorni. Quest’anno a causa del coronavirus l’esame è stato rimandato di un mese e sono state adottate diverse misure preventive per garantire la salute degli studenti.

Tante sono le misure di sicurezza per impedire ai ragazzi di barare: la maggior parte delle sale d’esame installano telecamere a circuito chiuso e alcune usano addirittura i metal detector.

In alcune scuole è stata utilizzata anche l’identificazione delle impronte digitali e dell’iride per verificare l’identità degli studenti. È fuori discussione copiare, pena l’impossibilità di ripetere il test per tre anni.

La società cinese è molto competitiva, per questo gli studenti dimostrano una grande forza di volontà, dedizione e concentrazione per poter emergere e poter realizzare il sogno di una vita migliore. Da parte dei genitori, c’è lo sforzo continuo per far sì che i figli possano distinguersi e ad eccellere fra oltre un miliardo di persone.

G.R.

OCEANIA

APPROFONDIMENTO TEMATICO: Gli effetti del movimento Black Lives Matter

Negli Stati Uniti, secondo il New York Times, nel North Side di Minneapolis ci sono opinioni decisamente contrastanti dopo l’uccisione di George Floyd sullo sforzo del Consiglio Comunale per ridurre significativamente le dimensioni e la portata delle forze di polizia di Minneapolis.

I residenti si lamentano dei maltrattamenti dilaganti della polizia, ma anche di crimini e violenze fuori controllo. Dunque, al contempo si ha il disprezzo nei confronti della polizia e la necessità che qualcuno intervenga in caso di violazioni.

Secondo una sondaggio su Gallup, pubblicato a luglio, il 70% degli americani di colore è  favorevole alla riduzione del budget del dipartimento di polizia, mentre il 22% ha sostenuto una misura più drastica: azzerare i budget del dipartimento di polizia.

La maggior parte dei residenti del North Side continua a sperare in importanti riforme.

Il movimento Black Lives Matter, nato a seguito della morte di George Floyd, è stato appoggiato da vari Paesi, tra questi c’è il Regno Unito, luogo di molte proteste antirazziste

Secondo l’Evening Standard, queste ultime sono state caratterizzate da marce pacifiche, canti e discorsi nei quali vengono ricordati anche i crimini del Paese.

Migliaia di manifestanti si sono riuniti e hanno camminato insieme nelle strade di Brighton, con indosso abiti scuri reggendo cartelli con slogan antirazzisti come, ad esempio, quello di “decolonizzare tutto”, come si legge su Indipendent.

Anche l’Australiaha sostenuto il movimento attraverso manifestazioni contro il razzismo, una delle quali, avvenuta a Sydney, è degenerata portando all’arresto di sei manifestanti, secondo DW.

Come riporta ABC News, la polizia locale ha effettuato anche l’arresto dell’organizzatore, Paddy Gibson, per aver violato gli ordini di sicurezza pubblica dovuti al Covid-19.

I manifestanti chiedevano giustizia per David Dungay jr, un ventiseienne aborigeno, morto mentre era in custodia presso il carcere di Long Bay cinque anni fa.

S.C, S.P

Rassegna stampa a cura di:

Ariela Capuano (responsabile lingua inglese)
Salvina Calanducci e Simona Picci (lingua inglese)
Giulia Deiana (responsabile lingua francese)
Silvia Calbi e Elen’Alba Vitiello (lingua francese)
Alessandra Semeraro (responsabile lingua spagnola)
Lavinia Cataldi, Michela Di Franco e Ilaria Violi (lingua spagnola)
Veronica Battista (responsabile lingua portoghese)
Martina Pavone e Diana Fagiolo (lingua portoghese)
Silvia Santini (responsabile lingua tedesca)
Michela Sartarelli e Laura Razzini (lingua tedesca)
Clarissa Giacomini (responsabile lingua russa)
Silvia Noli, Diana Sandulli (lingua russa)
Sara Zuccante (responsabile lingua araba)
Samar Hassan (lingua araba)
Claudia Lorenti (responsabile lingua cinese & coordinatrice del progetto)
Gioia Ribeca (lingua cinese)

E-STATE in Italia

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TOSCANA

Avete presente quei luoghi che a guardarli sembrano una cartolina, una tavolozza di colori in cui viene proprio voglia di immergersi?

Ecco, uno di questi è la Toscana. Patria del vino e degli artisti, con le sue colline ricamate di cipressi, le sue distese abitate da vigneti e oliveti, e la storia a passeggio, tra i vicoli delle sue città, è indubbiamente una regione che vale la pena visitare!

E quale miglior modo per farlo se non che on the road? Senza vincoli di alcun tipo e la possibilità di svegliarsi ogni giorno di fronte a un panorama diverso.

La Versilia

La Versilia è sinonimo di clima mite e spiagge in: un lungo e largo tratto di costa che comincia a nord di Forte dei Marmi, e arriva fino a Viareggio e a Torre del Lago Puccini. Ma la Versilia è anche la principale porta d’accesso alle Alpi Apuane alla Garfagnana e alla Lunigiana, e dalla costa le sue strade salgono tortuose fino a piccoli paesi, sentieri e località affascinanti in mezzo alle montagne; fra queste Camaiore e Pietrasanta, universalmente note per i loro panorami legati alle cave e alla lavorazione del marmo.  Vi basterà spostarvi verso l’interno per lasciarvi alle spalle le spiagge mondane della Versilia e scoprire la religiosità e le tradizioni popolari di Camaiore, una cittadina che nel Medioevo fu ufficialmente dichiarata da Sigerico, arcivescovo di Canterbury, XXVII tappa del suo viaggio lungo la via Francigena. Per godervi un tramonto mozzafiato, fate una passeggiata sul lungomare fino al pontile che si protende sul Tirreno scrutando all’orizzonte l’Elba e le isole minori. Oppure spostatevi un poco più a sud, sul lungomare di Viareggio, qui, nella bella stagione, si può pedalare lungo la nuova ciclabile, fare shopping o gustare un gelato ammirando i decori di qualche principesco hotel in stile liberty. La costa degli etruschi

Il lungo tratto di costa che collega Livorno Piombino, è un susseguirsi quasi ininterrotto di rinomati centri balneari, che richiamano ogni estate migliaia di villeggianti. Ciò nonostante, la vera perla di questa area è nell’entroterra, dove sulle dolci colline popolate dai vigneti, svettano borghi fortificati. 
Tra le tante bellezze non perdete Castagneto Carducci, situato sul fianco di una collina a pochi chilometri dal mare. Questo borgo medievale coronato dal Castello della Gherardesca è una delle località più frequentate della costa livornese, non solo per la sua bella spiaggia, ma anche perché qui, nella pittoresca frazione di Bolgheri, nacque e visse per molti anni il poeta Giosuè Carducci.
Superato il promontorio di Piombino, la costa si distende fiancheggiata da boschi di pini. Annidato su un promontorio che guarda al Golfo di Baratti, troviamo Populonia, un pittoresco borgo di origine etrusca, ricostruito nel XV secolo.

Ora, qualora aveste voglia di lasciare la terra ferma, l’Isola d’Elba vi aspetta per essere ammirata in tutta la sua selvaggia e indomita bellezza. Altrimenti, si continua il nostro viaggio sulla strada…

La Maremma

Da sempre territorio indomito, patria dei butteri, la Maremma costituisce oggi uno dei più bei tratti di costa dell’intera penisola. Ammiratela nelle sue zone più selvagge e incontaminate e in quelle bonificate dall’uomo. Godetevela nelle spiagge libere, nelle dune sabbiose, nelle fitte pinete e nei boschi affollati di carbonaie, dove non è raro avvistare daini, cervi, volpi e cinghiali. Il Parco della Maremma è un micromondo da scoprire a passo lento, a piedi, in bicicletta o a dorso di cavallo. Uno dei sentieri più interessanti è l’A2, che lungo i 14 km di lunghezza vi permetterà di vedere da vicino alcune delle torri di avvistamento costruite durante il Medioevo per difendere la costa dai nemici. Altri percorsi si inoltrano invece in direzione dei Monti dell’Uccellina, sulle cui pendici sono stati trovati insediamenti risalenti al Paleolitico e al Neolitico, ricchi di antichi reperti. 

Inoltrandovi qualche km lungo l’entroterra, troverete Pitigliano, altro borgo di origine etrusca, arroccato su di un altopiano di roccia, le cui pareti scivolano a strapiombo sui torrenti Lente, Procchio e Meleta. Al tramonto, la tinta delle sue casine ocra crea un’atmosfera paesaggistica e lo fa sembrare uscito dalla fantasia di qualche artista. Non perdetevi Piazza della Repubblica, incorniciata dai finestroni, dove perdersi passeggiando tra i vicoletti lastricati e gli antichi lavatoi e, come per magia, ritrovarsi nel labirintico sotterraneo di cunicoli e cantine scavati nei secoli dagli abitanti.

E, per un ultimo insolito scorcio della Toscana, affacciatevi sul lago di Burano, a pochi km a sud di Orbetello. Separato dal mare da una sottile striscia di sabbia, il Lago di Burano è una laguna salmastra tra i cui canneti, e le dune ricoperte da macchia mediterranea, si rifugiano ogni autunno migliaia di uccelli migratori.

#ATUTTOMONDO

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La rassegna stampa internazionale dell’UNINT

Prima edizione speciale della rubrica di approfondimenti tematici della nostra rassegna stampa: uno sguardo più nel dettaglio su diverse tematiche di spicco nel mondo.

EUROPA

APPROFONDIMENTO TEMATICO: Le vacanze spagnole post-Covid

La Spagna, dopo un brutto colpo alla propria economia, cerca di riprendersi anche grazie al turismo nazionale. Infatti, così come in altri Paesi, i cittadini dovranno puntare a delle vacanze ridimensionate, adattandosi spesso con nuove alternative ripensate nell’ottica post-Covid. Nelle scorse settimane, esperti ed economisti si sono interrogati ed hanno condotto degli studi per osservare l’approccio degli spagnoli al nuovo modo di viaggiare dopo tre mesi di isolamento.

L’articolo di EDeconomíaDigital, giornale online di economia, offre uno studio interessante realizzato proprio al fine di avere una fotografia dettagliata delle scelte degli spagnoli per questa estate: il campione è stato di 4.258 persone maggiorenni intervistate telefonicamente in 50 province dal 1 al 9 giugno. Uno dei risultati più eclatanti è che solo il 27,2% pensa di andare in vacanza, mentre il 65,7% non lo farà. Il 58,5% del primo gruppo, comunque, vorrebbe misure preventive rafforzate in vacanza. Il 90% rimarrà in territorio nazionale e vanno per la maggiore le seconde case di proprietà. L’83% preferisce muoversi in macchina rispetto ad altri mezzi.

Epturismo conferma i principali dati, aggiungendo che il 50% delle famiglie spagnole si è dichiarata disposta a pagare un incremento del 5% dei mezzi di trasporto o strutture alberghiere per aver maggior protezioni anti-contagio.

Anche Expansión informa degli studi fatti riguardo le prospettive di vacanze degli spagnoli. Ad esempio, si stima che i giovani sotto i 30 anni saranno i primi a far ripartire il settore del turismo, prediligendo mete di turismo sportivo, mentre è più vulnerabile la fetta dei più adulti, dai 40 in su, che procederà con più cautela. Gli spagnoli tra i 40 e i 55 anni preferiranno (48,2%) viaggi dedicati alla scoperta della natura, seguiti da viaggi dedicati allo shopping, alla gastronomia e alla cultura. Ma la certezza di quest’anno è soprattutto una: si preferiranno mete turistiche naturali. Questo tipo di turismo ha visto un incremento del 38,5% già dal 2017, e questo è sicuramente l’anno che non smentirà la tendenza. Infatti, i luoghi con attrazioni naturali garantiscono divertimento all’aria aperta evitando assembramenti, e la soluzione perfetta può trovarsi nell’affitto di case di campagna o alloggio in agriturismi. A questo proposito i municipi e le agenzie spagnole si sono già messe all’opera per riattivare il settore e proporre incentivi e percorsi di qualità e in sicurezza.

I viaggi e i percorsi naturalistici si concentrano nelle regioni della Catalogna, Castiglia e Leone, Andalusia e Aragona; il turismo culturale si divide tra Andalusia, Madrid e Castiglia e Leone; mentre per quello gastronomico vediamo l’Andalusia al primo posto seguita da Castiglia e Leone e Galizia. Ma non dobbiamo dimenticare anche i viaggi termali, nei centri benessere, e i viaggi religiosi, dove spicca l’Andalusia seguita dalla Galizia (regione da cui parte il cammino di Santiago).

Uno degli aspetti più importanti da ricordare, tuttavia, è sempre la qualità del turismo nonostante il periodo critico che la Spagna sta vivendo, evitando di incappare nell’ascesa dei prezzi alle stelle o di fornire dei servizi scadenti pur di ricevere turisti.

L.C, M.D.F. e I.V

APPROFONDIMENTO TEMATICO: La vita dei cittadini tedeschi dopo il Coronavirus

Il coronavirus ha sconvolto la vita di molti e colpito diversi ambiti del quotidiano. Il privato, il lavoro, l’economia. Questo rapido diffondersi del virus non ha fatto altro che gettare i Paesi in confusione, Germania compresa. Tutti forzati a casa, costretti all’inerzia e in moltissimi casi alla lontananza dagli affetti più cari. A tal proposito, ci siamo già occupati del faticoso allontanamento tra coppie, in particolare di anziani ricoverati. In un’intervista alla NDR, è la stessa autrice Andrea Schmidt a raccontare l’esperienza vissuta distante dalla mamma malata di Alzheimer. Soprattutto chi vive un dolore vede le mancate visite come un distacco, un abbandono quasi, non facile da motivare.

Anche i bambini hanno vissuto mesi difficili. La chiusura delle scuole, dei parchi, delle strutture ludiche a loro dedicate, ha provocato un aumento smisurato dell’utilizzo della rete da parte di questi ultimi. Secondo un’indagine del DAK, la durata media del tempo trascorso online dai ragazzi è aumentata del 66% nei giorni feriali, giorni ordinariamente trascorsi a scuola. Un dato preoccupante per il commissario federale per le droghe Daniela Ludwig che, come si legge sul Tagesschau, esorta genitori, insegnanti e politici a fare più attenzione per invertire il trend. Gli adulti invece hanno dovuto sperimentare il lavoro da casa. Secondo un altro studio dell’assicurazione sanitaria tedesca DAK, riportato dal giornale Die Zeit, ben il 76,9% di 7.000 dipendenti intervistati vorrebbe mantenere questa modalità di lavoro anche in futuro. Stando alle informazioni trapelate su Die Zeit, la multinazionale Siemens, la Deutsche Bank e Twitter stanno già valutando il futuro dei propri dipendenti in questo senso. Quello che emerge è: meno stress e più produttività, con una corretta conciliazione tra lavoro e famiglia. Per il Professor Eichhorst, esponente del Mercato del lavoro e delle Politiche Sociali presso l’Istituto di Economia del Lavoro a Bonn, siamo di fronte ad un nuovo stile di vita. In una lunga conversazione al giornale Die Zeit dichiara che sempre più spesso ci si alternerà tra casa e posto di lavoro. Le esperienze di meeting online hanno avuto risvolti positivi e inevitabilmente hanno mostrato una comodità da voler ricreare per il domani. «Prima del coronavirus, secondo una tradizione burocratica e industriale la gestione del lavoro era strettamente gerarchica, soprattutto in Germania. L’attività doveva essere divisa dal tempo libero e ciò si rispecchiava nella separazione tra luogo di lavoro e spazio abitativo. I datori avevano paura di perdere il controllo sullo sforzo effettivamente profuso dai dipendenti, solo recentemente si registra un cambio di prospettiva». In ogni caso, se è vero che lavorando online si ridurrebbero stress, viaggi per i pendolari e spese collaterali, è vero anche che la collaborazione e gli incontri fisici sono delle occasioni sociali e il sentirsi parte di un team che si scambia le idee agevola la creatività. Inoltre, l’ufficio rappresenta un luogo paritario, dove ognuno vive le stesse condizioni lavorative. Dunque, «la cosa più giusta sarebbe far scegliere i dipendenti, in base alle esigenze» prosegue Eichhorst, visto che, per i più pignoli e diffidenti, anche i software digitali ad oggi possono controllare l’attività dei dipendenti e, tramite il consenso per la condivisione dello schermo, rendono possibile visionare le finestre del browser aperte.

L.R., M.S.

APPROFONDIMENTO TEMATICO: Dalla corsa allo spazio a quella per il vaccino: sviluppi e controversie in merito alla realizzazione del vaccino contro il Covid-19

La Russia mira a diventare il primo Paese al mondo ad avere una formula di immunizzazione contro il Covid-19 approvata, secondo il capo del Russian Direct Investment Fund (RDIF), che sta finanziando la ricerca, Kirill Dmitriev. In una trasmissione televisiva egli ha affermato che “gli americani rimasero sorpresi quando sentirono il segnale acustico provenire dal satellite Sputnik. È la stessa cosa che accadrà con questo vaccino. La Russia ci arriverà per prima”. In questo senso, la scienza russa sta evocando lo stesso spirito di successo della corsa allo spazio nella corsa allo sviluppo di un vaccino contro il coronavirus.

“Tuttavia, la priorità dei nostri scienziati non è l’essere i primi, bensì la protezione delle persone”, ha ammonito Dmitriev.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della sanità, ci sono attualmente studi clinici in tutto il mondo su 26 potenziali vaccini contro il coronavirus. Tuttavia, negli elenchi dell’OMS non appaiono i vaccini russi che si trovano nella seconda o terza fase dei test.

Il prodotto utilizza vettori adenovirus umani che sono stati resi più deboli in modo da non replicarsi nel corpo e a differenza della maggior parte dei vaccini in fase di sviluppo, si basa su due vettori, non uno, e ai pazienti dovrebbe essere somministrata una seconda dose di richiamo in un secondo momento.

Gli studi sul farmaco sono condotti dall’istituto di ricerca statale Gamaleya di Mosca, che ha dichiarato che entro il 10 agosto sarà completata la seconda fase dei test di un vaccino anti-coronavirus. I venti volontari che si sono sottoposti alla sperimentazione del vaccino, infatti, sono stati dimessi lunedì 20 luglio dopo circa un mese di osservazione: a questo proposito, il Ministero della difesa, che ha lavorato insieme all’Istituto Gamaleya per produrre il vaccino, ha dichiarato che i volontari hanno mostrato inequivocabilmente l’immunità a Covid-19.

Tuttavia, prima di lanciare una vaccinazione di massa, il farmaco deve ricevere un’approvazione normativa, che ne certifichi la reale efficacia e sicurezza.

Secondo il capo del dipartimento di virologia dell’istituto di medicina sperimentale “Riborodintseva”, la professoressa ed esperta OMS Larisa Rudenko, nonostante un gran numero di sviluppi interessanti, un vaccino efficace e sicuro per il coronavirus non è ancora stato creato. L’istituto procede con un metodo diverso che prevede l’elaborazione di un vaccino vivo, che prende come vettore il vaccino antinfluenzale domestico, a cui sono stati aggiunti gli antigeni sintetizzati del coronavirus, ovvero quelli responsabili dell’immunogenicità. “Se il coronavirus inizia a circolare come un virus stagionale, allora avremo già la possibilità di vaccinare simultaneamente le persone contro l’influenza e il coronavirus” aggiunge l’esperta.

Inoltre, gli esperti di tutto il mondo hanno reagito con grande scetticismo agli sforzi di Mosca sul fronte medico e il mese scorso, Stati Uniti, Canada e Regno Unito hanno accusato la Russia di aver tentato di rubare informazioni sul vaccino per il Covid-19. Nelle accuse di Washington è rientrata anche la Cina, ma Mosca e Pechino hanno respinto queste accuse, indicando la mancanza di prove.

D.S., S.N.

AFRICA

APPROFONDIMENTO TEMATICO: Le sorti dell’istruzione in Angola post-Covid

In Angola, come riporta Observador,il Sindacato Nazionale dei Professori è allarmato per la mancanza di infrastrutture scolastiche nel Paese, poiché non presentano le condizioni adatte a garantire il rispetto delle norme anti contagio. La proposta dei professori angolani è quella di ripartire con le lezioni direttamente a settembre, tenendo un occhio vigile sulla curva epidemiologica. Il primo elemento importante ad essere assente nelle scuole angolane è l’acqua: spesso è un bene molto scarso se non addirittura assente. Un altro fenomeno è quello degli asili, come scrive l’Observador. Questi ultimi infatti, hanno licenziato nelle ultime settimane più di 5000 persone e molti chiuderanno definitivamente. A dare l’allarme è stata una rappresentante del settore, che spiega che ciò che sta succedendo è una reazione al mancato pagamento delle tasse scolastiche che si prolungherà fino al ritorno in aula. Infatti, il governo angolano, ha sospeso i pagamenti delle tasse scolastiche in tutte le istituzioni pubbliche e private, fino al ritorno delle lezioni in presenza le quali ancora non hanno una data certa. Questa scelta ha portato problemi di carattere economico, sociale ed educativo. In merito alla questione, D’jandira Catela do Vale (della commissione esecutiva dei centri infantili) che rappresenta 200 centri infantili privati in tutto lo stato ha ricordato che le scuole sono chiuse dal 22 aprile, giorno in cui è stato dichiarato lo stato di emergenza e che, nonostante ciò, la didattica è continuata a distanza usando la piattaforma Zoom. Purtroppo, però, molti centri sopravvivono con meno del 30% delle tasse scolastiche o anche meno, nonostante continuino a pagare per canoni di affitto “assurdi” e gli stipendi ai propri dipendenti. D’jandira Catela do Vale ha mandato un appello al Governo, affinché si impegni a far sì che le scuole continuino a poter lavorare. Ha anche previsto che in caso il governo non decida di rivedere la sospensione delle tasse scolastiche, 150 centri infantili della commissione esecutiva dovranno chiudere. L’argomento è stato affrontato anche da Jornal de Angola, che ha preso però in considerazione tutte le scuole, dagli asili alle università. A causa del rinvio delle lezioni circa 225 mila professori e personale amministrativo rimarranno senza lavoro. L’istruzione privata offre più posti di lavoro del settore pubblico e per questo Antonio Pacavira (presidente dell’Associazione Nazionale per l’Insegnamento Privato) ha chiesto una risposta tempestiva dal governo. La proposta fatta è quella di fornire una sorta di reddito momentaneo affinché non ci si debba trovare costretti a doversi licenziare. Un’altra proposta fatta al governo è quella di guardare al futuro e continuare a fare lezione online, soluzione che però il governo guarda con diffidenza. Di fatto, però, le lezioni online salverebbero da molti licenziamenti.

M. P., D.F.

MEDIO ORIENTE

APPROFONDIMENTO TEMATICO: Le festività islamiche durante il covid-19: nuove tradizioni?

Per molti fedeli di religione islamica l’inizio del Ramadan, i festeggiamenti del Eid al-Fitr e del Eid al-Adha si sono sovrapposti ad un periodo molto difficile per l’intera umanità.

A causa del coronavirus, infatti, molti musulmani si sono ritrovati a dover festeggiare in circostanze del tutto nuove e inaspettate.

Cominciamo dal Ramadanرمضان”, il mese sacro del digiuno dedicato alla preghiera, alla meditazione e all’autodisciplina, che quest’anno si è svolto in maniera molto diversa, senza la preghiera collettiva al tramonto, senza l’Iftar e con le moschee chiuse.

Il Ramadan è considerato da molti come un importante momento sociale, oltre che spirituale: dopo il tramonto, infatti, famiglie e amici solitamente si riuniscono in gruppi numerosi, per mangiare e festeggiare insieme.

Quest’anno, però, le restrizioni in vigore in quasi tutto il mondo per limitare la diffusione del coronavirus hanno trasformato il Ramadan in modo significativo: in moltissimi Paesi è stato vietato l’ingresso alle moschee, le preghiere pubbliche sono state annullate e le famiglie sono state costrette a utilizzare le videochiamate per le grandi cene che normalmente coinvolgono un vasto numero di amici e parenti.

E anche la fine, così come l’inizio, si è svolta in condizioni straordinarie. Inaugurato il 24 aprile nella totale chiusura dei fedeli musulmani di tutto il mondo, il Ramadan si conclude ancora in lockdown festeggiando Eid al-Fitr “عيد الفطر, la festa dell’interruzione del digiuno, dentro casa.

Queste manovre per contrastare la diffusione del Covid-19, si sono protratte anche per il Eid al-Adha “عيد الأضحى”, la festa del sacrificio, che segna l’inizio del pellegrinaggio nel mese Dhū l-Ḥijja.

Difatti, il tradizionale pellegrinaggio è stato fortemente ridimensionato a causa della pandemia: l’evento che solitamente richiama alla Mecca oltre due milioni di persone da tutto il mondo, nel 2020 vedrà l’affluenza di un massimo di dieci mila pellegrini, tutti locali, con accesso contingentato, distanziamento sociale e rigide misure di sicurezza.

Le autorità del Regno hanno infatti imposto il divieto di arrivo ai fedeli internazionali, una misura decisa da Riad nel tentativo di limitare nuovi contagi da Covid-19, in quanto l’Arabia Saudita ha registrato il numero più alto di casi nella zona, divenendo così uno dei principali focolai del Medio Oriente.

Tutti i pellegrini sono sottoposti al controllo della temperatura al loro arrivo alla Mecca e sono obbligati a un periodo pre e post quarantena. Inoltre, è previsto l’obbligo di indossare la mascherina in ogni fase dell’Hajj (pellegrinaggio), come riportato dalla BBC Arabic.

Dal punto di vista economico, invece, annualmente il pellegrinaggio fa entrare nelle casse saudite circa dieci milioni di euro e l’enorme perdita economica di quest’anno si somma a quelle già registrate dal regno saudita a causa di una crisi finanziaria preesistente alla pandemia del Covid-19.

S.H.

AMERICA

APPROFONDIMENTO TEMATICO: Canada, il primato del Québec per le spese anti Covid

Il Québec è il campione degli interventi economici anti Covid-19, primo a livello provinciale per iniezioni di somme di denaro per contrastare gli effetti della pandemia.

In una recente analisi, il Responsabile del bilancio parlamentare del Canada ha messo a confronto il coinvolgimento di vari governi provinciali nella lotta contro il Covid-19. Come riportato da La Presse, l’organismo federale ha preso in esame non solo l’assistenza diretta dei governi, ma anche il sostegno finanziario alle imprese e alle società di trasporto pubblico. È emerso che il Québec ha immesso 28,7 miliardi di dollari nell’economia per combattere il Coronavirus, 10 miliardi di dollari in più rispetto all’Ontario (17,5 miliardi di dollari): le due province del Canada centrale fanno la parte del leone sul totale delle altre province di 66,6 miliardi di dollari. Queste operazioni di finanziamento, sebbene importanti, sono ancora relativamente modeste rispetto a quelle del governo federale. Il governo Trudeau ha immesso 403,4 miliardi di dollari nell’economia, ovvero il 18,7% del PIL del Canada! E potrebbe non essere ancora finita.

Il governo del Québec stima i suoi interventi a 28,3 miliardi di dollari, di cui 3,7 miliardi sono destinati a rafforzare il sistema sanitario, mentre 5,8 miliardi sono stati utilizzati per sostenere i salariati e i liberi professionisti. Il resto, 18,8 miliardi di dollari, sono volti all’obbiettivo, suggestivamente intitolato, di «mitigare l’impatto della pandemia sull’economia». Gran parte dei 28 miliardi di dollari non rappresentano una spesa, ma un investimento anticipato (2,9 miliardi di dollari) o un rinvio dei crediti (5,8 miliardi di dollari per il tasso di vendita, 4,5 miliardi di dollari per le imposte sul reddito dei privati e altri 2,8 miliardi per gli acconti provvisori).

Quanto al bilancio, il deficit del Québec quest’anno non si avvicinerà a 28 miliardi di dollari, ma ammonterà piuttosto a circa 10,9 miliardi, e possiamo aspettarci che l’anno prossimo scenderà a circa 6 miliardi. Tuttavia, questi apporti di liquidità dovranno essere finanziati e richiederanno a loro volta liquidità, soprattutto perché si aggiungono ai debiti provinciali in scadenza che dovranno essere rifinanziati, oltre ai disavanzi che erano stati previsti. In totale, quindi, tenendo conto dei circa 67 miliardi di dollari di misure Covid-19 dei governi provinciali, le province richiederanno 195 miliardi di liquidità entro la fine del 2021. Tra le quattro province con la maggiore richiesta di fondi, il Québec ha il migliore rating di credito, seguito da Ontario, Manitoba e Terranova.

In conclusione, l’analisi del Responsabile di bilancio non esprime giudizi in merito all’adeguatezza e l’impatto delle iniezioni di liquidità da parte del Governo; un giorno, forse, gli economisti ci diranno in che misura, a posteriori, le azioni dei governi provinciali – e del Québec in particolare – sono state benefiche o meno per l’economia, a seconda delle modalità di intervento.

S.C.

ASIA

APPROFONDIMENTO TEMATICO: L’impatto economico della Cina sull’economia occidentale post-Covid

La Cina, ad oggi, è sicuramente uno degli Stati più potenti al mondo. L’eccezionale crescita economica e la rivendicazione di un maggior peso politico a livello internazionale hanno permesso alla Cina di conquistarsi un posto d’onore all’interno dell’assetto geo-politico mondiale. Inoltre, la proiezione regionale e internazionale del Paese ha aumentato enormemente la sua influenza nelle relazioni internazionali al punto da poter cambiare le relazioni economiche e gli equilibri geo-politici non solo in Asia, ma anche in molte altre aree del globo.

Il coronavirus,  come riportato da Wired, non solo ha scatenato un’emergenza globale al livello sanitario, ma ha anche prodotto una serie di effetti importanti sull’economia, poiché i mercati internazionali stanno reagendo alle contromisure prese dal governo cinese e da quelli degli altri Paesi in diversi settori, dal turismo al commercio.

Innanzitutto, ci sono gli effetti diretti sulla città di Wuhan, da dove il virus, come noto, si sarebbe propagato.  Metropoli da oltre 11 milioni di abitanti, diventata negli anni uno dei centri propulsori degli investimenti cinesi sulle nuove tecnologie e l’industria pesante dove I tassi di crescita sono stati superiori alla media nazionale, arrivando a sfiorare il 7,8% nel 2019 dopo l’8% del 2018. L’isolamento completo della città ha rappresentato un duro colpo per la produzione, ed è destinato a tradursi in un calo generale dei consumi, delle importazioni e delle esportazioni.

Poi ci sono gli effetti più ampi sull’intera Cina. La chiusura forzata per le  Le Borse di Shanghai e Hong Kong,  ha avuto effetti sui titoli delle società quotate e secondo Shaun Roache, capo economista di Standard & Poor’s per la regione Asia-Pacifico, uno degli effetti principali potrebbe essere legato a un crollo dei consumi da parte dei cinesi stimato attorno al 10% soprattutto nei settori relativi turismo e agli acquisti, il che si tradurrebbe in una contrazione del Pil cinese dell’1,2%, come riporta Il Sole 24 Ore.

A guadagnare sono invece le azioni di aziende che operano nel settore sanitario, alcune delle quali sono quotate sul listino ChiNext. Shanghai Dragon, per esempio, specializzata in prodotti medicali monouso ha visto il titolo salire del 10%, così come anche l’azienda Tianjin Teda, specializzata nella produzione di mascherine monouso. Jiangsu Bioperfectus Technologies,  che ha creato un sistema di monitoraggio degli ospedali, ha visto salire le azioni addirittura del 20%, come riportato da aboutpharma.

Stessa tendenza si registra anche per le azioni di aziende sanitarie di Paesi limitrofi, come il Giappone, dove la società Kawamoto Corporation, che produce mascherine, guanti monouso e salviettine disinfettanti ha visto schizzare il valore delle azioni a un più 23,6%.

Il mercato del lusso sembra essere tra i più colpiti. Le azioni del colosso Lvmh guidato da Bernard Arnault, che possiede alcuni dei marchi più apprezzati dai nuovi ricchi cinesi, in un primo momento ha perso oltre il 5% ma adesso è in ripresa, così come i titoli di altre grandi firme, tra cui Ferragamo e Prada, che stanno riguadagnando terreno.

Pesanti ripercussioni si sono viste anche sulle compagnie aeree internazionali. Le azioni di EasyJet, per esempio, hanno perso il 4,6% e International Consolidated Airlines il 4,3%. Male anche AirFrance (-4,5%) e soprattutto Lufthansa, che è arrivata a perdere fino al 5,2%.

Secondo le stime del sito Statista, nel 2019 il numero di turisti cinesi è stato di circa 2,8 milioni di persone, con un impatto importante per l’economia del Paese. Il blocco totale dei viaggi porta sicuramente ripercussioni all’economia globale.

Le grandi compagnie, come Facebook, hanno ridotto i contatti con la Cina, consigliando agli impiegati a evitare viaggi non necessari verso la Cina, ancora chiusa e impossibilitata ad accogliere gli stranieri, visto il numero di contagi in aumento.  È inoltre stato chiesto ai dipendenti che hanno viaggiato in Cina di lavorare da casa, come riporta Reuters.

Le aziende internazionali con sede in Cina stanno prendendo contromisure. Secondo quanto riportato da Npr, Starbucks ha chiuso oltre 2mila punti vendita nel Paese, in accordo con le autorità locali, per evitare che possano diventare luoghi di contagio. Una decisione simile ha preso anche McDonald’s. Disney, invece, ha chiuso il suo Resort a Shanghai, che accoglie ogni anno circa 12 milioni di visitatori, in attesa di nuove disposizioni da parte delle autorità. Toyota ha annunciato lo stop della produzione negli stabilimenti cinesi.

La situazione non è sicuramente delle più rosee, ma gli sforzi da parte dei Paesi colpiti dalla pandemia, stanno avendo il loro frutti. Collaborare tutti insieme permetterà al mondo di tornare a vivere serenamente.

G.R.

OCEANIA

APPROFONDIMENTO TEMATICO: Covid-19: i casi più recenti, ultime restrizioni e test sperimentali in atto

Secondo il The Guardian, in Australia, il premier Daniel Andrews, ha imposto tre nuove restrizioni dovute al Covid in tutta la regione di Victoria, attive a partire dal 6 agosto.

Dopo che lo Stato ha di recente registrato altri 671 casi di coronavirus e sette morti, il premier ha annunciato uno “stato di calamità”.

La polizia di Victoria ha ricevuto “poteri straordinari” per far rispettare le limitazioni sui movimenti delle persone e per emettere multe fino a 5.000 dollari. La sanzione, che può essere emessa per aver violato gli ordini di quarantena e di isolamento, è la più grande multa in loco prevista dalla legge del Victoria.

Nel Regno Unito,secondo quanto riportato dal The Guardian, l’Ufficio Nazionale di Statistica (ONS) hainformato della morte di 8.892 persone in Inghilterra e in Galles verso la fine del mese di luglio. Tuttavia, il numero di morti relativi al Covid è sceso a livelli che non si vedevano da metà marzo: i decessi sono in calo in tutte le regioni inglesi, ad eccezione dello Yorkshire, dell’Humber e delle East Midlands, dove le cifre mostrano piccoli aumenti.

Il primo ministro Nicola Sturgeon afferma che ci sono stati altri casi di coronavirus in Scozia, che rappresentano lo 0,9% delle persone appena testate. Nel complesso, questo porta il numero complessivo di casi positivi a 18.717.

In Irlanda del Nord il numero totale di persone che sono state infettate è di 5.996, senza nuovi decessi registrati, lasciando il totale a 556, secondo i dati ufficiali.

Secondo la CBC in Canadasono confermati 117,333 casi da COVID-19.

L’ Ottawa Public Health (OPH) ha eseguito più di 1.650 test combinati nel primo weekend di agosto, come riporta la CBC. L’Ontario, invece, ha visto un totale di 39.628 casi confermati da quando l’epidemia è iniziata a fine gennaio e di questi, quasi il 90% è considerato risolto, come riportato dalla CBC.

Intanto, nel Paese, una società farmaceutica sta esortando il Governo a condurre i test di un potenziale vaccino sugli esseri umani.

Secondo il National Post, questi test erano già stati condotti sui ratti e un importante esperto di assistenza sanitaria afferma che, nonostante i risultati siano promettenti, è ancora presto per dare un giudizio definitivo sulla loro riuscita.

Gli Stati Unitiiniziano i test di un farmaco contenente anticorpi contro il coronavirus.

Come riportato da CNBC, saranno impiegati nel trattamento sperimentale dal farmacista Eli Lilly.

Dato il numero elevato di pazienti negli ospedali americani il farmacista, in collaborazione con l’NIH, ha annunciato il nuovo trattamento che prevede l’uso di anticorpi monoclonali, secondo CBS News.

Secondo CNN, si tratterebbe di proteine del sistema immunitario in grado di colpire una singola struttura del virus che potrebbe comportare il rallentamento o addirittura l’eliminazione dell’infezione.

S.C, S.P

Rassegna stampa a cura di:

Ariela Capuano (responsabile lingua inglese)
Salvina Calanducci e Simona Picci (lingua inglese)
Giulia Deiana (responsabile lingua francese)
Silvia Calbi e Elen’Alba Vitiello (lingua francese)
Alessandra Semeraro (responsabile lingua spagnola)
Lavinia Cataldi, Michela Di Franco e Ilaria Violi (lingua spagnola)
Veronica Battista (responsabile lingua portoghese)
Martina Pavone e Diana Fagiolo (lingua portoghese)
Silvia Santini (responsabile lingua tedesca)
Michela Sartarelli e Laura Razzini (lingua tedesca)
Clarissa Giacomini (responsabile lingua russa)
Silvia Noli, Diana Sandulli (lingua russa)
Sara Zuccante (responsabile lingua araba)
Samar Hassan (lingua araba)
Claudia Lorenti (responsabile lingua cinese & coordinatrice del progetto)
Gioia Ribeca (lingua cinese)

E-STATE in Italia

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Sicilia on the road

E se non poter viaggiare all’estero fosse invece una gran fortuna?

Perché, forse non ce ne siamo mai resi conto, ma il nostro Bel Paese non ha davvero nulla da invidiare a tante altre mete gettonate in giro per il mondo.
Abbiamo splendide spiagge, maestose montagne, città antiche e moderne, panorami mozzafiato e vallate incontaminate. Ogni centimetro di questa terra è pregno di storia e bellezza.
E quale miglior modo di viaggiare on the road, per non perdersi neanche una di queste meraviglie?

Pronti? Allacciate le cinture, oggi vi portiamo in…Sicilia!

Nota come la più grande isola dell’Italia e del Mediterraneo, la Sicilia è una terra sorprendente ricca di storia e tradizioni, in cui arte e cultura si intrecciano con meravigliose bellezze naturali. Dal mare alla montagna, passando per campagne, vulcani e borghi marinari, sono davvero tanti i motivi per visitare quest’isola. Per questo, vi proponiamo un tour on the road, lungo sei giorni di cammino, durante i quali, partendo da Palermo ed arrivando fino a Messina, avrete l’opportunità di visitare, senza troppa fretta, alcune delle mete più note e gettonate dell’isola. Tra queste, ben 5 sono state dichiarati Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco: Ragusa Ibla, il quartiere più antico della città di Ragusa, che svetta dall’alto della collina tra i monti Iblei, e che vanta più di cinquanta chiese e palazzi nobiliari; la Scala dei Turchi, una delle spiagge più belle di tutta la Sicilia con la sua falesia bianca che si erge a picco su un mare azzurrissimo; Agrigento e la Valle dei Templi, con il suo parco archeologico perfettamente conservato, il più grande al mondo;  Noto, capitale indiscussa del Barocco siciliano, con un patrimonio artistico di chiese e palazzi eccezionali;  l’Etna, uno dei vulcani più attivi al mondo.

Per cui, cosa aspettate a partire?

A voi la scelta di noleggiare una macchina direttamente sull’isola, o di imbarcare sul traghetto la vostra autovettura.
Questo l’itinerario:

I° giorno: Palermo

2° giorno: Riserva dello Zingaro ed Erice

3° giorno: Saline di Marsala/Valle dei Templi/Scala dei Turchi

4° giorno: Ragusa Ibla/Modica/Noto/Marzamemi/Isola di Ortigia

5° giorno: Siracusa/Taormina

6° giorno: Etna/Messina

#LUXURYMOMENTS: #DESTINATIONGEMS

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IL LIBANO IN GINOCCHIO

Con le esplosioni a Beirut del 4 agosto dal bilancio, ancora provvisorio ma molto tragico, si contano 137 vittime, 5 mila feriti, centinaia di dispersi e 300 mila sfollati nella capitale, senza un tetto nel vero senza della parola. Palazzi crollati, abitazioni inagibili, il boato si è sentito fino all’Isola di Cipro. Quest’ultimo episodio accresce la rabbia tra i Libanesi residenti e tra quelli della diaspora internazionale. Tutti uniti per aiutare il loro paese a superare ancora una volta una tragedia, ma questa è veramente drammatica capitata inoltre in un periodo poco roseo per il Paese dei Cedri.

Il Libano stava vivendo una gravissima crisi economica e finanziaria che lo ha portato al default, è sicuramente un Paese complesso causato dal melting-pot religioso e sociale che lo compone, sfibrato da una guerra civile che è durata 30 anni, da un’instabilità politica e soprattutto economica che ha fatto crescere la rabbia degli abitanti contro lo Stato libanese che dallo scorso ottobre, a migliaia si sono riversati nelle strade per protestare. Il Libano è una nazione che importa tutto e produce poco, non ha elettricità e la sua ricchezza derivava dal settore terziario e soprattutto dal turismo che, per questioni di sicurezza, non si è più sviluppato nell’ultimo mezzo secolo. Tutti elementi che hanno messo il Libano in ginocchio.

Dal 4 agosto, I soccorritori sono sempre al lavoro tra le macerie, gli abitanti si sono rimboccati le maniche per ripulire le strade dai detriti e la diaspora libanese sparsa nel mondo è impegnata a raccogliere soldi per aiutare chi è rimasto ferito o chi ha perso la casa. Anche l’Istituto Culturale Italo-Libanese si sta muovendo tramite una raccolta fondi destinata a ricostruire un’ala, di un Ospedale, che è stata distrutta dall’esplosione, si tratta del “Karantina Government Hospital” che si trova nelle vicinanze del porto, un piccolo ospedale sito nel quartiere dove la gran parte della popolazione è povera.

Da sempre popolo del Paese dei Cedri ha dimostrato grande generosità accogliendo il più alto numero di rifugiati siriani nella regione e ancora prima di loro ha accolto i rifugiati palestinesi, molti di loro ormai inseriti nel tessuto sociale con passaporto libanese. Un giorno forse il Libano vedrà un Alba diversa ma tutto il mondo è lì a guardare e speriamo non solo… perché mai come oggi il paese dei Cedri ha bisogno del sostegno Internazionale.

Maria Christina RiganoConsigliere Istituto Culturale Italo Libanese

#ATUTTOMONDO

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La rassegna stampa internazionale dell’UNINT

Beirut, 135 morti e 5mila feriti a causa di un’esplosione che devasta parte della capitale libanese. Re Juan Carlos I abbandona la Zarzuela causando una crisi politica in Spagna. Come affermato dall’OMS, Wuhan potrebbe non essere la città d’origine del Covid-19. Aumentano i casi di Coronavirus in Angola, accuse di corruzione e negligenza ai poliziotti di Luanda.

EUROPA

È impossibile non dedicare l’articolo odierno alla notizia che ha pervaso la Spagna negli ultimi giorni: l’abbandono della Casa Reale Spagnola, La Zarzuela, da parte del Re Juan Carlos I.

El País ha dettagliatamente e fedelmente riportato il fatto negli ultimi giorni: il Re avrebbe preso questa drastica decisione in seguito ai precedenti scandali, indagati dalla procura svizzera (riguardanti i suoi conti in paradisi fiscali, scambi di denaro sospetti con i sauditi, numerose amanti), in maniera volontaria, per non danneggiare ulteriormente la reputazione della monarchia, e quindi, quella di suo figlio Felipe VI, Re in carica. Secondo il giornale spagnolo, la decisione è stata presa la scorsa domenica dopo un confronto con suo figlio, per abbandonare il lunedì la frontiera spagnola, dirigendosi in un primo momento in Portogallo. In seguito, Felipe VI, dalla Zarzuela, ha emesso un comunicato ufficiale per dare a conoscenza l’uscita dal Paese del padre. Alcune voci alludono alla prossima meta del Re: la Costa Rica, ma ciò non è confermato da nessuna fonte ufficiale.

Nel frattempo, El Mundo ci informa della plenaria straordinaria al Parlamento Catalano di venerdì 7 agosto per discutere delle situazione politica dopo la crisi causata dalla fuga del Re emerito. La plenaria è stata richiesta dal Presidente del governo catalano, Quim Torra, annunciando una possibile richiesta di abdicazione del Re Felipe VI. Torra ha convocato la plenaria in particolare per chiedere spiegazioni al monarca e al governo riguardo come sia stato possibile lasciar fuggire “una persona piena di privilegi e indagato per un caso immenso di corruzione”.

L.C, M.D.F. e I.V

Il Belgio sta attraversando una crisi politica. Dopo le dimissioni dell’ex primo ministro Michel il 21 dicembre 2018, il Paese ha raggiunto questo lunedì 3 agosto un record senza precedenti: 591 giorni senza governo. Sono stati incaricati di formare un nuovo governo Paul Magnette, presidente del Partito Socialista, e Bart de Wever, presidente di Nuova Alleanza Fiamminga. Come riportato dal sito di informazione Sudinfo,entrambi i due presidenti di partito devono coalizzarsi con una terza forza politica al fine di avviare i negoziati per la formazione di un nuovo Governo. In passato, il Belgio aveva già vissuto una crisi simile, durante i 589 giorni tra la fine del governo Leterme (26 aprile 2010) e l’insediamento del governo Di Rupo il 6 dicembre 2011.

EA.V.

In Svizzera, suscita interesse la struttura e l’organizzazione del Consiglio Federale che si basa su regole scritte e non scritte. Ad eccezione della collocazione dei suoi membri, il funzionamento del Consiglio Federale non è disciplinato da un vero e proprio protocollo, ma da vari documenti e consuetudini. Come riportato daLe Temp, si fa riferimento in particolare ad un memorandum, indirizzato ai membri dell’organismo e al Cancelliere, che fornisce tutti i principi di cui i membri del Consiglio federale devono essere a conoscenza quando assumono la carica. Inoltre, la Costituzione Federale stabilisce che il Governo funziona come un’autorità collegiale in cui ciascun membro è a capo di un dipartimento. Ma ci sono anche molte regole non scritte, come quella secondo cui ogni membro deve esprimersi nella propria lingua materna, poiché il Consiglio federale deve riflettere la diversità culturale della Svizzera.

S.C.

In Francia, martedì 4 agosto il presidente Emmanuel Macron ha annunciato che lo Stato sbloccherà un bonus Covid di 160 milioni di euro per 320 000 assistenti domiciliari. Come riportato da France 24, tale somma consentirà agli interessati di ottenere finalmente il premio di 1000 euro. In Francia, l’assistenza domiciliare supporta ben 800 000 persone anziane e 300 000 persone con disabilità. Il suddetto premio, che sarà versato prima di Natale, permetterà il pieno riconoscimento dei meriti di chi ha partecipato attivamente in qualità di assistente domiciliare durante la crisi sanitaria.

EA.V.

In Portogallo sono state divulgate le nuove regole per il ritorno in aula negli istituti di istruzione superiore, come riporta Diário de Notícias. L’obiettivo del Ministero della Scienza, Tecnologia e Istruzione Superiore è quello di garantire l’insegnamento presenziale attraverso il distanziamento fisico, l’uso di mascherine e la disinfezione degli spazi comuni, come anche test periodici sugli studenti, questi ultimi a discrezione dei vari istituti. Le lezioni in presenza verranno affiancate comunque a quelle online, mentre l’orario e i giorni di funzionamento delle istituzioni verrà ampliato includendo anche il sabato, al fine di poter alternare le ore di lezione e arieggiare i locali. Agli studenti e al personale viene consigliato l’uso dell’applicazione Stayaway Covid che monitora se si entra in contatto con un caso positivo. Inoltre, il governo ha pubblicato il bando per 435 medici di medicina generale e di famiglia recentemente specializzati da distribuire nelle varie regioni, mentre è stato prorogato il regime per la contrattazione di medici in pensione fino al 2021 per far fronte alla carenza di personale nella situazione ancora di emergenza causata dal Coronavirus, riferisce ancora Diário de Notícias. Continua l’emergenza incendi, questi giorni è allerta rossa in tutto il Portogallo continentale a causa del tempo secco e le temperature elevate previste fino a 43°. Proibita qualsiasi forma di fuoco, anche per pulizia, l’uso di materiali pirotecnici e lavori con macchinari, secondo Público.

D.F.

Le Borse europee non riescono a recuperare la crisi subìta dal coronavirus. Alcune delle principali economie mondiali, tra cui gli Usa e la Germania, hanno pubblicato crolli senza precedenti del loro PIL. Secondo quanto si legge dalle pagine di Der Spiegel, la Germania sta vivendo un crollo dell’economia e del mercato del lavoro ancora più grave rispetto alla crisi finanziaria del 2008: il PIL è pari al -10,1% e il numero di persone occupate è diminuito ancora dell’1,4%.

Mercoledì 5 agosto il giornale online die Zeit riporta un bilancio degli utili e delle perdite delle maggiori società leader. Stando a quanto si legge, il gruppo Deutsche Post ha vissuto un aumento significativo nelle vendite e nei profitti, anche maggiore rispetto a quanto atteso dagli esperti. Ad aver registrato una forte crescita è stato soprattutto l’e-commerce proprio tra aprile e giugno, periodo di maggiori restrizioni per arginare la pandemia. Infatti, grazie alla ripresa del commercio online, l’indice DAX registra un plus del’1,6% nelle azioni della Deutsche Post. L’EBIT è salito quasi al 19%, il fatturato è aumentato del 3%, sfiorando i 16 miliardi di euro e l’utile degli azionisti è arrivato a 525 milioni di euro rispetto ai 458 milioni dell’anno precedente (dati consultabili su manager magazin). Al contrario invece, Commerzbank vede rosso sul 2020. Gravemente colpita dalla crisi da Covid e affossata dal fallimento del fornitore finanziario Wirecard, nel solo secondo trimestre ha registrato un utile netto in diminuzione del 21% a 220 milioni di euro, contro i 279 milioni dello scorso anno nello stesso periodo. Per questo infatti le ipotesi sono tutt’altro che positive e la banca prevede di chiudere l’anno in perdita. Secondo il Frankfurter Allgemeine, gli accantonamenti per perdite su crediti nel trimestre sono saliti a 469 milioni di euro rispetto ai 178 milioni di euro dell’anno scorso. Dati spaventosi, sebbene però, circa 175 milioni si stima riguardino i prestiti a Wirecard. Il CFO del gruppo, Bettina Orlopp, nella prima settimana di agosto voleva presentare nuovi obiettivi di risparmio con il CEO Martin Zielke, ma tutto è sfumato per la crisi manageriale che ha visto dimettersi proprio lo stesso Zielke oltre che il presidente Stefan Schmittmann all’inizio di luglio. Stesso bilancio vale per la società assicurativa Allianz, la cui interruzione delle attività ha portato una diminuzione dell’EBIT del 19%, e per la casa automobilistica BMW. Quest’ultima, in rosso per la prima volta in undici anni, ha venduto un quarto delle automobili rispetto all’anno scorso, il fatturato è sceso del 22,3% e la perdita stimata è di 212 milioni di euro per via della chiusura dei concessionari in Europa e in America. Tuttavia, il gruppo sembra fiducioso per il semestre a venire. Come si legge su Der Spiegel, il direttore finanziario Nicolas Peter dichiara: «considerando le nostre vendite di automobili su un piano globale si avverte una ripresa nello sviluppo del mercato in Cina e anche negli USA, dunque siamo sulla buona strada per il raggiungimento dei nostri obiettivi per l’anno». Il tutto, sperando che non ci sarà una seconda ondata di infezioni e di nuove misure contenitive.

M.S., L.R.

Nel Regno Unito, secondo quanto riportato dalla BBC, Anne Longfield, commissaria per l’infanzia, afferma che i bambini hanno diritto all’istruzione e che le scuole dovrebbero essere le prime ad aprire e le ultime a chiudere. Inoltre, dichiara che i bambini hanno un ruolo minore nella diffusione del coronavirus rispetto agli adulti e che hanno anche meno probabilità di ammalarsi.

In un briefing, Longfield prevede che alunni e insegnanti vengano regolarmente sottoposti a test, in modo da poter isolare i casi di Covid-19 confermati “senza dover necessariamente mandare a casa intere classi”.

Nick Gibb, membro del Parlamento, come riportato dall’Express, ha confermato che tutte le scuole in Inghilterra riapriranno a settembre 2020. Tuttavia, la decisione di porre fine alla chiusura delle scuole ha suscitato preoccupazione tra alunni, genitori e personale sulla possibilità di adottare determinate precauzioni contro il coronavirus.

S.C., S.P.

La Federazione Russa si è immediatamente mobilitata per portare aiuti e soccorsi in Libano, a sostegno della drammatica situazione di emergenza avvenuta martedì 4 agosto causata dall’esplosione 2750 tonnellate di nitrato d’ammonio, sostanza utilizzata anche per la costruzione di ordigni esplosivi. La deflagrazione, partita dall’interno della nave container Rhosus, ha causato la totale distruzione del porto di Beirut ed un’onda d’urto di 20 chilometri. Basti pensare che l’esplosione è stata avvertita anche nella vicina isola di Cipro che dista 160 chilometri dalla capitale libanese.

Il presidente della Federazione Russa Vladimir Putin ha inviato un messaggio di condoglianze al Presidente della Repubblica del Libano Michel Aoun per l’immensa perdita di vite e la distruzione causata dall’esplosione nel porto di Beirut.

“In Russia condividiamo il dolore del popolo libanese. Vi invio parole di affetto e mando il mio supporto alle famiglie delle vittime e ai loro amici e invio un augurio di pronta guarigione ai feriti.” Ha scritto il presidente Putin nel telegramma rivolto al presidente Libanese.

Questa mattina è partito da Saratov il quarto volo di soccorso inviato dalla Russia. A bordo ci sono 15 specialisti del Rospotrebnadzor (L’istituto Federale per la tutela dei diritti e del benessere del consumatore) e attrezzature necessarie per l’allestimento di laboratori per la rilevazione di COVID-19. Inoltre, mercoledì sera sono arrivati a Beirut soccorritori, medici, psicologi, inviati dal MES, il ministero russo per le situazioni di emergenza. In totale, gli aerei inviati compiranno cinque voli con lo scopo di portare 150 tra specialisti e soccorritori nella capitale libanese. 

Disastro già annunciato però, dato che la nave contenente il nitrato di ammonio, Rhodus, proveniente dalla Russia e battente bandiera moldava, era ormeggiata nel porto di Beirut dal 2013 in quanto era stata fermata e posta sotto sequestro per mancanza di misure di sicurezza. La nave era diretta a Mozambico, ma non era stata più lasciata salpare. Il governo libanese era a conoscenza della sua pericolosità in quanto ha ricevuto diverse lettere di richiamo dai funzionari della dogana che premevano affinché la sostanza venisse correttamente smaltita o ceduta all’esercito libanese. Nessun esponente russo si è espresso in merito a quest’ultima informazione.

Ad oggi sono 150 i decessi causati dall’esplosione e 5000 feriti. Il governatore della capitale libanese ha stimato i danni dell’esplosione a 3-5 miliardi di dollari, con 300.000 persone rimaste senza casa.  Sergej Vorontosov, a capo della task force del ministero, non esclude la possibilità di aumentare i soccorsi e le persone inviate a Beirut. Inoltre, questa mattina, il Ministro Libanese del Commercio e dell’Economia Raoul Nehme ha affermato che il Libano non ha capacità finanziaria per far fronte alle conseguenze dell’esplosione: viene richiesto l’intervento della Comunità Internazionale.

 S.N., D.S.

AFRICA

In Algeria, la Procura ha chiesto una condanna a quattro anni di carcere contro il giornalista Khaled Drareni, diventato simbolo della lotta per la libertà di stampa, e i suoi due co-imputati. Reporter senza frontiere ha chiesto il ritiro di tutte le accuse contro il suo corrispondente in Algeria, arrestato dopo aver partecipato a una manifestazione del movimento di protesta popolare Hirak. Come riportato da Le Monde Afrique, il giornalista è stato processato in videoconferenza, causa emergenza sanitaria, dal carcere di Kolea, dove il 29 marzo è stato posto in custodia cautelare. Durante l’udienza, ha respinto le accuse, dicendo di aver solo fatto il suo lavoro di giornalista freelance.

S.C.

In Angola, come riporta Angonotícias, la polizia è stata accusata di ricevere delle mazzette al fine di non prendere provvedimenti con chi non rispetta le regole anti contagio. Sono i cittadini di Luanda a denunciare l’accaduto affermando che questa negligenza abbia fatto aumentare i casi di Coronavirus nell’area. Alcuni cittadini che vivono in punti diversi di Luanda sono stati interrogati e hanno manifestato la loro preoccupazione poiché i casi positivi sono in aumento e la polizia non sembra collaborare. Uno degli interrogati, il signor Muandumba che vive a Saurimo, nella parte Sud di Luanda denuncia l’estrema facilità degli spostamenti tra le varie regioni e, di conseguenza, la mancanza di controlli da parte della polizia.

M. P.

In Tunisia, il Ministro della sanità tunisino Mohamed Al-Habib Al-Kushu ha annunciato l’obbligo di indossare le mascherine sanitarie in tutto il Paese per limitare la diffusione del nuovo ceppo di coronavirus, a condizione che vengano imposte sanzioni ai trasgressori.

Mohamed Al-Habib Al-Kushu ha dichiarato in una conferenza stampa che “lo sviluppo di mezzi di protezione, in particolare le mascherine, è obbligatorio e le sanzioni saranno approvate a breve”, sottolineando che vi sarà una riunione di gabinetto per approvare le tipologie di sanzioni.

La decisione sarà attuata per i luoghi pubblici all’interno del Paese, secondo il Ministero della Salute. In totale, la Tunisia ha raggiunto 1585 contagi dall’inizio di marzo, di cui 51 morti, e 306 persone ancora portatrici del virus.

Con l’inizio della registrazione dei primi casi nel Paese, le autorità tunisine hanno rapidamente chiuso le loro frontiere aeree, marittime e terrestri il 16 marzo, come riportato da Sky News Arabia.

S.H.

MEDIO ORIENTE

Un’esplosione dalla potenza impensabile ha seminato panico e devastazione in tutta Beirut e nei suoi sobborghi.

Almeno 135 morti e 5mila feriti, secondo un bilancio ancora provvisorio dello scoppio avvenuto nel porto, sulle cui cause prevale ancora l’incertezza.

Secondo fonti ministeriali, il gabinetto libanese ha avviato una sessione di emergenza per porre agli arresti domiciliari i funzionari del porto di Beirut che dal 2014 si sono occupati di immagazzinare e trattare il nitrato di ammonio, anche se non è ancora noto quanti funzionari saranno soggetti a tale decisione. Il compito di eseguire gli arresti domiciliari sarà affidato all’esercito libanese per individuare i responsabili dietro la massiccia esplosione avvenuta al porto, secondo la BBC Arabic.

Il presidente Michel Aoun ha infatti affermato che 2750 tonnellate di nitrato di ammonio sono state immagazzinate rischiosamente in un deposito per circa sei anni. Il Consiglio dei ministri ha inoltre annunciato l’imposizione dello stato di emergenza a Beirut per un periodo di due settimane.

L’ex primo ministro libanese, Saad Hariri, ha pubblicato i risultati della riunione degli ex primi ministri, in cui ha dichiarato che “è un dovere ritenere responsabili tutti coloro che hanno dimostrato l’incapacità di adottare le misure amministrative e giudiziarie che avrebbero potuto prevenire questa catastrofe”.

Gli ex capi di governo hanno poi sottolineato l’esigenza di chiedere alle Nazioni Unite e alla Lega araba di formare una commissione per indagare sull’incidente che includa giudici ed investigatori imparziali al fine di rivelare le reali circostanze del “disastro”.

Gli ex funzionari libanesi hanno attribuito la causa della catastrofe alla “perdita di leadership e volontà”. I Presidenti a loro volta hanno invitato i servizi di sicurezza del porto a “collaborare per preservare la scena del crimine e garantire che non venga manomessa”, come è stato riportato dalla CNN Arabic.

 S.H.

AMERICA

Una scuola elementare nello Stato della Georgia, Stati Uniti, si è vista costretta a chiudere una delle sue aule a soli due giorni dall’inizio dell’anno scolastico poiché uno degli studenti è risultato positivo al coronavirus, come si legge su Fox News.

Alcuni distretti scolastici di Atlanta si interrogano sui protocolli di sicurezza da adottare di fronte a immagini che ritraggono il campus affollato di studenti stipati al suo interno, secondo quanto riportato da CBS News.

Tuttavia, non viene richiesto esplicitamente l’uso delle mascherine a studenti e insegnanti e nelle linee guida non è previsto il controllo della temperatura ma si incoraggiano i genitori nel farlo a casa, secondo The World News.

Il Canada e alcuni suoi alleati hanno dato inizio ad un’esercitazione navale di tre settimane nell’Artico. Secondo The Canadian Press, lo scopo principale è quello di diffondere un messaggio di coesione alle comunità avversarie evitando il contatto e la diffusione del coronavirus.

Questa esercitazione di addestramento è nota come “Operazione Nanook” e quest’anno per la prima volta parteciperanno anche Stati Uniti, Francia e Danimarca, come si legge su CTV News.

Per la sua posizione strategica, i Paesi occidentali e orientali da tempo si contendono l’Artico e hanno costantemente ampliato le loro attività militari nella regione, sollevando preoccupazioni su possibili conflitti, come riportato da Canada’s National Observer.

S.C., S.P

La magistratura boliviana ha accusato e chiesto la detenzione per l’ex presidente Evo Morales per finanziamento di terrorismo a causa del suo presunto coinvolgimento nei conflitti avvenuti in diverse città e il cui esito è stato il colpo di stato che lo ha portato ad assumere la carica.

Secondo quanto si legge su un articolo di Hoy, l’accusa si basa su un audio – divulgato nel novembre 2019 – di una conversazione tra l’allora presidente Morales e Faustino Yucra, rappresentante dei contadini e coltivatori di piante di coca, conversazione in cui Morales – attualmente in Argentina con lo status di rifugiato – chiedeva di circondare le città che manifestavano contro la sua ascesa al potere, perché ritenuta fraudolenta, e di lasciarle senza rifornimento di cibo.

L’attuale governo boliviano ha chiesto l’imputazione di Morales e la sua condanna a trenta anni di carcere. L’ex presidente si difende sostenendo che si tratta di una manovra illegale e anticostituzionale da parte del governo ai suoi danni e si ritiene vittima di una persecuzione politica messa in atto tramite la manipolazione e l’alterazione dell’audio in questione; rinnega, inoltre, i suoi rapporti amichevoli con Yucra che dall’8 aprile scorso è in carcere con l’accusa di terrorismo, sedizione e finanziamento del terrorismo.

L.C, M.D.F. e I.V

In Brasile, secondo Lusa, la produzione industriale è cresciuta dell’8,9% durante il mese di giugno. Si tratta del secondo dato positivo dopo il calo del 26,6% di marzo e aprile a causa della pandemia. I dati sono stati pubblicati dall’Istituto Brasiliano di Geografia e Statistica, il cui responsabile della ricerca André Macedo si mostra cauto poiché la strada è ancora lunga per recuperare le perdite di marzo e aprile. Il saldo negativo di questi quattro mesi è di -13,5%. Il governo prevede una severa recessione nel Paese a causa del Coronavirus e una caduta del PIL di circa il 6% nel 2020. La recessione dell’economia brasiliana ha iniziato a farsi sentire dal primo trimestre, quando ha avuto una contrazione del 1,5% rispetto agli ultimi tre mesi del 2019.

M.P.

ASIA

In relazione alle ultime notizie in Cina riguardanti il coronavirus, come riportato dal Global Times, l’OMS afferma che Wuhan potrebbe non essere la città d’origine del Covid-19, mettendo così a tacere  le teorie della cospirazione che hanno messo in cattiva luce la città cinese e la Cina sull’origine del virus.

La Cina è pronta a condurre ulteriori studi epidemiologici, mentre gli altri Paesi devono essere pronti a mettersi in discussione. Gli esperti cinesi credono che Paesi come gli Stati Uniti, in cima al mondo per numero di casi confermati di Covid-19, e alcuni Paesi europei, dove cui il virus è stato identificato già dallo scorso anno, dovrebbero anche sottoporsi a un’indagine approfondita sull’origine del virus per un quadro più chiaro.

Zeng Guang, capo epidemiologo del Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie, ha dichiarato al Global Times, che tracce del virus sono state trovate all’ interno di un campione di acqua raccolto a Barcellona nel 2019 e in una fogna in Brasile già dall’anno scorso.

Il fatto che l’epidemia sia stata segnalata per la prima volta a Wuhan e non in altri Paesi potrebbe avere a che fare con il mezzo di trasmissione o l’ospite del virus, ha affermato Yang Zhanqiu, vicedirettore del dipartimento di biologia dei patogeni dell’Università di Wuhan.

Zeng e Yang credono che il virus debba essere passato dagli animali selvatici agli esseri umani. Yang ha detto che devono identificare l’ospite animale e scoprire come effettivamente il virus sia stato trasmesso agli umani.

Da quando l’epidemia è stata segnalata per la prima volta nel mercato di Huanan a Wuhan, circolano voci e speculazioni sul fatto che il mercato, che è stato chiuso a gennaio, fosse il luogo da dove il virus aveva avuto origine, ma Shi, un virologo cinese, ha affermato che il tuo team di esperti ha esaminato dei campioni raccolti al mercato, trovando tracce del virus solo sulle maniglie delle porte, pavimenti e fognature. Non è stato trovato alcun virus sugli animali, il che ha fatto sì che Shi concludesse che forse il mercato era solo il luogo dove molti pazienti affetti da Covid-19 sono stati trovati nella fase iniziale.

Quasi un terzo dei soggetti affetti da Covid, infatti, non avevano avuto alcun contatto diretto con il mercato, ha affermato Wang Guangfa, uno dei maggiori esperti cinesi presso l’ospedale dell’Università di Pechino e anche membro del primo gruppo di esperti medici nazionali spediti a Wuhan all’inizio di gennaio.

Un medico che lavora all’ospedale Zhongnan dell’Università di Wuhan, che ha rifiutato di identificarsi, ha detto al Global Times di aver ricevuto pazienti con sintomi di polmonite sconosciuta già dalla fine di dicembre, che però non avevano avuto nessuno contatto con il mercato. Ma dato che sia l’ospedale che le autorità di Wuhan erano nuove al virus allora, e mancavano dell’esperienza clinica sul nuovo virus, hanno controllato solo le persone che erano state al mercato, scoprendo solo dopo, attraverso i kit, che anche le persone con una polmonite sospetta visitate a dicembre, erano in realtà affetti da Covid-19.

Cresce il sospetto tra i Paesi, mentre si cerca un nuovo colpevole.

G.R.

OCEANIA

Uno degli uccelli marini più antichi e affascinanti è stato avvistato sull’isola di Lady Elliot nella parte meridionale della Grande Barriera corallina, in Australia.

Si tratterebbe di un esemplare Tropicbird, con la caratteristica coda rossa, di ben 23 anni, secondo la notizia riportata da ABC News.

Il volatile è stato scoperto durante un progetto grazie all’iniziativa “Reef Islands” di cui è responsabile la Great Barrier Reef Foundation con lo scopo di proteggere gli habitat di queste specie a rischio, secondoUSC News.

Secondo quanto riportato da Mirage News, l’amministratore delegato Anna Marsden ha messo in guardia sui rischi dei cambiamenti climatici e il loro impatto che hanno sull’isola e sulla barriera corallina, affermando che questa scoperta ha fatto emergere l’importanza di tutelare tutti gli ecosistemi e gli animali che lo costituiscono.

S.C, S.P

Rassegna stampa a cura di:

Ariela Capuano (responsabile lingua inglese)
Salvina Calanducci e Simona Picci (lingua inglese)
Giulia Deiana (responsabile lingua francese)
Silvia Calbi e Elen’Alba Vitiello (lingua francese)
Alessandra Semeraro (responsabile lingua spagnola)
Lavinia Cataldi, Michela Di Franco e Ilaria Violi (lingua spagnola)
Veronica Battista (responsabile lingua portoghese)
Martina Pavone e Diana Fagiolo (lingua portoghese)
Silvia Santini (responsabile lingua tedesca)
Michela Sartarelli e Laura Razzini (lingua tedesca)
Clarissa Giacomini (responsabile lingua russa)
Silvia Noli, Diana Sandulli (lingua russa)
Sara Zuccante (responsabile lingua araba)
Samar Hassan (lingua araba)
Claudia Lorenti (responsabile lingua cinese & coordinatrice del progetto)
Gioia Ribeca (lingua cinese)

#LUXURYMOMENTS: #DESTINATIONGEMS

Pubblicato il

L’ARTE A PORTO ROTONDO

Porto Rotondo è sempre stata una meta di amanti del mare e del sole dove incontrare amici, bere un aperitivo in piazza, fare shopping o semplicemente ammirare le bellezze naturali, ma grazie alla mia amica appassionata d’Arte, ex compagna di scuola, Raffaella Bertone, ho potuto ammirare altre bellezze e conoscere alcune storie che caratterizzano una località dove l’arte è sempre stata una grande protagonista.

Il fiore all’occhiello di Porto Rotondo è sicuramento la Chiesa di San Lorenzo, unica nel suo genere. Ideata da Andrea Cascella e Mario Ceroli, la chiesa di Porto Rotondo è dedicata a San Lorenzo. Collocata in cima a una maestosa scalinata di granito che parte dalla piazza San Marco, la chiesa è ben visibile da chi viene dal mare ma fu Andrea Cascella a volere che il tempio di Porto Rotondo, simbolo di sacralità e insieme di vivere civile, fosse incastonato tra le case del villaggio come si usa a Venezia, e non isolato in uno spazio forse più scenografico come si era pensato all’inizio. Il soffitto è a carena rovesciata. Il corpo centrale è sormontato da una particolarissima decorazione in legno di pino di Russia realizzata come se fosse la carena di una nave rovesciata. L’ambiente è senz’altro suggestivo. Penso di non aver mai visto una piccola chiesa così riccamente decorata con arte moderna e allo stesso tempo molto accogliente. Entrando, sulla parete di destra conseguente la scala di Giacobbe, quella che conduce in paradiso, “l’ultima cena”. Sul soffitto una complessa rappresentazione del “giudizio Universale”. Sulla parete di sinistra la “Fuga in Egitto” e infine l’albero della vita e l’arcobaleno rappresentano gli elementi fondamentali dell’universo.

L’itinerario artistico proposta dalla mia amica Raffaella si è concluso la serata del 2 agosto, quando il borgo ha ospitato la quarta edizione della mostra mercato di arti visive “Le quai des artistes”, curata da Aldo Manzanares. Dalle 18:00 alle 24:00 trentuno artisti hanno esposto le loro opere nelle vie e nelle piazze di Porto Rotondo, creando un itinerario artistico a cielo aperto. L’evento si è concluso con la premiazione dell’artista Prima classificata Emanuela Giacco con l’opera ALCHEMY THRONE, una scultura tessile, realizzata con cime nautiche in polietilene, dipinte a posteriori con vernici acriliche, trattate con finitura in Paraloid. L’opera sarà ospitata nella Porto Rotondo Art Gallery del Conte Luigi Donà dalle Rose in immagine. La giuria era composta dal fondatore di Porto Rotondo Luigi Donà dalle Rose, dall’appassionata di arte Pai Hruska, dallo scultore Emmanuel Chapalain, dall’assessora comunale Sabrina Serra e dal curatore Aldo Manzanares.

L’Italia offre a chi la visita, e quest’anno molti di noi sono rimasti nel bel paese, non solo ottimo cibo, ottimo vino, paesaggi mozzafiato ma anche opere d’arte spesso non ricordate o accantonate che passano purtroppo in secondo piano rispetto a una gita in barca o alla ricerca di una tintarella sempre più dorata.

Maria Christina Rigano

PH. by Francesca Santopadre

Fonti

ARTE CONTEMPORANEA, EMANUELA GIACCO PREMIATA A PORTO ROTONDO

https://www.lanuovasardegna.it/olbia/cronaca/2020/08/01/news/questa-sera-a-porto-rotondo-ritorna-le-quai-des-artists-1.39150712

https://www.portorotondo.eu

La chiesa di San Lorenzo a Porto Rotondo